di Padre Giuseppe Agnello*
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Oggi il Vangelo ci presenta tre diàloghi, tutti molto interessanti, che si conclúdono con la risposta di Gesú a san Pietro, che dovrebbe farci entusiasti e orgogliosi di èssere cattòlici. In questa risposta, infatti, Gesú assicura che seguirlo non è mai una pèrdita, ma è un guadagno: certezza da tenere sempre in conto e da presentare al mondo come la càusa della nostra giòia, della nostra repulsione all’individualismo, e della nostra irriducíbile speranza. Ci prepariamo a vívere il Giubileo del 2025 con questo motto: “Pellegrini di speranza”, ma dobbiamo chiarire a tutti che questa “speranza”, come accade per il Vangelo, «già ora» (Mc 10, v.30), «in questo tempo», è grandemente retributiva, di là di ogni nostra aspettativa: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che àbbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figlî o campi per càusa mia e per càusa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figlî e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà» (Mc 10, 29-30).
Vediamo ora velocemente i tre diàloghi che vi dicevo e che abbiamo ascoltato già. Il primo è tra Gesú e il gióvane ricco che gli chiede come si erèdita la vita eterna, cioè come ci si salva e si contínua a vívere oltre la morte. Gesú risponde che bàstano i Dieci Comandamenti; basta quello che ha già fatto finora: l’osservanza dei comandamenti di Dio. Ma aggiunge che l’osservanza di essi senza la sequela di Lui, del Salvatore e dell’Autore e Perfezionatore della Legge, non è ancora garanzia di libertà piena e di perfetta quiete. Se sentiamo l’inquietúdine nel presente, vuol dire che ancora non ci facciamo amare abbastanza dal Signore: gli abbiamo posto qualche restrizione: può entrare fino a un certo punto e non di piú nella nostra vita. Egli allora ci chiede, per attuare il superamento di questa inquietúdine: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai pòveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Séguimi!» (Mc 10, v.21). Queste parole, letteralmente prese sul sèrio da ogni religioso e consacrato che fa voto di povertà, vàlgono per tutti nel loro significato fontale: per seguire Gesú, occorre èssere distaccati dalle cose e attenti alle persone. Può vèndere una cosa chi non è piú interessato a quella cosa; e può destinare il guadagno di quella cosa venduta ad altri, chi non è attento solo a sé stesso e non agisce per un tornaconto. Si ségue Gesú, dunque, con queste due esigenze: il cuore líbero da tesori terreni e il donarsi ai piú pòveri con quello che si ha e che sappiano èssere solo un mezzo.
Il secondo diàlogo è, invece, tra Gesú e i discèpoli, a commento della tristezza con cui il gióvane del primo diàlogo se ne torna a casa, perché non vuole pèrdere le sue ricchezze terrene. Qui il Signore Gesú spiega il danno eterno che pòssono fare le ricchezze materiali, se il cuore non è líbero da esse, e dice quel provèrbio che sconvolge tutti: «È più fàcile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio» (Mc 10, v.25). Notate bene che i discèpoli capíscono il discorso di Gesú nella sua radice profonda (la tendenza dell’ànimo umano ad attaccarsi ai beni materiali), e non con un signíficato limitato alla classe sociale dei piú abbienti. Infatti proròmpono nell’esclamazione-domanda: «E chi può èssere salvato?». La risposta di Gesú ai discèpoli è símile a quella data dall’àngelo Gabriele a Maria santíssima: «Tutto è possíbile presso Dio» (Mc 10, v.27), che vuol dire: chi impara a fare la volontà di Dio, anche se ricco (quindi paragonàbile a un cammello), potrà passare per la porta stretta del Vangelo (che nel provèrbio è la cruna di un ago).
E arriviamo al terzo diàlogo da cui eravamo partiti: il diàlogo con Pietro, che tira un sospiro di sollievo, ma vuole approfondire la sua sicurezza di avér capito bene i vantaggî del “Regno di Dio”: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» (Mc 10, v.28). Come a dire: «Signore, ¿vuoi dirci che vantàggio si ha dalla libertà che ci hai promesso e dal fatto che le premesse síano l’avér lasciato quello che abbiamo lasciato per ubbidirti?».
Gesú risponde come abbiamo sentito: chi si líbera di ciò che costituiva la sua ricchezza o la sua sicurezza, per fare diventare Gesú il centro della sua vita, riceve cento volte tanto in ricchezze materiali e relazionali, in parenti e in fratelli, in doni di Provvidenza e in aiuti. Riceve anche le persecuzioni che si deve aspettare chi va controcorrente e chi òdia il materialismo mondano. Riceve infine la vita eterna, promessa a chi guarda oltre la vita di questo mondo.
Il vantàggio di seguire Gesú è dunque superiore all’osservanza dei comandamenti, perché accòglie la sapienza eterna che è il Fíglio di Dio e «stima un nulla la ricchezza al suo confronto» (Sap 7, v.8); e Lo ama «piú della salute e della bellezza» (Sap 7, v.10).
Chiediàmoci se questa stima e questo amore è in noi o, al momento, la ricchezza, la salute e la bellezza sono prioritarî rispetto all’amore per Gesú, all’amore per la sapienza di vita che è Gesú. Ieri mattina, mentre portavo la comunione a degli ammalati, ho visto due bambine di màssimo sette anni giocare a costruirsi le únghie con brillantini, decori e smalti luccicanti. Le ho invitate benignamente a cercare altri giochi e a non pensare alle únghie, ma me ne sono tornato un po’ sconsolato in canònica: dietro quel gioco ci stanno genitori che hanno comprato quel “gioco” e che sono privi della sapienza che viene dall’alto. Dietro quel gioco ci stanno mamme che cúrano le únghie piú dell’ànima e non si preòccupano di generare vanità nelle bambine con cose assolutamente supèrflue e, per cosí dire, “da grandi”. Siamo passati, dunque, dalla generazione che desídera, ricerca e ama la Sapienza, alla generazione che ignora, non cerca o snobba la Sapienza. Abbiamo tre libri della Sacra Scrittura (Proverbî, Sapienza e Siràcide) che pàrlano solo di questa sapienza, facèndone l’elògio e descrivèndone i vantaggî, ma l’uomo di oggi si fa distrarre dalla ricchezza, dalla salute o dalla bellezza (le únghie smaltate, allungate come artiglî di gatto, e decorate come bomboniere). ¿Chi potrà salvarsi da questo andazzo?
Chi ritornerà a pregare, chiedendo bene: «Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spírito di sapienza» (Sap 7, v.7); e chi si lascerà trapassare e cambiare dalla Parola di Dio, la quale: «discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4, v.12). È questo il nostro vero guadagno e la nostra vera ricchezza.
XXVIII Doménica del T.O. anno B, 13 Ottobre 2024. Sap.7, 7-11; Sal 89; Eb 4, 12-13; Mc 10, 17-30
*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana