“La storia della discussione sull’eutanasia negli ultimi quarant’anni mostra che i criteri per eseguire l’eutanasia sono stati ampliati sempre di più. Ora non si chiuda il cerchio. Non si faccia l’ultimo passo, il che renderebbe l’eutanasia applicabile a tutte le età”. Terminano così le tre pagine che il cardinale olandese Willem Eijk, a nome della Conferenza episcopale in quanto responsabile per le questioni etiche, oggi ha inviato al ministro della sanità, Hugo de Jonge, che il 13 ottobre, in una lettera alla Camera dei rappresentanti aveva annunciato l’intenzione di proporre un regolamento per garantire ai pediatri che a determinate condizioni eseguono l’eutanasia su bambini di età tra 1 e 12 anni con sofferenze insopportabili per malattie inguaribili la non perseguibilità.
Nella sua lettera il cardinale ricorda ciò che oggi prevede la legislazione olandese sull’eutanasia che si applica a partire dall’età di 12 anni. “È richiesto il consenso dei genitori tra i 12 ei 16 anni. Nella fascia di età compresa tra 16 e 18 anni, i genitori devono solo essere consultati, ma non è richiesto il loro consenso”, richiama il cardinale. Esistono norme che permettono di interrompere la gravidanza fino a un’età gestazionale di 24 settimane, e un regolamento nazionale che, a determinate condizioni, consente l’aborto oltre quel termine e l’interruzione attiva della vita di neonati gravemente ammalati o disabili fino all’età di 1 anno. “Ma non esiste alcun programma che consenta l’interruzione attiva della vita per i bambini nella fascia di età da 1 a 12 anni”.
Su questa fascia di età è stata condotta una indagine e – riferisce sempre il cardinale – il rapporto che ne è emerso “raccomanda di migliorare le cure palliative e di migliorare la conoscenza di queste cure sui bambini tra 1 e 12 anni”; la relazione afferma anche che “forse in 5-10 casi all’anno le cure palliative non sono sufficienti” e che per “questi casi, dovrebbero essere create opportunità per i pediatri di porre fine attivamente alla vita di questi bambini, senza essere perseguiti e puniti”.
Da qui è nata l’intenzione del ministro de Jonge di preparare un regolamento che avrebbe come “idea di base la stessa” delle leggi citate e cioè che esclude la pena per il medico che “agisce per forza maggiore” quando il suo dovere di ridurre o eliminare la sofferenza del paziente è possibile solo ponendo fine alla vita. (SIR)