Il caso Vatileaks ha ovviamente scosso i sacri palazzi. Specialmente se queste fughe di documenti finiscono a corredo di libri come quelli di Nuzzi e Fittipaldi. Ma come la macchina vaticana ha saputo gestire, dal punto di vista mediatico, questa incresciosa situazione? La Fede Quotidiana ha girato la domanda al noto e qualificato massmediologo italo-svizzero Klaus Davi.
Davi, secondo lei il caso Vatileaks ha avuto una gestione corretta da parte della Santa Sede sotto il punto di vista della comunicazione?
Mi spiace dire di no. Il mio parere negativo va sicuramente alla prima parte di Vatileaks, poi la macchina comunicativa vaticana ha cambiato rotta e strategia con un miglioramento delle cose.
Per quale motivo, a suo giudizio, il caso non ha avuto inizialmente una buona gestione?
Penso che, certamente in modo involontario, il Vaticano al posto di smorzare i toni ha accentuato la pressione mediatica, buttando benzina sul fuoco. Un poco come quelli che a suo tempo, scelsero una strategia di attacco al Codice da Vinci, di fatto assecondando i piani degli autori. Sarebbe stato meglio smussare per non aumentare la ricerca di quello che risulta curioso o morboso.
Va bene, ma veniamo alla pecca vaticana…
Quella di aver citato a giudizio i giornalisti. Lo ritengo un errore molto grave sia per i risultati negativi di immagine, che per il prevedibile spirito di categoria che associa i giornalisti e ha reso Nuzzi e Fittipaldi vittime. Nel precedente caso dei corvi, quello accaduto sotto Papa Benedetto XVI si scelse saggiamente di non incriminare i cronisti. Dopo questa fiammata, tuttavia, ho visto una virata positiva nella gestione vaticana del caso, e mi riferisco anche alla coraggiosa scelta del Papa che ne ha parlato personalmente in aereo. Se ci fate caso, oggi nel caso Vatileaks si parla maggiormente di gossip che di cose di Chiesa, di eventuali comportamenti negativi di sacerdoti e questo lo ritengo frutto della nuova strategia comunicativa, cambiare gli argomenti spostando i punti di osservazione.
Lei ha esperienza come comunicatore. Pensa che il ruolo della signora Francesca Chaouqui sia stato positivo?
Io non conosco professionalmente quella signora e dunque mi limito nel giudizio a quanto ho letto e vedo. Il compito di un comunicatore prima di tutto consiste nel difendere anche dal punto di vista della riservatezza, il suo cliente e non mi sembra affatto che la signora in questione abbia saputo o voluto agire in questa maniera. Ecco, sotto il profilo della riservatezza e dunque del risultato finale, ritengo che la signora Chaouqui sia stata molto deficitaria e in sostanza non abbia lavorato adeguatamente.
Come finisce secondo lei Vatileaks?
Non sono un giurista. Mi limito ad osservare che le attenzioni si stanno smorzando e probabilmente questo fa parte della strategia comunicativa vaticana. Poi oggi il Giubileo ha coperto mediaticamente ogni altro evento e il rinvio a data da destinarsi delle udienze del processo potrebbe anche leggersi in ottica di abbassamento delle attenzioni, una sorta di abile decantazione.
Bruno Volpe