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di don Ruggero Gorletti

COMMENTO AL VANGELO DI MERCOLEDÌ 13 SETTEMBRE 2023

Dal vangelo secondo san Luca (6, 20-26)

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

COMMENTO

Perché Gesù proclama beati coloro che si trovano in situazioni difficili, in situazioni poco piacevoli? Quale è il senso di queste affermazioni? Quale è il messaggio delle beatitudini? Che c’è una giustizia nel mondo, che Dio non lascerà le cose storte così come sono. Annuncia che le cose si ribalteranno. E si stanno già ribaltando, perché il Signore Gesù è venuto, è venuto a ristabilire le cose come le aveva pensate il Padre quando ha creato il mondo, prima che il peccato deturpasse la sua opera. Ma, se vogliamo essere onesti, c’è un grosso problema: non vediamo che il mondo che ci circonda sia poi così cambiato. Le cose che non vanno le vediamo continuamente, vediamo l’ingiustizia, la povertà, non vediamo afflitti consolati o umili esaltati, non vediamo perseguitati a cui viene data una grande ricompensa, anzi!

E anche la seconda parte del brano, in cui dice «guai a voi» ai ricchi, a coloro che sono sazi, a coloro che ridono, e a coloro dei quali tutti dicono bene: anche questo non è un concetto che si comprende subito. Infatti cosa c’è di male ad essere ricchi, quando non si è stati disonesti e non si dimenticano i bisogni dei più poveri? Cosa c’è di male ad essere sazi. Cosa c’è di male a ridere, o ad avere una buona fama? Sembra un discorso sbagliato, senza senso. Eppure non è così: con queste parole Gesù ci avvisa di non fidarci delle cose di questo mondo, perché non è questa la realtà definitiva. Non destiniamo tutte le nostre energie a cercare di arricchirci, di saziarci delle cose di questo mondo, di divertirci e di godere di ciò che questa vita ci può offrire, non abbiamo come unico scopo quello di avere una immagine positiva presso gli uomini. Tutte queste cose verranno spazzate via: la realtà sarà trasformata.

Il Vangelo risponde alla domanda di giustizia che c’è in ogni uomo, ma lo fa in modo sorprendente, diverso da quello che ci aspetteremmo: non lo fa proponendo una rivoluzione di tipo sociale o politico, ma lo fa chiedendoci di cambiare la nostra mente e il nostro cuore alla luce della rivoluzione dell’amore di Dio, quella rivoluzione che mostrerà pienamente i suoi effetti nella vita eterna, ma che già in questo mondo ha realizzato, seppure in modo imperfetto e incompleto, con la sua croce e la sua resurrezione. Il Signore ci da la speranza, ma nel contempo ci ammonisce: guai a noi se pensiamo alla nostra vita come a qualcosa che esaurisce i suoi effetti in questa nostra esistenza terrena, guai a noi se pensiamo di poter realizzare noi stessi facendo a meno di Dio. E’ sforzandoci di vivere nell’amore di Dio che noi possiamo essere beati, già in questa vita, anche se in modo imperfetto e con tanti limiti in questa vita, pienamente nella vita eterna.

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