Il 14 giugno 1837 moriva a Napoli Giacomo Leopardi
AL CONTE GIACOMO LEOPARDI RECANATESE
FILOLOGO AMMIRATO FUORI D’ITALIA
SCRITTORE DI FILOSOFIA E DI POESIE ALTISSIMO
DA PARAGONARE SOLAMENTE COI GRECI
CHE FINÌ DI XXXIX ANNI LA VITA
PER CONTINUE MALATTIE MISERISSIMA
FECE ANTONIO RANIERI
PER SETTE ANNI FINO ALL’ESTREMA ORA CONGIUNTO
ALL’AMICO ADORATO MDCCCXXXVII
Di Francesco Bellanti
–
Il più grande dei moderni
Il 14 giugno 1837, alle ore 5 del pomeriggio, in Vico Pero 2, quartiere Stella, a Napoli, muore il conte Giacomo Taldegardo Francesco di Sales Saverio Pietro Leopardi, uno dei più grandi poeti di tutti i tempi. Era nato a Recanati il 29 giugno 1798 da Monaldo e da Adelaide Antici. Sopra è l’epitaffio che, per il suo amico carissimo Antonio Ranieri, scrisse un altro amico di Leopardi, uno dei più grandi intellettuali dell’epoca, Pietro Giordani. Giacomo Leopardi, il più grande poeta italiano dell’Ottocento, è esponente di statura eccezionale del Romanticismo europeo, una delle più poderose figure della letteratura mondiale. Intellettuale di cultura vastissima, materialista e sensista, Giacomo Leopardi è a fondamento dell’esistenzialismo moderno, egli s’innalza con Schopenhauer, Nietzsche – i primi che lo lessero e ne compresero l’opera – con Pascal, Kierkegaard, Kafka, come un protagonista della cultura internazionale, interprete fecondo della spiritualità moderna e del dramma esistenziale dei giovani di oggi. Poeta altissimo, scrittore e filosofo profondo e geniale, glottologo e filologo acutissimo, intellettuale dalla cultura immensa, tradotto e letto, studiato in tutto il mondo, per l’eccezionale riflessione sulla condizione umana e la rivoluzione portata nel linguaggio poetico, elevato a livelli straordinari per musicalità e originalità, Giacomo Leopardi è ancora oggi modernissimo e protagonista geniale nel panorama culturale mondiale. Per i temi affrontati – l’angoscia, la paura, i sogni, l’amore, la giovinezza, il sentimento dell’infinito, il concetto di progresso, la speranza, la morte, la rimembranza, la noia, il dolore, il piacere, la felicità, la morte, il nascere e il morire, il male, l’amor di Patria, il viaggio, l’universo, i sogni, le illusioni, la ragione, le donne, il mito del villaggio, l’arcano, il nulla che “spaura” – il poeta di Recanati è il più amato dai giovani di oggi, perché i giovani trovano in lui tutte le risposte, egli parla a loro dei temi eterni del vivere e del morire. Ma egli è il più grande dei moderni perché ha una parola per tutti, perché Leopardi è soprattutto il poeta della vita. Nessun poeta come Giacomo Leopardi ama la vita e ci fa amare la vita. Francesco De Sanctis, grandissimo critico letterario che lo conobbe e per primo ne riconobbe la grandezza, disse che “il Leopardi filosofo, che odia la vita, con la sua poesia ce la fa amare”. E che insomma “produce l’effetto contrario a quello che si propone. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare. […] E, mentre chiama “larva” ed errore tutta la vita, non sai come, ti senti stringere più saldamente a tutto ciò che nella vita è nobile e grande”. È proprio così. Tutta la poesia leopardiana è un inno alla vita.
Egli, che ha una voce per tutti, è l’idolo soprattutto dei giovani. Egli è la star del XXI secolo, tutti lo cercano, fanno film, opere teatrali e musicali, scrivono migliaia di libri su di lui, i giovani lo adorano, sono pazzi di lui. Scrivono saggi, tesine, tesi di laurea, egli è il loro pane quotidiano. Chi ha vissuto l’intera esistenza con i giovani e con il fascino di Leopardi sa tutto questo. Perché Leopardi è fuori della vita e dentro la vita, perché egli è, in ogni sentimento, dentro e fuori dal tempo. Per questo egli è grande, perché è al di sopra del tempo. Per questo egli è un genio, perché ha una voce per tutti gli uomini di tutte le generazioni e di tutte le epoche. Egli è stato ed è un moderno, sempre attuale, ha voce per tutti gli uomini di tutti i tempi. Solo chi è fuori dal tempo conosce tutti i tempi.
