Forti piogge e tempeste di vento, inondazioni improvvise e smottamenti. Il ciclone tropicale “Serodja” ha travolto l’Indonesia e il Timor Est nei giorni 4 e 5 aprile. “È la prima volta che un ciclone si è abbattuto in questo modo in Indonesia innescando un impatto così tremendo”. È la Chiesa cattolica di Indonesia, insieme alla Caritas locale a fare oggi il punto della situazione attraverso anche le 4 diocesi che si trovano sul territorio: l’arcidiocesi Kupang, Atambua, Larantuka e Weetebula. I danni più imponenti si sono avuti nella provincia di Nusa Tenggara orientale ma sono state colpite anche la città di Kupang, la reggenza di Malaka – situata nell’isola di Timor – Larantuka, l’isola di Adonara e East Sumba, situata nell’isola di Sumba.
Sebbene i dati purtroppo siano ancora provvisori, sulla base delle informazioni rilasciate dall’Agenzia nazionale per la gestione dei disastri (BNPB), è salito ad almeno 157 morti il bilancio delle vittime alle quali vanno aggiunti 76 dispersi e più di 900 famiglie per un totale di 2mila persone colpite. “Il ciclone tropicale – spiegano dall’Indonesia – ha innescato catastrofiche inondazioni improvvise e smottamenti nelle isole di Nusa Tenggara ed è stato il più forte che l’Indonesia abbia visto in più di un decennio”. Dal 2008 ad oggi, il Centro di avvertimento sui cicloni tropicali di Jakarta (BMKG) ha rilevato 10 cicloni tropicali in Indonesia. A rendere però Serodja più aggressivo rispetto ai cicloni precedenti è stata la sua vicinanza alla terra. Ma l’emergenza non è ancora finita: il Centro di Jakarta ha allertato sulla possibilità di onde forti con altezza compresa tra 1 metro e 6 metri in diverse parti del Paese, comprese le acque meridionali dell’isola di Sumba. Nel frattempo, anche Bali, Sulawesi meridionale e parti del Sulawesi sudorientale dovrebbero aspettarsi piogge da moderate a intense, fulmini e venti forti almeno fino all’8 aprile.
“Migliaia di persone sono state sfollate a causa della tempesta e migliaia di case sono state danneggiate o distrutte”, scrive questa mattina la Caritas al Sir. “Cumuli di detriti si sono riversati sulle strade. Molti ponti sono stati distrutti e i danni sulle vie di comunicazione hanno ostacolato l’arrivo degli aiuti”. La prima cosa che Caritas Indonesia, l’ente umanitario della Conferenza episcopale indonesiana (IBC), ha fatto è stata quella di mettersi in contatto con le diocesi colpite per capire come soddisfare i loro bisogni e coordinare gli aiuti, spiega Fredy Rante Taruk, direttore esecutivo di Caritas Indonesia. “La difficoltà più grande è la mancanza di elettricità e di copertura del segnale nell’area impedendo la raccolta di informazioni e dati precisi dall’area interessata”. La Caritas Indonesia svolge il ruolo di coordinatore nazionale nella risposta al disastro attraverso anche per la raccolta di fondi.
Sono intervenuti su questo fronte anche il cardinale Ignatius Suharyo, presidente della Conferenza episcopale indonesiana e mons. Aloysius Sudarso, responsabile della Caritas incoraggiando “tutte le persone in Indonesia ad agire e a manifestare la loro solidarietà alle comunità colpite”. Sul campo, stanno agendo le parrocchie che si sono messe subito a servizio delle popolazioni locali fornendo rifugio e cibo. Sono la parrocchie del Redentore, a Waingapu ( Sumba orientale, diocesi di Weetabula); la parrocchia di San Simon Petrus (Arcidiocesi di Kupang), la Parrocchia di Cristo Re, a Waiwerang (isola di Adonara, diocesi di Larantuka). “La Caritas Indonesia sta facendo del suo meglio per aiutare e sostenere le comunità colpite”. Al momento ciò di cui c’è più bisogno è di acqua potabile e acqua pulita, prodotti alimentari, medicine e generatori di elettricità. (SIR)
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