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IL VANGELO DEL GIORNO: Gv 15,1-8 mercoledì 13 Maggio 2020

Beata Vergine Maria di Fatima 

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Il vangelo di oggi inizia un’altra serie di insegnamenti di Gesù che  Giovanni, raggruppa nei capitoli dal 15 al 17 del suo Vangelo. La liturgia, che presenta i primi 8 versetti del quindicesimo capitolo, presenta la prima parte dell’insegnamento di Gesù identificato come “parabola della vite”. Elemento simbolico di questo insegnamento è, dunque, la vite, una pianta diffusa in Palestina, come in tutti i Paesi dal clima mediterraneo. Ecco, Gesù stesso, nel testo, come proprio del suo stile, adotta l’elemento della vite per insegnare, a partire dalla realtà vicina e quotidiana alle persone, le  realtà di Dio. Ma, l’immagine della vite, è giusto dirlo, non è un’invenzione di Gesù. Nella Bibbia, infatti, è usato nel linguaggio profetico, tanto che lo troviamo, ad esempio, nel Libro del profeta Isaia (5, 1-2) in cui la vite è simbolo del popolo d’Israele. Anche il linguaggio della preghiera utilizzava l’immagine della vite per indicare il popolo, lo troviamo nel Salmo 80,9-12 in cui si racconta di una vite, il popolo d’Israele, che Dio piantò con molta tenerezza sulle colline della Palestina. Ecco, oggi Gesù parla della vite, ma non per indicare il popolo eletto, Gesù parla della vite per indicare la sua persona, si definisce Lui la “vera vite“! Inoltre afferma che il Padre è colui che purifica la vite dai tralci che non le permettono di essere feconda. Così l’immagine della vite, che è Gesù, si presenta come arricchita dalla presenza dei tralci, che non sono marginali, perché addirittura possono o meno compromettere la fecondità della vite! Cosa vuol dire tutto questo? Che la vite, che è Gesù, porta frutto attraverso i tralci, e questo vuol dire che  i tralci hanno uno scopo preciso: far portare frutto alla vite, altrimenti non servono a nulla, perché impoveriscono la vite! Allora, quando Gesù afferma: “Io sono la vite, e voi siete i tralci!“, significa che la vite, che è Lui, non può esistere senza i tralci, però significa anche che ci sono dei tralci che esistono, ma non servono a nulla! Insomma Gesù non può esiste senza di noi, e noi non esistiamo senza di Lui! Certo che possiamo esistere benissimo senza di Lui, ma rischiamo di esistere inutilmente! Ed è così: pensiamo a quanto vuoto può sperimentare l’essere umano che si sente solo, quanta insensatezza o quanta superficialità si sviluppa in chi perde la speranza, o chi viene tradito nella fiducia: lontano dalla relazione si diventa sterili, anche se si mette al mondo figli, si è sterili dentro! E allora il Vangelo oggi ci annuncia la buona notizia, perché ci dona il rimedio a questa mancanza di pienezza che possiamo avvertire in certe occasioni. Si tratta di un verbo: rimanere, μενω in greco, manere in latino, che vuol dire restare nel tempo, durare, persistere. Ed è davvero la buona notizia che il Signore ci porta, perchè balza davanti agli occhi e bussa alle nostre orecchie in modo insistente, dato che questo verbo è utilizzato nel testo ben 7 volte! E poiché ormai sappiamo che il numero 7 è il numero che nella Bibbia indica la pienezza, ecco il rimendio che ci toglie la sterilità interiore e ci porta pienezza! Ma…andiamo più in profondità: il numero 7 indica la pienezza perché è il numero totale dei giorni della settimana, compreso il giorno santo dello Shabbat che, appunto è il tempo della pienezza. Allora, persistere, durare nel tempo ci fa accedere alla pienezza, ma è una pienezza che si ottiene con gradualità, nel tempo. Rimanere, durare, è l’azione da vivere ogni giorno: ogni giorno siamo chiamti a persistere nell’essere uniti a Gesù. Ecco è la nostra pienezza, ecco la nostra fecondità: uniti a Gesù anche noi, come Gesù, possiamo glorificare il Padre e portare molto frutto. La tua vita, la mia vita, più è unita a Gesù, più diventa un dono bello e buono per gli altri. Non siamo quì sulla terra per essere inutili e nemmeno per essere  i migliori o i peggiori rispetto a qualcuno, noi siamo quì, oggi, per essere quello che siamo, ma esserlo in pienezza! Stringiamoci allora a Gesù, dall’inizio di questa giornata e chiediamo a Maria, che oggi ricodiamo apparsa a Fatima a tre piccoli pastorelli, due di questi santi, che ci conceda la grazia di persistere, di durare, di rimanere in Gesù, uniti, stretti a Lui. Chiediamo a Maria che lei ci faccia capire l’importanza di persistere nell’amare Gesù anche nella difficoltà, perchè solo così possiamo essere fecondi donando frutti d’amore e di pace nel luogo in cui siamo, nella città in cui abitiamo, per la nostra nazione e per tutta la terra.
Buona giornata! 

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