Riprendiamo un’intervista esclusiva condotta da Diane Montagna di Life Site News il 26 agosto 2019 con S. E. mons. Atanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, relativa alla promozione, da parte del Vaticano, del documento di Abu Dhabi su “La Fraternità umana per la pace nel mondo e la convivenza“. La traduzione è stata autorizzata dallo stesso mons Schneider.
Eccellenza, secondo lei, il chiarimento di Papa Francesco sul documento di Abu Dhabi nell’udienza generale di mercoledì 3 aprile 2019 è sufficiente? E quali sono i suoi pensieri circa le sue osservazioni?
Nell’udienza generale di mercoledì 3 aprile 2019, Papa Francesco ha pronunciato queste parole: «Perché Dio consente che ci siano tante religioni? Dio ha voluto permettere questo: i teologi della Scolastica facevano riferimento alla voluntas permissiva di Dio. Egli ha voluto permettere questa realtà».
Purtroppo il Papa non ha fatto alcun riferimento alla frase oggettivamente errata del documento di Abu Dhabi che dice: «Il pluralismo e la diversità delle religioni, il colore, il sesso, la razza e il linguaggio sono voluti da Dio nella sua saggezza». Questa frase è in se stessa errata e contraddice la Divina Rivelazione, poiché Dio ci ha rivelato che non vuole religioni diverse, ma solo l’unica religione, comandata nel Primo Comandamento del Decalogo: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei davanti a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai» (Es 20: 2-5).
Nostro Signore Gesù Cristo ha confermato la perenne validità di questo comandamento dicendo: «È scritto: Adorerai il Signore tuo Dio e solo a lui servirai» (Mt 4, 10). Le parole “Signore” e “Dio”, espresse nel primo comandamento, significano la Santissima Trinità, che è il solo Signore e il solo Dio. Quindi, ciò che Dio vuole positivamente è che tutti gli uomini dovrebbero render culto e adorare solo Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, l’unico Signore e Dio. Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna: «Poiché enunciano i doveri fondamentali dell’uomo verso Dio e verso il prossimo, i dieci comandamenti rivelano, nel loro contenuto essenziale, delle obbligazioni gravi. Sono sostanzialmente immutabili e obbligano sempre e dappertutto. Nessuno potrebbe dispensare da essi. I dieci comandamenti sono incisi da Dio nel cuore dell’essere umano» (n. 2072).
Le citate osservazioni di Papa Francesco all’udienza generale di mercoledì 3 aprile 2019 sono un piccolo passo verso un chiarimento della frase errata trovata nel documento di Abu Dhabi. Tuttavia, rimangono insufficienti perché non si riferiscono direttamente al documento e perché il cattolico medio e quasi tutti i non cattolici non conoscono né comprendono il significato dell’espressione teologicamente tecnica «volontà permissiva di Dio».
Da un punto di vista pastorale è altamente irresponsabile lasciare nell’incertezza i fedeli dell’intera Chiesa su una questione così vitale come la validità del primo Comandamento del Decalogo e l’obbligo divino di tutti gli uomini di credere e adorare, con il loro libero arbitrio, Gesù Cristo come unico Salvatore dell’umanità. Poiché Dio ha comandato a tutti gli uomini «Questo è il Figlio mio diletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo!» (Mt 17, 5) E quando, di conseguenza, nel giudizio, « [farà] vendetta di quanti non conoscono Dio e non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù» (2 Tess 1, 8), come può allo stesso tempo volere positivamente la diversità delle religioni? Le parole inequivocabili di Dio rivelate sono inconciliabili con la frase nel documento di Abu Dhabi. Affermare il contrario significherebbe far quadrare un cerchio o adottare la mentalità dello gnosticismo o dell’hegelismo.
Non si può giustificare la teoria secondo cui la diversità delle religioni è voluta positivamente da Dio adducendo la verità del Depositum fidei sul libero arbitrio come dono di Dio Creatore. Dio ha dato all’uomo il libero arbitrio proprio perché possa adorare Dio solo, che è il Dio uno e trino. Dio non ha dato all’uomo il libero arbitrio per adorare gli idoli, né per negare o bestemmiare suo Figlio incarnato Gesù Cristo, il quale disse: «Chi non crede è già condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unico Figlio di Dio» (Gv 3, 18).
Dopo lo scambio di parole con Papa Francesco del 1° marzo, durante la visita adlimina a Roma, ha avuto ulteriori comunicazioni con lui riguardo alle sue preoccupazioni? In tal caso, è stato prima o dopo l’udienza generale di mercoledì 3 aprile 2019?
