La Fede Quotidiana ha intervistato il teologo polacco don Pawel Bortkiewicz, docente di Teologia Fondamentale, membro del Consiglio di Sviluppo Nazionale per scelta del Presidente della repubblica polacca Duda dal 2015, giornalista della influente e quotata Radio Marjia ( la emittente maggiormente ascoltata in Polonia) ed intellettuale di ampio respiro e ascoltato.
Che cosa pensa del relativismo di quest’epoca?
“Papa Benedetto XVI ha messo fortemente in guardia verso il relativismo. In modo simile aveva fatto Giovanni Paolo II nella sua enciclica “Fides et ratio”. La situazione dei nostri tempi ricorda la descrizione della fine del ‘Il nome della Rosa” di Umberto Eco. Alla fine di questo libro si incendiano un convento e una biblioteca. Ma il personaggio principale Wilhelm di Baskerville si mette in cammino senza una meta, senza una prospetti. Questa non e’ un’immagine del mondo medioevale. E’ l’immagine del mondo contemporaneo, in cui si e’ dato fuoco alla fede e alla ragione e l’uomo ha cessato di essere un pellegrino o almeno un viandante per diventare un vagabondo. E’ un’immagine delle conseguenze del relativismo. In un mondo in cui sono stati bruciati gli indicatori della verita’, del bene, della norma, che cosa emerge dall’incendio della fede e della ragione? Emergono la superstizione, l’ideologia, l’occultismo… Emerge la devastazione completa dell’uomo. E una prospettiva molto triste. Anzi tragica “.
Esiste il pericolo di una islamizzazione dell’Europa?
“L’Islam è una religione aggressiva. Le leggi che governano l’Islam – la legge del szariat- non rispetta assolutamente le altre leggi. Non accetta il dialogo, ma propone piuttosto la conquista. Cosi, non i forestieri devono adattarsi alle abitudini degli ospitanti, ma questi devono accettare le pretese degli invasori. Non riesco a capire la sottomissione dell’Europa nei confronti dell’attuale stato di cose. L’islamizzazione e’ un grande e serio pericolo.”
E’ realmente possible accogliere ogni straniero o dobbiamo curare la sicurezza?
“Questo e’ un problema molto complesso. Ho nella mia memoria tre scene legate agli ultimi Papi. Ho in mente S. Giovanni Paolo II che nel modo a lui caratteristico, dialogava con i musulmani, sottolineando che crediamo in un solo Dio, anche se in modi diversi. Poi mi ricordo la conferenza di Regensburg di Papa Benedetto XVI, che mostro’ le differenze essenziali di questi “modi diversi” della fede nel cristianesimo e nell’Islam. Il cristianesimo va incontro alla ragione, l’Islam non ha rispetto per la razionalita’. Ricordiamo l’inimicizia della reazione dell’ Islam, l’aggressivita’ delle parole e dei gesti nei confronti del Papa. Infine ho nella mente l’atteggiamento di Papa Francesco nell’isola di Lesbos, atteggiamento che costituisce per me una notevole difficolta’. Cerco di trovare una riposta in questi tre atteggiamenti. Direi cosi’: come discepoli di Gesu’ dovremmo cercare il dialogo e mostrare rispetto per gli altri credenti, ma contemporaneamente aver coscienza del valore eccezionale della propria fede. E difenderla in modo chiaro e deciso. Mi e’ difficile assumere un atteggiamento in cui si da’ priorita’ agli stranieri e non a quelli di casa. E’ una riflessione molto generale, ma alla sua luce posso provare ad aggiungere che il cristiano, come mostra San. Paolo, e’ chiamato alla lotta. E come ha detto San Giovanni Paolo II e’ chiamato alla vittoria. Abbiamo il diritto e il dovere di difendere la nostra fede, ma anche la nostra identita’ culturale, che deriva da questa fede, anche se dirigenti europei non troppo prudenti non se lo ricordano….. Penso infine, dato che il comandamento di Dio e’: “Onora il padre e la madre” e non “Onora il vicino di casa e l’invasore”. Cio’ ci indica l’appropriata gerarchia dei valori e dell’assistenza agli stranieri. ”
Che cosa pensa di Amoris Laetitia ?
“Bisogna riconoscere che Papa Francesco ci sensibilizza alla persona concreta e ai suoi problemi reali. Tuttavia ci sono molto problemi legati a questo documento che non e’ univoco e cio’ fa si’ che possa essere interpretato in modi diversi. Io vorrei rivolgere l’attenzione a due questioni molto generali. La prima e’ che il Vescovo di Roma descrive il matrimonio cristiano piu’ come ideale che come sacramento. Questo ha enormi conseguenze. In ciò’ che e’ ideale e nella tendenza a raggiungerlo, devo contare innanzitutto su me stesso. Il sacramento mi porta il Dio vivo e il Suo aiuto….. Francesco comprende tante cose alla luce della misericordia. E’ interessante che non si riferisce in questo documento al Vangelo centrale della misericordia, la parabola del figlio, che dopo aver abbandonato la casa del padre, ha riconosciuto la propria colpa, si e’ deciso a ritornare e a riconoscerla e allora ha ricevuto l’amore misericordioso del padre . Il Vescovo di Roma scrive di molti condizionamenti, di circostanze che secondo lui permettono un trattamento speciale dei deboli e dei fragili”, delle persone che vivono in legami non sacramentali. A dire il vero questo’ ricorda più’ un divagare su casi e casistiche che un mostrare chiaramente la misericordia come l’ha presentata San Giovanni Paolo II al numero 84 della Familiaris consortio.
Qualcuno sostiene che l’Amoris Laetitia non ha il carattere di magistero, quanto piuttosto quello di lettera personale del Papa, nella quale l’autore commenta quanto detto dai padri sinodali. Lei cosa ne pensa?
Cosi’ suggerisce il Card. Burke, ricordando che in essa raramente ci sono riferimenti all’insegnamento generale della Chiesa. Aggiungo, che se ci sono, non sempre sono applicati nel modo giusto….. Per fortuna abbiamo documenti come Humanae vitae, Familiaris Consortio o Deus caritas est. Abbiamo cioè’ un forte insegnamento della Chiesa. Chiaro e bello. “
Bruno Volpe
Grazie articolo molto bello, chiaro e purtroppo vero
Sottolineerei il “chiaro e bello”,soprattutto il chiaro, dell’insegnamento di Deus Caritas est e della Familiaris consortio