Il Coordinamento delle Conferenze Episcopali a sostegno della Chiesa in Terra Santa, dopo una visita ai cristiani di Gaza, Betlemme e Giordania, ha rilasciato una dichiarazione a firma dei vescovi Stephen Brislin (Sud Africa), Rodolfo Cetoloni (Italia), Joan Enric Vives (Spagna), Peter Bürcher (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia), Oscar Cantú (USA), Christopher Chessun, Declan Lang e William Kenney (Inghilterra e Galles, la Comece), Michel Dubost (Francia), Lionel Gendron (Canada), Felix Gmur (Svizzera), John McAreavey (Irlanda), William Nolan (Scozia) e Thomas Maria Renz (Germania).
Nel testo si dice che «la violenza in corso rende ancor più urgente il ricordo e l’assistenza per tutti, specialmente le persone tenute ai margini, che cercano di vivere nella giustizia e di pace». A Gaza «la guerra 2014 ha portato alla distruzione di migliaia di case e delle infrastruttura sociali della città, Gaza, così come alla morte di israeliani e palestinesi. Un anno e mezzo dopo, mentre ci sono segni di speranza, molti rimangono senza casa e traumatizzati dalla guerra».
I vescovi hanno denunciato che la confisca israeliana della terra della comunità cristiana di Beit Jala e l’espansione del muro di separazione nella valle di Cremisan, è una «violazione del diritto internazionale e mina ulteriormente la presenza cristiana in Terra Santa». «Il diritto di Israele di vivere in sicurezza è chiaro, ma l’occupazione continua corrode l’anima di entrambi: occupanti e occupati». I vescovi del Coordinamento delle Conferenze Episcopali a sostegno della Chiesa in Terra Santa sostengono che i «leader politici di tutto il mondo devono mettere maggiore energia per arrivare ad una soluzione diplomatica e porre fine a quasi 50 anni di occupazione e risolvere il conflitto in corso in modo che i due popoli e le tre fedi possano vivere insieme in giustizia e pace». Sulla Chiesa in Giordania, che è vitale e in crescita, i vescovi ricordano i timori per un «crescente estremismo nella regione».
I vescovi concludono augurandosi che l’entrata in vigore (lo scorso primo gennaio) dell’accordo globale tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina, possa offrire «un modello di dialogo e di cooperazione tra gli Stati e rispettare e preservare la libertà di religione e la libertà di coscienza per tutti le genti». Su mandato della Santa Sede, il Coordinamento si riunisce ogni anno a gennaio, concentrandosi sulla preghiera, sul pellegrinaggio e sulla persuasione, con l’obiettivo di agire in solidarietà con la comunità cristiana locale che sperimenta forti pressioni politiche e socio-economiche.
Matteo Orlando