Il vescovo Giacomo Biffi “amava profondamente ‘la bella Sposa‘”, ossia la Chiesa di Bologna “che il Papa gli aveva dato”, e “sentiva come una sorta di gelosia perché la sposa non guardasse con desiderio altri all‘infuori di Cristo”. “È da questa mistica gelosia che nasce la messa in guardia di questo gregge santo di Bologna dagli errori, dimostrandone – a volte in modo tagliente – l‘intima inconsistenza”. Così l‘arcivescovo di Bologna, cardinale Carlo Caffarra, ha ricordato questa mattina in Cattedrale il suo predecessore, il cardinale Giacomo Biffi, nella Messa delle esequie. Biffi, ha aggiunto, “aveva un concetto molto alto del dialogo, e disprezzava profondamente chi lo praticava o come sforzo di ridurci tutti ad un minimo comune denominatore o al perditempo della chiacchiera da salotto”. E “aveva una grande venerazione della fede dei piccoli, dei semplici, e non permetteva che fosse minimamente vulnerata da sedicenti teologie”. “Il vescovo Giacomo – ha quindi ricordato Caffarra – fu maestro di fede anche nella lunga tribolazione della malattia. Non potrò mai dimenticare il modo con cui accettò l‘amputazione di una gamba. Il volto emanava serenità, pace, abbandono. La fede era diventata vita nel senso più profondo”.
“Il fatto che il nostro vescovo Giacomo vivesse come una sorta di concentrazione in Cristo – ha affermato Caffarra -, non solo non lo distoglieva dalla vicenda umana, ma nel suo cristocentrismo ne trovava la chiave interpretativa ultima”. E ha proseguito: “Ho potuto constatare più di una volta che quando parlava del disegno di Dio dentro la storia umana, era preso come da una sorta di incanto che lo affascinava. Un religioso, visitandolo negli ultimi giorni, meravigliato dalla sua serenità e pace interiore, gliene chiese la ragione. Rispose: ‘La considerazione dell‘unitotalità che ho imparato leggendo i teologi russi‘. Cioè la considerazione che tutto è integralmente e simultaneamente sotto lo sguardo della misericordia di Dio”. “Questo modo di guardare la realtà gli dava una grande libertà di giudizio – ubi fides, ibi libertas: era il Suo motto – sui fatti di oggi e del passato, anche dal punto di vista rigorosamente storico”. “E Dio solo sa – ha concluso – quanto oggi nella nostra Chiesa italiana abbiamo bisogno di una fede capace di generare un giudizio sugli avvenimenti”.(SIR)