“La crisi dell’ arte sacra è un problema di committenza.” Lo dichiara in questa intervista che ci ha rilasciato Giovanni Gasparro, uno dei più autorevoli sia a livello nazionale che internazionale, pittore ed incisore. Abituale frequentatore della bellissima messa secondo il Vetus Ordo che celebra ogni sabato a Bari don Nicola Bux nella chiesa di San Giuseppe, alla città vecchia. Nutrito il palmares di Gasparro: esposizione alla Biennale di Venezia, presenza alla Sala dei Papi nella Basilica di Superga a Torino, e a Parigi. Il regista turco Ozpetek, nel film Saturno Contro, ha lungamente inquadrato una sua Ultima Cena.
Gasparro, secondo il critico di arte Sgarbi l’arte sacra non se la passa molto bene. Condivide?
” Ha perfettamente ragione. E’ in atto una crisi che prima di tutto affonda le radici nel problema della committenza”.
Precisi…
” Intendo dire che chi affida l’ elaborazione di opere sacre, spesso, non è all’altezza o non vigila con attenzione. Per esempio, tante volte i vescovi delegano alle Commissioni di arte sacra e non se ne occupano di persona con i risultati che vediamo, come la Chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, inguardabile. La cosa grave, direi, è che, se dalla committenza non arrivano linee chiare e valide, il risultato sarà deleterio, come accade ora. Non sarà buono nè da un punto di vista artistico, men che meno devozionale”.
A che cosa deve rispondere l’ arte sacra?
” Principalmente alla corretta formazione e celebrazione del culto e della liturgia. Oggi in moltissime occasioni, dominano il brutto estetico e la sciatteria e si arriva a forme che non trovano precedenti nel passato. E’ in atto una decadenza”.
Da quando è iniziata?
“Dal 900 è partito questo declino, accentuatosi dopo il Vaticano II. Penso che per invertire la rotta, fatto poco agevole, bisogna insegnare ai sacerdoti nei seminari come avere un corretto senso artistico ed estetico. E’ un fatto complesso e globale che coinvolge nella crisi musica sacra e liturgia. Anche queste ultime sono in declino e in decadenza per abusi molto gravi. L’ aspetto liturgico è strettamente connesso all’arte sacra, l’ altra faccia dello stesso problema”.
Per Sgarbi è bene affidare le opere ad artisti credenti…
” In parte ha ragione, tuttavia non sempre è così. Certo, un esecutore cattolico comprende molto meglio il senso dell’ opera. Ma, per esempio, il Perugino non era devotissimo, eppure ha fatto bellissime immagini mariane. Rimango dell’ idea che il punto nodale sia la committenza”.
Tabernacolo, dove collocarlo?
” Al centro dell’ altare maggiore, per fare risaltare la presenza reale di Cristo. In tante chiese sembra che ci si vergogni di questo e lo si mette in un angolo o al lato, mentre il sacerdote troneggia dove non deve essere, al centro. Il risultato è un ingiustificato ed inesatto ribaltamento dei ruoli: sacerdote protagonista e primo attore, tabernacolo in disparte, roba da brividi”.
Bruno Volpe
Condivido tutto l’articolo. Da tempo, nelle mie conversazioni, vado sostenendo l’opinione che l’arte sacra contemporanea (nelle sue diverse espressioni: pittura, architettura, musica,…) di frequente si rivela un’arte “senza-senso” e perciò “de-menziale”. Spesso accade che gli artisti finalizzano l’opera ad una loro ideologia o al gusto anziché al messaggio sacro; si ispirano a temi laici anziché a Cristo e alla Parola; si esprimono con un linguaggio estetico incomprensibile e non funzionale alla fede. Ne derivano, ad esempio, le rappresentazioni fantasiose, le distorsioni prospettiche, l’indifferenza nell’orientamento alto-basso, la necessità di spiegare ciò che l’artista intendeva dire che altrimenti rimarrebbe indecifrabile. Non mancano, ovviamente, le (rare) eccezioni. Penso che la maggiore responsabilità sia non nei committenti ma nelle direttive dei Pastori, scioccamente invaghiti dalla modernità e da mode teologiche superficiali e volubili. Ritengo più che indovinati i pensieri di Giovanni Paolo II (Lettera agli artisti) e di Benedetto XVI (Discorso nella Cappella Sistina): “L’arte sacra ha il compito di essere “Epifania della Bellezza”: là dove l’artista si ispira al sacro la sua arte eleva a Dio, là dove l’artista si ispira al terreno conduce all’effimero”. Potranno essere i criteri di un possibile ricupero dell’arte sacra alla sua altissima e insostituibile missione?