Mons. Juan José Omella, arcivescovo di Barcellona, ha pubblicato una lettera sul giornale La Vanguardia in merito alla blasfema (e pornografica) trasposizione del Padre Nostro (diventata Mare Nostra) durante una presentazione pubblica – presso il Saló de Cent – patrocinata dal comune del capoluogo catalano.
Scrive mons. Omella: «La Preghiera del Signore è la preghiera dei semplici, di coloro che hanno donato il loro cuore fiducioso al Padre del cielo. È la preghiera dei puri di cuore, di coloro che cercano la giustizia, di coloro che accettano i propri limiti e che hanno riposto le loro speranze d’amore in un Dio che ci ama. […] Si tratta di una preghiera al Padre che include, nella sua infinità, il padre e la madre, come insegnato papa Giovanni Paolo I […] ci mettiamo nelle mani di questo padre/madre che non cessa mai di essere trascendente rispetto alla mascolinità e alla femminilità». Citando Romano Guardini, il vescovo ricorda che «la cosa più importante in questa preghiera è la ricerca del volto di Dio».
Pertanto «la preghiera del Signore è una preghiera che ci emoziona e ci sfida. Tutte le preghiere […] devono sempre essere espresse con le parole appropriate a Colui che ci rivolgiamo. Alla luce degli eventi in questi giorni ho affermato che “a volte il silenzio è la migliore risposta”, lo stesso silenzio che Gesù disse davanti al Sinedrio. Rispondere alla provocazione con il silenzio è un modo per prendere distanza di fronte a tali sciocchezze. Presa questa distanza, dobbiamo ricordare che il rispetto della libertà di espressione e di creazione è un valore incontrovertibile della nostra società, riconosciuto dall’articolo 20 della Costituzione. E anche indubbio il diritto di creare un lavoro artistico. [Ma…] la difesa della libertà di espressione deve essere compatibile con il rispetto per la fede religiosa del popolo. La libertà religiosa è iniziata con queste parole lapidarie di Gesù: dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. Ora più che mai, la libertà religiosa è un aspetto fondamentale che qualifica il grado di civiltà delle nostre società plurali. La Chiesa non è né vuole essere un agente politico, ma ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, la cui anima è la giustizia. La Chiesa continua a donare alla società la sua generosità e perseveranza, l’impegno per il bene comune, ispirato alla testimonianza della carità, e tutto ciò ha un valore superiore a quello di un impegno soltanto secolare e politico”. Il vescovo conclude chiedendo ai rappresentanti politici di “preservare la libertà religiosa come un bene che appartiene a tutti e che a tutti noi conviene conservare”.
Matteo Orlando