Il poeta dell’universo e del nulla
Una mente complessa, straordinaria. Egli è il poeta del villaggio ed egli è anche il poeta dell’universo. Se c’è un poeta che ha potuto cantare l’universo, questi è Leopardi, perché egli ha cantato la vita. La poesia leopardiana è eterna e immortale perché proviene da luoghi sconosciuti, da tempi senza confini, dagli spazi sterminati dell’infinito e dell’universo, anche se risuona per le volte di una stanza. La poesia leopardiana è la poesia dell’immaginazione e della rimembranza poco oltre il silenzio, è una sfida pervicace al silenzio e al niente, evoca immagini di vita e di gioia, ultima protesta contro il male e il nulla. Il grande filosofo Emanuele Severino dice che Leopardi è stato il primo occidentale moderno a tornare alle origini, a prima di Eschilo. Leopardi è l’universo che interroga sé stesso, chiede a sé stesso le ragioni della vita. Solo un poeta moderno e geniale come Leopardi può trasportarci alla fine del suo viaggio nelle profondità misteriose dell’animo umano e dell’amore, e infine negli arcani baratri del cosmo dove siamo solo fuliggine di stelle, atomi sperduti nello spazio, ombre che vagano di mondo in mondo, morti che non conosceranno più il dolore, vaporosa caligine, larve, pure fantasime astrali dell’incontaminato nulla.
Il poeta della vita
Leopardi è il poeta del nulla ma è soprattutto il poeta della vita. Leopardi ci trasporta sempre nel viaggio della mente più bello, il viaggio della follia della giovinezza che allontana dal mondo, quello che conduce al sogno, al ricordo, al mito dell’infanzia, del villaggio, all’infinito ed anche al nulla che “spaura”. La giovinezza è il tempo in cui ci si abbandona all’ignoto e all’arcano, alla profonda notte e alla speranza Leopardi è il poeta della giovinezza e la giovinezza è Silvia. Leopardi canta Silvia, come la luna, affacciato alla finestra. È l’esperienza sublime di un poeta immenso. Perché? Perché solo così può comprendere il senso dell’esistenza, vederla scorrere davanti a sé. Silvia è come la luna, misteriosa ed eterna, incomprensibile movimento di tutte le cose create, la vita. Perché Leopardi è fuori della vita e dentro la vita. Per questo i giovani lo amano, perché egli è, in ogni sentimento, dentro e fuori dal tempo. Al di sopra del tempo. Per questo egli è grande, perché è al di sopra del tempo. Egli è stato ed è un moderno, sempre attuale, ha avuto voce per tutti gli uomini di tutti i tempi. Solo chi è fuori dal tempo conosce tutti i tempi. Una mente complessa, straordinaria. Egli è il poeta del villaggio, egli è anche il poeta dell’universo. Se c’è un poeta che ha potuto cantare l’universo, questi è Leopardi, perché egli ha cantato la vita.
Il poeta della giovinezza
Tutta la vita è racchiusa negli occhi ridenti e fuggitivi di Silvia. Silvia, è maggio, la fugacità della giovinezza. Silvia è un inno alla primavera, è la speranza, il sogno, la speranza dell’amore. Sì. Silvia è la giovinezza, è la luce radiosa di questo canto, i colori, le vie dorate e gli orti, il cielo sereno, il maggio odoroso, il sole, il lavoro quotidiano, il canto sublime della fanciulla. Silvia è ciò che non si può esprimere se non lo si vive, è un volto bello e indefinito, occhi ridenti e fuggitivi, la calma del meriggio, l’ora che fugge, il tempo che presto decade, il sorriso, la gioia, il sogno, la speranza, il cuore innocente, i ragionamenti d’amore nei giorni di festa. La felicità è un piccolo paese di periferia, il sabato del villaggio, il passero solitario, la donzelletta che vien dalla campagna, situazioni ed emozioni che si ripetono sempre. In questo consiste la grandezza della sua poesia. E anche il senso della vita. La giovinezza è Silvia, l’eterna fanciulla, la condizione eterna della fanciullezza. Creatura reale ma vaga, indistinta, Silvia è la sobrietà, la semplicità, la bellezza di ogni tempo, la giovinezza è la poesia eterna di Silvia. La bellezza vaga e indefinita che stimola l’immaginazione. La poesia di Leopardi è un invito a godere della giovinezza prima che la natura inganni i figli suoi.
Silvia è guardare il mondo come da una finestra, da una distanza. È il distacco che stimola l’immaginazione e che consente di comprendere meglio il reale, l’io che non si confonde col mondo. La condizione di chi è al di sopra dello spazio e del tempo. Silvia è la poesia, e la poesia è lontananza e distacco. La giovinezza è memoria e ricordanza, perciò sta a noi rendere bella questa memoria. Questo è Silvia: il canto che proviene da un luogo sconosciuto, da un tempo senza confini, anche se risuona per le volte di una stanza. La poesia leopardiana è astratta, è la poesia dell’immaginazione e della rimembranza poco oltre il silenzio, è una sfida pervicace al silenzio e al niente, evoca immagini di vita e di gioia, ultima protesta contro il male e il nulla. La giovinezza è l’abbandono, la voluttà dell’abbandono, è il sogno, l’estasi, il rapimento, la vertigine, lo stordimento, l’eros, l’orgasmo del pensiero. Perdersi nel mare del nulla, entrare con la mente dove tutto si congiunge – filosofia, matematica, religione, poesia, musica, silenzio; dove l’anima si espande e l’immaginazione raggiunge il suo culmine, tutto ciò che procura sgomento, angoscia, e infine pace. La poesia leopardiana è l’immaginazione che produce anche il sentimento dell’infinito, perché la giovinezza è come l’infinito. L’infinito è tutto ciò che c’è oltre la siepe, lo spazio sterminato oltre il carcere, i sovrumani silenzi, la profondissima quiete, l’ultimo orizzonte, il mare, l’eterno.