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La teologa Giuliva Di Berardino* commenta (in versione testuale e audio) il Vangelo del giorno: sabato 26 gennaio 2019.

Ecco l’audio

Ecco il testo

S.s. Timoteo e Tito
Lc 10, 1-9

Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l’operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio.”

Oggi la liturgia cattolica di rito romano ci fa ricordare i santi Timoteo e Tito, collaboratori di San Paolo e primi vescovi della Chiesa antica. Timoteo fu battezzato da Paolo e fu il suo discepolo prediletto, col quale condivise anche la prigionia. Ho avuto spesso la grazia di pregare sulle spoglie di San Timoteo che sono conservate nella Chiesa Cattedrale della città italiana di Termoli, in Molise, e posso assicurare che in quel luogo si percepisce l’ardore e il coraggio che l’apostolo Paolo ha tramesso a Timoteo, il cui nome significa “colui che onora Dio”. A lui si rivolge San Paolo nella seconda lettera a Timoteo capitolo 1, 7 quando scrive: “Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza“. E cosa dire di Tito? Anche lui condotto alla fede da Paolo, nel suo primo viaggio missionario e poi posto a guida della comunità di Creta. Ora, se nel ricordo di questi due grandi santi collaboratori di san Paolo, il Vangelo ci presenta le indicazioni di Gesù ai discepoli inviati in missione, è perché questi santi, primi vescovi della Chiesa, sono stati vescovi missionari. E’ sorprendente: gli apostoli generano nella fede i missionari e i missionari generano altri missionari! Tutti noi oggi condividiamo la grande gioia di provenire da una fede missionaria, una fede che invia, che fa muovere, che fa procedere in avanti, che ci spinge verso nuovi incontri, verso nuove relazioni. La fede cristiana è un procedere verso gli altri, è andare. E oggi il Vangelo ci precisa “come” andare! Andare come agnelli in mezzo ai lupi, cioè con la consapevolezza di venire “mangiati”: donarsi in cibo, come ha fatto Gesù per noi! Non è evangelico stare lontano dai lupi, no! essere cristiani significa andarci “in mezzo” ai lupi, perché solo se uno ci sta in mezzo si può fare cibo, come ha fatto Gesù. Dio stesso infatti ha fatto questo per noi: si è fatto uomo, è venuto in mezzo a noi! Ecco allora perché il Santo Padre Francesco ci ripete spesso che essere cristiani e essere missionari è la stessa cosa, perché chi và come agnello in mezzo ai lupi non può che dare testimonianza di Cristo, non può che vivere donando se stesso. Lì dove vince il più forte e il più violento, solo chi va come agnello in mezzo ai lupi può portare la pace. Allora oggi preghiamo i santi Timoteo e Tito perché il Signore faccia di noi, di me e di te, dei veri missionari, dei veri cristiani portatori di pace. Buona giornata!

 

* Giuliva Di Berardino è insegnante di Religione Cattolica nella scuola pubblica. Laureata in Lettere Classiche a Roma, ha poi conseguito il Baccellierato in teologia presso la Pontificia Università Antonianum di Roma e la Licenza in teologia liturgica presso l’Istituto di Liturgia Pastorale di Padova. Attualmente è dottoranda nello stesso Istituto. Consacrata nell’Ordo Virginum della diocesi di Verona, mette a servizio della Chiesa la sua esperienza nella danza biblica e nella preghiera giudaico-cristiana guidando laboratori di danza e preghiera, dedicandosi all’evangelizzazione di strada e all’accompagnamento dei giovani. In seguito ai diversi interventi sulla teologia del corpo e della danza e ai numerosi laboratori svolti in Italia e in Europa, di recente ha pubblicato il libro “Danzare la Misericordia”, ed. dell’Immacolata, in cui descrive una vera e propria spiritualità della danza di lode, a partire dalla Bibbia. E’ anche pedagogista del movimento e guida di esercizi spirituali per giovani, religiosi e laici. E’ autrice di un blog dal titolo “Teologia e danza, Liturgia e vita” in cui condivide ogni giorno la meditazione del Vangelo nella rubrica “La Parola danza la vita”.

2 pensiero su “Giuliva di Berardino: “Non è evangelico stare lontano dai lupi””
  1. Che dono grande ci fai,carissima Giuliva!
    L’ascolto della Parola del giorno commentata da te riempie il mio cuore di gioia ogni mattina, mi da forza e coraggio per affrontare serenamente e con amore la giornata .
    Grazie Stefania

  2. Trovo che il suo modo di interpretare il detto di Gesù “vi mando come pecore in mezzo ai lupi” (si noti il “come”) sia viziato da una lettura parziale e letteralistica, da correggere. L’espressione di Gesù va intesa correttamente alla luce di altri brani. Per esempio: 1- il Buon Pastore ama le sue pecore, le difende e non lascia che siano sbranate dai lupi anche a costo della propria vita 2- le pecore non devono seguire i mercenari che le abbandonano all’avvicinarsi dei lupi. 3- il fratello che pecca gravemente ma, richiamato prima personalmente, poi da testimoni, infine dalla comunità, non si pente, è trattato non più con la carità che vige tra i membri della comunità ma con la carità che si ha verso il pubblicano 4- si vada in missione in ogni casa e città, ma, se rifiutati, ci si allontani “scuotendo i calzari”, dunque, non ci si faccia certo martirizzare! 5- nelle lettere paoline e apostoliche poi, i richiami a neppure ascoltare i falsi profeti e ad allontanare dalla comunità coloro che provocano scandalo sono chiari e ripetuti. “Farsi mangiare” è farsi cibo nutriente, è servire anche dimenticando se stessi, ma non farsi martirizzare. Grazie comunque delle sue parole.

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