Durante l’udienza del 1° marzo 2019, in occasione della visita adlimina, mi sono rivolto a Papa Francesco, alla presenza dei vescovi del nostro gruppo, con queste parole:
«Santissimo Padre, alla presenza di Dio imploro Vostra Santità in nome di Gesù Cristo che ci giudicherà, di ritirare la dichiarazione del documento interreligioso di Abu Dhabi, che relativizza l’unicità della fede in Gesù Cristo. Altrimenti la Chiesa ai nostri giorni non sarà chiara sulla verità del Vangelo, come l’apostolo Paolo ha detto a Pietro ad Antiochia (vedi Gal 2:14) ».
Il Santo Padre ha subito risposto dicendo che la frase del documento di Abu Dhabi riguardante la diversità delle religioni nel senso della «volontà permissiva di Dio» va spiegata. E io ho replicato: «Poiché questa frase elenca indiscriminatamente gli oggetti della sapiente volontà di Dio, mettendoli allo stesso livello logico, la diversità dei sessi maschile e femminile deve essere voluta da Dio dalla sua volontà permissiva, il che significa che tollera questa diversità, poiché potrebbe tollerare la diversità delle religioni».
Papa Francesco ha quindi ammesso che la frase potrebbe essere fraintesa e ha detto: «Ma puoi dire alla gente che la diversità delle religioni corrisponde alla volontà permissiva di Dio». A cui ho risposto: «Santo Padre, per favore dica questo alla Chiesa intera». Ho lasciato al Papa la mia richiesta verbale anche in forma scritta.
Papa Francesco mi ha gentilmente risposto con una lettera del 5 marzo 2019, in cui ha ripetuto le sue parole dall’udienza del 1° marzo 2019. Ha detto che bisogna comprendere la frase applicando il principio della volontà permissiva di Dio. Ha anche osservato che il documento di Abu Dhabi non intende equiparare la volontà di Dio nel creare differenze di colore e sesso con la differenza delle religioni.
Con lettera del 25 marzo 2019, ho risposto alla lettera di Papa Francesco del 5 marzo 2019, ringraziandolo per la sua gentilezza e chiedendogli con franchezza fraterna di pubblicare, personalmente o attraverso un Dicastero della Santa Sede, una nota di chiarimento, ripetendo la sostanza di ciò che ha detto nell’udienza del 1° marzo 2019 e nella sua lettera del 5 marzo 2019. Ho aggiunto queste parole:
«Pubblicando tali parole, Santità avrà l’occasione fausta e benedetta, in un momento storico difficile per l’umanità e per la Chiesa, di confessare Cristo, il Figlio di Dio».
Devo aggiungere che papa Francesco mi ha inviato un biglietto, datato 7 aprile 2019. Ha allegato una copia del suo discorso all’udienza generale di mercoledì 3 aprile 2019 e ha sottolineato la sezione relativa alla volontà permissiva di Dio. Sono, naturalmente, grato al Santo Padre per questa cortese attenzione.
Il documento sulla “Fraternità umana per la pace nel mondo e la convivenza” non è stato ufficialmente modificato o corretto e tuttavia è stato istituito un “Comitato Superiore” per attuarlo. Lunedì 26 agosto 2019, l’ufficio stampa della Santa Sede ha rilasciato una dichiarazione in cui si afferma che Papa Francesco è stato lieto di apprendere la formazione di un “Comitato Superiore” per raggiungere gli obiettivi contenuti nel documento. Secondo la dichiarazione, Papa Francesco ha affermato al riguardo: «Anche se purtroppo il male, l’odio e la divisione spesso fanno notizia, c’è un mare nascosto di bontà che sta crescendo e ci porta a sperare nel dialogo, nella conoscenza reciproca e nella possibilità di costruire, insieme ai seguaci di altre religioni e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, un mondo di fratellanza e pace».Eccellenza, quanto è grave questo problema?
Il problema è della massima serietà, perché sotto l’espressione “Fraternità umana”, bella retoricamente e seducente e intellettualmente, gli uomini di Chiesa oggi di fatto promuovono la negligenza del primo comandamento del decalogo e il tradimento del nucleo del Vangelo. Per quanto nobili possano essere obiettivi come la “fraternità umana” e la “pace nel mondo”, essi non possono essere promossi al costo di relativizzare la verità dell’unicità di Gesù Cristo e della sua Chiesa e di minare il primo Comandamento del Decalogo.
