Il Giorno del ricordo, celebrato il 10 febbraio di ogni anno, è stato istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, e vuole conservare e rinnovare «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle FOIBE, dell‘ESODO dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».
Con le foibe si voleva eliminare l’etnia italiana e ci si voleva vendicare contro gli oppositori politici (fascisti e non) del regime comunista guidato dal maresciallo generale Josip Broz Tito. Alla fine i morti sono stati tra 15 e 20 mila, comprese le vittime recuperate e quelle stimate, più i morti nei campi di concentramento jugoslavi. Per sfuggire anche agli infoibamenti del ’43 e del 45 tanti italiani tentarono la fuga, soprattutto via mare, per raggiungere la penisola.
Per gli italiani scappati da quei territori (circa 350 mila) e rientrati nella penisola oltre al danno ci fu anche la beffa: Avevano perso tutto ma, in varie città d’Italia, furono accolti malissimo. E, ancora oggi, nel 2020, attendono gli indennizzi per l’esodo subito!
Ieri, 9 febbraio 2020, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, incontrando i sopravvissuti o i discendenti dell’esodo forzato degli italiani dell’Istria della Venezia Giulia e della Dalmazia, ha detto:
«Il “giorno del Ricordo”, istituito con larghissima maggioranza dal Parlamento nel 2004, contribuisce a farci rivivere una pagina tragica della nostra storia recente, per molti anni ignorata, rimossa o addirittura negata: le terribili sofferenze che gli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire sotto l’occupazione dei comunisti jugoslavi. Queste terre, con i loro abitanti, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, conobbero la triste e dura sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo. Quest’ultima scatenò, in quelle regioni di confine, una persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole. La persecuzione, gli eccidi efferati di massa – culminati, ma non esauriti, nella cupa tragedia delle Foibe – l’esodo forzato degli italiani dell’Istria della Venezia Giulia e della Dalmazia fanno parte a pieno titolo della storia del nostro Paese e dell’Europa. Si trattò di una sciagura nazionale alla quale i contemporanei non attribuirono – per superficialità o per calcolo – il dovuto rilievo. Questa penosa circostanza pesò ancor più sulle spalle dei profughi che conobbero nella loro Madrepatria, accanto a grandi solidarietà, anche comportamenti non isolati di incomprensione, indifferenza e persino di odiosa ostilità. Si deve soprattutto alla lotta strenua degli esuli e dei loro discendenti se oggi, sia pure con lentezza e fatica, il triste capitolo delle Foibe e dell’esodo è uscito dal cono d’ombra ed è entrato a far parte della storia nazionale, accettata e condivisa. Conquistando, doverosamente, la dignità della memoria. Esistono ancora piccole sacche di deprecabile negazionismo militante. Ma oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi. Questi ci insegnano che l’odio, la vendetta, la discriminazione, a qualunque titolo esercitati, germinano solo altro odio e violenza. Alle vittime di quella persecuzione, ai profughi, ai loro discendenti, rivolgo un pensiero commosso e partecipe. La loro angoscia e le loro sofferenze non dovranno essere mai dimenticate. Esse restano un monito perenne contro le ideologie e i regimi totalitari che, in nome della superiorità dello Stato, del partito o di un presunto e malinteso ideale, opprimono i cittadini, schiacciano le minoranze e negano i diritti fondamentali della persona. E ci rafforzano nei nostri propositi di difendere e rafforzare gli istituti della democrazia e di promuovere la pace e la collaborazione internazionale, che si fondano sul dialogo tra gli Stati e l’amicizia tra i popoli. In quelle stesse zone che furono, nella prima metà del Novecento, teatro di guerre e di fosche tragedie, oggi condividiamo, con i nostri vicini di Slovenia e Croazia, pace, amicizia e collaborazione, con il futuro in comune in Europa e nella comunità internazionale».
Già … come al solito esagerazione e nessuna condanna dell’occupazione criminale della Slovenia e dei delitti compiuti lì durante l’occupazione. Mettiamo un pò in ordine la sequenza storica! E poi, per cortesia, il Presidente recepisca e pubblichi finalmente la “Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena: RELAZIONI ITALO-SLOVENE 1880-1956” del 2000. Cosa che la Slovenia ha fatto. Il lavoro dei studiosi italiani e sloveni poi è stata finanziata con soldi pubblici da ambedue stati. Gli italiani hanno diritto di sapere.
https://www.kozina.com/premik/indexita_porocilo.htm