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di Padre Giuseppe Agnello*

XIV Dom. del T.O. anno B, 7 Lúglio 2024Ez 2, 2-5; Sal 122; 2 Cor 12, 7-10; Mc 6, 1-6

Gesú, nel Vangelo di oggi, si trova nel paese in cui è cresciuto, ha lavorato, è stato conosciuto come fíglio di Maria e di Giuseppe, «fratello di Giàcomo, di Ioses, di Giuda e di Simone» (Mc 6, v.3), ma adesso, da quando ha smesso di comportarsi come “uno qualunque”, e se ne va in giro per la Galilea predicando con l’autorità e i segni di un profeta escatològico, lo consíderano uno scàndalo. Gesú urta le aspettative dei Nazaritani non solo perché è “uno di loro” a cui non avrèbbero mai pensato (il privilègio di avere un profeta straordinàrio in casa pròpria, non è una prospettiva desiderata dai ribelli e dalle teste dure); ma perché non fa tanti miràcoli o prodigî pròprio a Nazaret. Sanno dunque che egli insegna con autorità; ha le caratterístiche del grande profeta per ciò che dice e per ciò che fa; riconóscono che dalle sue mani èscono fuori prodigî di guarigione, di liberazione e di resurrezione, ma si férmano sulla sòglia della comprensione di tutto questo. Essi non vògliono capire che Gesú è anzitutto LA PAROLA DEFINITIVA DI DIO DA ASCOLTARE, non un profeta qualsíasi e nemmeno il profeta maggiore. In questo brano si capisce che egli è la Parola definitiva di Dio, per lo stupore con cui è commentata la sua predicazione: «¿Da dove gli vèngono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data?» (Mc 6, v.2). Nel resto dei Vangeli lo si vede dalle sue caratterístiche e azioni di re, profeta e sacerdote unto da Dio Padre stesso, e sommante in sé le convergenze di tutte le promesse divine e di tutti gli esempî istruttivi dell’Antico Testamento. Chi vedeva o sentiva parlare Gesú, poteva pensare senza sbagliarsi, e contemporaneamente, a Mosè, a Giosuè, ad Elia, ad Eliseo, a Geremia, a Giona, a Giovanni il Battista; ma restando sempre meravigliato del di piú che riguardava Gesú. Infatti Dio a Mosè ¿che cosa aveva annunciato per l’avvenire? Ce lo dice il libro del Deuteronòmio: «Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole, che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto» (Deut 18, 18-19). Elia aveva risuscitato il figlio della vèdova di Sarepta di Sidone; e Gesú risúscita la fíglia di Giàiro. Eliseo moltíplica i pani (Cfr 2 Re 4, 42-44) e l’òlio (Cfr 2 Re 4, 1-7); e Gesú lo fa in modo piú straordinàrio e sovrabbondante per i cinque pani e due pesci. Eliseo guarisce un solo lebbroso (Naamàn il Siro) e Gesú ne guarisce dieci. Geremia annúncia una dura punizione per chi tradisce l’Alleanza con Dio ed è per questo odiato e disprezzato; e Gesú, odiato e disprezzato da scribi e farisei, annúncia che chi rinnega lui pubblicamente, sarà rinnegato da lui in Cielo. Giona converte con la sua predicazione gli úmili di Nínive; e Gesú converte gli úmili di ogni època e di tutto il mondo, non di una sola città. Quindi, lo vediamo bene: Gesú è di piú. E lui stesso lo dice quando fa gli esempî di conversione della regina di Saba e degli abitanti di Nínive, quando dice: «Ecco, ora qui c’è più di Giona! … ecco, ora qui c’è più di Salomone!» (Mt 12, 41-42). Gesú è di piú di Mosè, di Elia, di Geremia, di Giona e di Salomone. Gesú è di piú di chiunque noi vogliamo pensare. Ed essendo di piú, può difèndere anche il di meno. Oggi, infatti, difende l’uffício profètico non dagli Ebrei in gènere, che lo stimàvano grandemente e si consideràvano un pòpolo di profeti fin dal tempo di Mosè, ma lo difende da tutti i ribelli e teste dure, da tutti i nemici della Verità, da tutti i rilassati nelle apparenze mute, che la nostra distrazione e il nostro egoismo ci fanno considerare marginali o false apparenze. GESÚ è di piú di uno dei profeti che richiama con le sue òpere ed è di piú di ogni apparenza, ma NON PUÒ NULLA QUANDO È DISPREZZATO O USATO PER I NOSTRI INTERESSI. Il Vangelo infatti dice: «E a Nàzaret non poteva còmpiere nessún prodígio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarí» (Mc 6, v.5).
Gesú difende l’uffício profètico con queste parole, diventate proverbiali: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua pàtria, tra i suoi parenti e in casa sua» (Mc 6, v.4). Lo fa per dire che finché la pàtria e casa nostra vàlgono piú di Dio, di cui ogni profeta è inviato e rappresentante, il disprezzo per il vero profeta equivale alla chiusura alla comprensione profonda della realtà in cui si vive, delle persone che si incòntrano, dei problemi che si dèvono risòlvere. La chiusura di comprensione è proporzionale alla chiusura del cuore all’amore di Dio, perché ogni azione e parola di profeti è un segno dell’amore di Dio. I SEGNI APPÀIONO E SI FANNO VEDERE, MA L’INTENZIONE CHE ACCOMPAGNA IL SEGNO LA VEDE SOLO CHI AMA come Dio vuole, cioè: senza egoismo e senza esaltazione di una parte, di un partito, di una nazione, di una língua. I Nazaritani vedèvano i segni che accompagnàvano la predicazione di Gesú, ma non leggèvano il tutto come un dono di immenso amore pròprio per loro, come per gli altri. Dio ama personalmente ciascuno e il profeta, anche se parla genericamente a tutti, poi manifesta la vicinanza e l’amore di Dio alle síngole persone. Cosí ha fatto Gesù quando ha predicato, rimproverato e fatto miràcoli. Amava tutti e per tutti dava il Vangelo, che è la buona notízia attesa da tutti; ma poi si fermava a imporre le mani a chi lo cercava con fede e amore, oltre che con la speranza di ottenere qualcosa. FEDE E AMORE sèrvono anche a noi per vedere e concatenare i segni del nostro tempo. Fede e amore verso Gesú, che è di piú di un filòsofo, di un profeta, di un fondatore di religioni: Egli è colui che ha cambiato sempre il corso della stòria, in chi lo ha accolto come Maestro e Signore, Parola definitiva di Dio su ogni uomo e su ogni argomento. Chi ama Gesú, in ogni stato di vita (político, insegnante, muratore, contadino, sacerdote o fanciullino, suora o mamma di famíglia) sa che il suo insegnamento accolto e meditato è di piú di quanto può sperare da tutta la cultura pàtria e da tutte le glòrie di casa: è di piú, perché in Gesú àbita corporalmente tutta la sapienza di Dio, tutte le speranza dell’uomo e tutte le glòrie del futuro.

*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana

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