Il documento di Abu Dhabi sulla “Fraternità umana per la pace nel mondo e la convivenza” e il “Comitato Superiore” incaricato di attuarlo sono in qualche modo una torta splendidamente decorata che contiene una sostanza nociva. Prima o poi, quasi senza accorgersene, essa indebolirà il sistema immunitario del corpo.
L’istituzione del summenzionato “Comitato Superiore”, incaricato di attuare a tutti i livelli, tra gli altri buoni obiettivi, il presento principio divinamente voluto della “diversità delle religioni”, di fatto paralizza la missione della Chiesaad gentes. Soffoca il suo ardente zelo per l’evangelizzazione di tutti gli uomini – ovviamente con amore e rispetto. Dà l’impressione che la Chiesa oggi stia dicendo: “Mi vergogno del Vangelo”; “Mi vergogno di evangelizzare”; “Mi vergogno di portare la luce del Vangelo a tutti coloro che non credono ancora in Cristo”. Ciò è l’opposto di quanto diceva san Paolo Apostolo ai Gentili, che invece dichiara: «Non mi vergogno del Vangelo» (Rm 1, 16) e «Guai a me se non evangelizzassi!» (1 Cor9, 16).
Il Documento di Abu Dhabi e gli obiettivi del “Comitato Superiore” indeboliscono notevolmente anche una delle caratteristiche e dei compiti essenziali della Chiesa, vale a dire essere missionaria e prendersi cura soprattutto della salvezza eterna degli uomini. Riduce le principali aspirazioni dell’umanità ai valori intramondani e immanenti di fraternità, pace e convivenza. In effetti, i tentativi di pace sono destinati al fallimento se non vengono proposti nel nome di Gesù Cristo. Questa verità ce la ricorda profeticamente Papa Pio XI che diceva che tra le cause precipue di quelle calamità da cui vedevamo oppresso e angustiato il genere umano era il fatto che «la maggior parte degli uomini avevano allontanato Gesù Cristo e la sua santa legge dalla pratica della loro vita, dalla famiglia e dalla società, che Egli non aveva posto né negli affari privati né in politica». Pio XI continua dicendo che «mai poteva esservi speranza di pace duratura fra i popoli, finché gli individui e le nazioni avessero negato e da loro rigettato l’impero di Cristo Salvatore» (Enciclica Quas Primas, 1). Lo stesso Papa ha insegnato che i cattolici «diventano grandi fattori nel portare la pace nel mondo perché lavorano per il restauro e la diffusione del Regno di Cristo» (Enciclica Ubi arcano, 58).
Una pace che è una realtà intramondana e puramente umana fallirà. Perché, secondo Pio XI, «la pace di Cristo non si nutre delle cose della terra, ma di quelle del cielo. Né potrebbe essere altrimenti, poiché è Gesù Cristo che ha rivelato al mondo l’esistenza di valori spirituali e ha ottenuto per loro il dovuto apprezzamento. Ha detto: “Cosa giova a un uomo, se guadagna il mondo intero ma perde la propria anima?” (Mt 16:26), ci ha anche impartito una lezione divina di coraggio e costanza quando ha detto “Non temete coloro che uccidono il corpo e non hanno potere di uccidere l’anima: temete piuttosto colui che può far perire sia l’anima che il corpo nella Geenna” (Mt 10:28; Luca 12:14)» (Enciclica Ubi arcano, 36).
Dio ha creato gli uomini per il cielo. Dio ha creato tutti gli uomini per conoscere Gesù Cristo, per avere una vita soprannaturale in Lui e per raggiungere la vita eterna. Portare tutti gli uomini a Gesù Cristo e alla vita eterna è, quindi, la missione primaria della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ci ha fornito una spiegazione appropriata e bella di questa missione: «La ragione dell’attività missionaria discende dalla volontà di Dio, il quale “vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità. Vi è infatti un solo Dio, ed un solo mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo, uomo anche lui, che ha dato se stesso in riscatto per tutti” (1 Tm 2,4-6), “e non esiste in nessun altro salvezza” (At 4,12). È dunque necessario che tutti si convertano al Cristo conosciuto attraverso la predicazione della Chiesa, ed a lui e alla Chiesa, suo corpo, siano incorporati attraverso il battesimo(cf. Mc 16,16; Gv 3,5). Cristo stesso infatti, “ribadendo espressamente la necessità della fede e del battesimo (cfr. Mc 16,16; Gv 3,5), ha confermato simultaneamente la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano, per così dire, attraverso la porta del battesimo. Per questo non possono salvarsi quegli uomini i quali, pur sapendo che la Chiesa cattolica è stata stabilita da Dio per mezzo di Gesù Cristo come istituzione necessaria, tuttavia rifiutano o di entrare o di rimanere in essa” (cf. Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 14). Benché quindi Dio, attraverso vie che lui solo conosce, possa portare gli uomini che senza loro colpa ignorano il Vangelo a quella fede “senza la quale è impossibile piacergli” (cf. Eb 11,6),è tuttavia compito imprescindibile della Chiesa (cf. 1 Cor 9,1), ed insieme suo sacrosanto diritto, diffondere il Vangelo; di conseguenza l’attività missionaria conserva in pieno – oggi come sempre – la sua validità e necessità» (Ad Gentes, 7).
