IL VANGELO DEL GIORNO: Gv 14,21-26 lunedì 11 Maggio 2020
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gli disse Giuda, non l’Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Oggi iniziamo la quinta settimana del tempo di Pasqua. Il vangelo ci presenta ancora il discorso di Gesù nel contesto dell’ultima cena, esattamente siamo nell’ultima parte della risposta di Gesù a Filippo quando chiede a Gesù: “mostraci il Padre e ci basta“. Ora, se nel Libro dell’Esodo, quando Mosè chiede a Dio di mostrargli il suo volto, Dio risponde dicendo che nessun uomo può vederlo e restare vivo (Es 33,20), quì Gesù, di fatto, si rivela come colui che manifesta a noi l’amore eterno e fedele del Padre. A questo punto nel testo emerge un’altra domanda, posta da un altro discepolo, che aveva forse capito l’altezza delle parole di Gesù: è Giuda, che non a caso, vedremo perché, porta il nome della tribù regale, quella dalla quale venne generato il grande re Davide, re scelto da Dio, e non come Saul, che invece era il re scelto dal popolo. Giuda allora ricorda uno dei 12 figli del Patriarca Giacobbe, la cui tribù porta l’elezione messianica, quella dalla quale viene l’Unto di Dio, che per noi è proprio Gesù, ma anche ciscuno di noi, perchè l’unzione che i cattolici ricevono nel sacramento del battesimo e della cresima è unzione messianica. E, se poco prima ho affermato che l’intervento di Giuda non è a caso, è perché Giuda fa una domanda che ha a che fare proprio con il mistero dell’elezione di Dio: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Pensiamoci un attimo, quando ci accorgiamo che il Signore ci sta chiamando a una specie di profondità nella relazione con Lui, quindi ci chiede qualcosa, ci dà un’opportunità di testimoniarLo o semplicemente di portare una presenza, una parola a nome Suo a qualcuno, quando siamo indispensabili perché il Signore possa manifestare a qualcuno il suo amore, anche noi, come Giuda, chiediamo al Signore: “perché proprio io?”. Tutti noi entriamo, prima o poi, in questo dilemma sull’elezione di Dio per noi, e spesso cerchiamo di capire chissà cosa, quando invece la risposta ce l’ha data Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.” Tutto sta quì: “se uno mi ama“! Chi è scelto da Dio risponde liberamente all’amore. L’elezione di Dio parte dall’iniziativa di Dio che è uguale per tutti, ma chi segue Gesù è perché decide liberamente di rispondere all’amore. Io e te non abbiamo nulla di speciale se amiamo Gesù, solo abbiamo liberamente riconosciuto che l’amore che sentiamo nel cuore per gli altri e per Dio è un dono che non viene da noi, ma da Dio. Ma non per questo siamo diversi dagli altri! Pensiamo, per esempio, ai tanti gesti d’amore che tante persone compiono e hanno compiuto in questo tempo di pandemia, quanta gente si è donata, si è sacrificata, ha rischiato la vita per aiutare gli altri, anche persone che neppure conoscevano. Ecco, noi riconosciamo in quell’amore Dio. Altri, invece, magari proprio tanti di quelli che hanno ci mostrato l’amore di Dio, non lo riconoscono, ma non per questo sono meno di noi, anzi! Allora che anche la domanda di Giuda, come quella di Tommaso e di Filippo, ci fa cogliere l’incapacità dei discepoli a comprendere fino in fondo le parole di Gesù. Però, come abbiamo detto, spesso questa incapacità a capire cosa dice Gesù è anche la nostra. Per questo Gesù promette, ai discepoli allora e a noi oggi, lo Spirito Santo, per questo dobbiamo invocare senza sosta lo Spirito Santo che, in questo testo, nel greco, viene presentato come παρακλητος , che di per sè non significa consolatore. Si tratta del participio passato del verbo παρακαλέω che significa letteralmente “chiamare vicino” ed è usato nel linguaggio giuridico, cioè nei processi, per indicare “colui che sta al lato dell’accusato” per difenderlo. Quindi, più che Consolaore, che è una traduzione giusta per estensione, ma letteralmente potremmo invece tradurre il termine Paraclito come “avvocato”, “difensore”. Ecco, allora quì Gesù ci sta chiedendo di invocare lo Spirito Santo, ce ne dà la ragione: solo Lui ci può far entrare in questa conoscenza piena e perfetta di Gesù, solo Lui ci consola, ci rassicura e ci mette il cuore nella pace e ci fa sentire amati in modo che possiamo cogliere la qualità della nostra elezione, che è nostra, non mia. Lo Spirito Santo, il Difensore, Il Consolatore, dice Gesù, ci insegnerà e ci ricorderà le parole di Gesù perché è per grazia dello Spirito Santo che Tommaso, Filippo, Giuda, ma anche io e te, abbiamo potuto ascoltare, alla luce del Risorto, questa grande rivelazione dell’amore Trinitario che si rivela a noi come amore, come comuione, come armonia, pace, gioia alla quale tutti siamo chiamati, perché l’amore chiama e l’amore risponde, l’amore conosce e si lascia conoscere. Preghiamo, allora, insieme lo Spirito Santo con l’inno che la liturgia delle ore della Chiesa Cattolica apostolica Romana prega ogni mattina all’ora terza: “O Spirito Paraclito, uno col Padre e il Figlio, discendi a noi benigno nell’intimo dei cuori. Voce e mente si accordino nel ritmo della lode, il tuo fuoco ci unisca in un’anima sola. 0 luce di sapienza, rivelaci il mistero del Dio trino ed unico, fonte d’eterno Amore. Amen.” Buona giornata!