Sul giornale domenicale fiammingo De Zondag, il vescovo De Kesel, l’attuale primate del Belgio, si è detto favorevole a fornire l’opportunità agli uomini sposati di diventare preti.
“Io non sono a favore dell’abolizione del celibato”, ha prima spiegato. “Tuttavia, non credo che siamo in grado di richiedere che tutti i sacerdoti, soprattutto in un momento in cui la sessualità è importante, lo siano. Sono un sostenitore del modello della Chiesa cattolica orientale. Ci sono uomini sposati che possono accedere al sacerdozio”.
Non è la prima volta che la chiesa del Belgio si esprime non in linea con l’attuale insegnamento della Chiesa. Basta ricordare, per esempio, il famigerato “Catechismo Danneels”, allora vescovo di Liegi, contro chi aveva osato “riesumare” la processione del Corpus Domini.
Qualcosa era migliorato con monsignor Léonard, che però non aveva bloccato le nomine a vescovi ausiliari proprio di De Kesel (a Bruges) e Vancottem (quest’ultimo nella diocesi di Namur).
Insomma non è riuscito a bloccare due danneelsiani espressione di un progressismo esasperato, continuatori degli insegnamenti del celebre card. Suenens. Proprio De Kesel è noto, oltre per l’aver attaccato il celibato ecclesiastico, per la promozione dell’ordinazione femminile (“io spero che avvenga, ma è argomento ancora più sensibile di quello sul celibato. Penso che la discussione sul celibato procederà molto più velocemente che il dibattito sull’ammissione delle donne al sacerdozio”), sensibile alla promozione della contraccezione (e dell’aborto in certi casi), dell’eutanasia e della teologia della liberazione.
Matteo Orlando