Voglio sottolineare queste ultime parole: «L’attività missionaria della Chiesa oggi conserva la sua necessità!»
Desidera aggiungere qualcosa?
Nell’udienza generale di mercoledì 3 aprile 2019, Papa Francesco ha aggiunto quanto segue sulla diversità delle religioni: «Ci sono molte religioni. Alcune nate dalla cultura, ma guardano sempre in paradiso; guardano a Dio».
Queste parole in qualche modo contraddicono la seguente dichiarazione luminosa e chiara di Papa Paolo VI: «La nostra religione cristiana stabilisce effettivamente con Dio un rapporto autentico e vivente che le altre religioni non riescono a fare, anche se hanno, per così dire, anche loro le braccia tese verso il cielo» (Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi, 53).
Quanto opportune sono anche le parole di Papa Leone XIII: «L’opinione che tutte le religioni siano uguali è calcolata per provocare la rovina di tutte le forme di religione, e in particolare della religione cattolica, che, in quanto è l’unica vera, non può, senza grande ingiustizia, essere considerata semplicemente uguale alle altre religioni» (Enciclica Humanum genus, 16).
Pertinenti anche le seguenti parole di Papa Paolo VI:
«È con gioia e conforto che Noi abbiamo inteso, al termine della grande Assemblea dell’ottobre 1974, queste parole luminose: ‘Vogliamo nuovamente confermare che il mandato d’evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa’, compito e missione che i vasti e profondi mutamenti della società attuale non rendono meno urgenti. Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella S. Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione» (Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi, 14).
Pertanto, come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, «lo scopo ultimo della missione non è altro che quello di far partecipare gli uomini alla comunione tra il Padre e il Figlio nel loro Spirito d’amore» (n. 850) [cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 23].
Nel riconoscere direttamente o indirettamente l’uguaglianza di tutte le religioni, attraverso la diffusione e l’attuazione del documento di Abu Dhabi (4 febbraio 2019) senza correggere la sua errata affermazione sulla diversità delle religioni, gli uomini di Chiesa oggi non solo tradiscono Gesù Cristo come l’unico Salvatore dell’umanità e la necessità della Sua Chiesa per l’eterna salvezza, ma commettono anche una grande ingiustizia e un peccato di mancanza di carità nei confronti del prossimo. Nel 1542 San Francesco Saverio scrisse dalle Indie al suo padre spirituale Sant’Ignazio di Loyola: «Molte persone in questi luoghi non sono cristiane semplicemente perché non c’è nessuno che le renda tali. Molte volte ho il desiderio di viaggiare nelle università d’Europa, in particolare a Parigi, e urlare da qualsiasi luogo, come un pazzo, per spingere coloro che hanno più scienza che carità con queste parole: ‘Oh, a quante anime, per la vostra indolenza, è negato il paradiso e finiscono all’inferno!’»
Possano queste fiammeggianti parole del celeste patrono delle missioni e del primo grande missionario gesuita toccare le menti e i cuori di tutti i cattolici, e in particolare del primo papa gesuita, in modo che con coraggio evangelico e apostolico possa ritrattare l’errata dichiarazione sulla diversità di religioni contenuta nel documento di Abu Dhabi. Con un tale atto potrebbe certo perdere l’amicizia e la stima dei potenti di questo mondo, ma sicuramente non l’amicizia e la stima di Gesù Cristo, in linea con le sue parole: «Chiunque mi confesserà davanti agli uomini, lo riconoscerò anche io davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mt 10:32).
Fonte: https://www.corrispondenzaromana.it/la-critica-di-mons-schneider-al-documento-di-abu-dhabi/