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di Padre Giuseppe Agnello*

III Doménica di Pasqua, anno A, 23 Aprile 2023

At 2, 14.22-33; Sal 15; 1Pt 1, 17-21; Lc 24, 13-35
Avrete sicuramente notato come, parlando di Gesú e di ciò che lo riguarda, la Sacra Scrittura non è astratta o puramente spirituale, ma parte dai fatti, da ciò che è successo sotto gli occhî di tutti e a compimento di tutte le profezie sul Messia. Lo abbiamo visto negli Atti, dove san Pietro, nel giorno di Pentecoste, dice ai presenti a Gerusalemme: «Gesú di Nàzaret ─ uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miràcoli, prodigî e segni, che Dio stesso fece tra voi per òpera sua ─ come voi sapete bene è stato crocifisso da voi per mano di pagani; ma Dio lo ha risuscitato» (Cfr At 2, 22-24). Lo abbiamo sentito dire sempre a Pietro, nella sua prima léttera: «Voi sapete che non a prezzo di cose effímere foste liberati dalla vostra vuota condotta, …ma con il sàngue prezioso di Cristo…che si è manifestato per voi» (1 Pt 1, 18-19). E infine, nel Vangelo, anche le parole del triste discèpolo Clèopa, rivolte allo Sconosciuto viandante che è Gesú stesso risorto, ripètono similmente la stessa certezza riguardo ai fatti successi nei tre anni di vita púbblica di Gesú e sul Calvàrio: «¿Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?» (Lc 24, v.18); alle quali parole ségue la descrizione della grandezza di Gesú fino alla Crocifissione e non oltre. Dai fatti, dunque, e non da vane teorie ha orígine la stòria della Chiesa: fatti che però non dèvono mai dimenticare che tutto rientrava nel disegno di Dio, che giustamente è chiamato PREDESTINAZIONE: un tèrmine che vuol dire che Dio sa tutto prima che succeda; si muove incontro all’umanità prima ancora di averla creata; accetta di morire in Croce per distrúggere con la sua vita divina le òpere del Diàvolo. Chi sa da sempre tutto questo, lo può annunciare anche millennî e sècoli prima che si realizzi, per mezzo delle profezie, la cui chiarezza si può avere solo con la luce della Risurrezione; solo condotti alla comprensione dal Maestro stesso risorto. Scrive san Luca di Gesú risorto «E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24, v.27). Questa catechesi si svolge lungo la strada, a discèpoli tristi, ma non chiusi all’ascolto. Gesú non disdegna di camminare con noi, di starci a fianco a fianco, di entrare nella nostra vita nella sua condizione di divenire, di cambiamento e di mutazione. I due discèpoli diretti ad Emmaus manifèstano pròprio questa condizione sia nella direzione presa (da Gerusalemme scèndono verso casa senza speranza); sia nello stato d’ànimo (sono delusi dai fatti della Passione, ma anche sconvolti e incréduli rispetto alle notízie sulla risurrezione); sia in ciò che fanno nel tempo che passa (cammínano mentre si fa sera e si è già al tramonto). Tutto questo ci dice la nostra pòvera condizione umana, che Gesú conosce, raggiunge, ascolta, ma poi ravviva con la sua parola, con la sua vita. Tutto quello che Egli fa, lo fa con questo preciso intento: ridarci vita attraverso «la fede e la speranza rivolte a Dio» (Cfr 1Pt 1, v.21). Viene ad accèndere nei nostri cuori una fiamma che deve restare sempre accesa: la carità come vita unitiva con ciò che Dio pensa, dice, spera, fa. Chi si unisce già col desidèrio a tutto quello che Dio ci fa capire ed è, mentre cammina con noi, invisibilmente al nostro fianco, non può non pregare che con queste parole: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto» (Lc 24, v.29); Resta con noi, perché nello scόrrere del tempo, vogliamo èssere assistiti dall’Eterno; resta con noi, Gesú, perché quando tu parli entra la luce e il calore nei nostri cuori; resta con noi, Signore, perché la stòria che viviamo non può èssere capita senza che tu ce la spieghi; resta con noi, Signore, perché in una civiltà o società al tramonto, solo tu puoi fare risòrgere tutto: valori, morale, cultura, arte, natalità, dignità, giustízia e pace.
I discèpoli, allo spezzare il pane capíscono che quell’uomo con cui hanno camminato e parlato era Gesú, ma sono preparati a questa comprensione dalle verità che Gesú spiega a partire dalle Sacre Scritture. NON POSSIAMO DUNQUE PENSARE DI POTÉR CONÓSCERE IL RISORTO SOLO ATTRAVERSO I NOSTRI SENTIMENTI E I NOSTRI RICORDI: GESÚ NON È UN SENTIMENTO E NON È UN RICORDO, MA È UNA PERSONA VIVA, che si nasconde dietro chi ci sta accanto; dietro chi ci dice la verità; dietro i predicatori del Vangelo e i catechisti che vívono ciò che annúnciano e inségnano. Anche questo è il messàggio del Vangelo di oggi: il Risorto è vivo nella Chiesa. Di Lui parla autorevolmente chi parte dalla Sacra Scrittura, ne conosce le règole di interpretazione autèntica; e non la tradisce con un comportamento o pensiero in contraddizione con i suoi contenuti. Sant’Agostino, ne La dottrina cristiana, ricorda quanto sia necessària la mediazione umana, per insegnare cose divine. Non perché Dio non possa insegnare a chi vuole, con un solo atto rivelativo, tutto quello che altri con anni di stúdio hanno appreso, ma perché l’umiltà di Colui che si è incarnato, vuole che la Chiesa sàppia accògliere sempre l’única verità rivelata, tanto negli Apòstoli, quanto negli sconosciuti. Soprattutto nessuno presuma che gli basti invocare lo Spírito Santo per capire tutto, anche i versetti piú oscuri della Sacra Scrittura. È supèrbia suggerita dal maledetto Superbo. Dice sant’Agostino, sempre nel proèmio di quest’òpera: «Pensiamo piuttosto all’apòstolo Pàolo. Sebbene abbattuto e istruito da una voce divina proveniente dal cielo, egli fu mandato da un uomo per ricévere i sacramenti ed èssere istruito nella Chiesa. Cosí il centurione Cornèlio. Un àngelo gli annunziò che le sue orazioni erano state esaudite e le sue elemòsine gradite a Dio; tuttavia per èssere catechizzato fu mandato da Pietro, dal quale non solo avrebbe ricevuto i sacramenti, ma anche udito che cosa avesse dovuto crédere, sperare e amare» (Doctr Chr, 6). La catechesi, dunque, è nella Chiesa pràtica importantíssima, come lo è la predicazione che fonda le sue esortazioni sulla Sacra Scrittura. Non possiamo presúmere di non averne bisogno, «lungo la via» che è la nostra vita. Impariamo piuttosto ad amare la verità, sia quando è predicata da ministri di Dio, sia quanto ci è detta da chiunque. Dice, infatti, sempre sant’Agostino nel De doctrina Christiana (parlando di Mosè che accetta un buon consíglio dal suòcero): «Quell’uomo esímio infatti sapeva che, da qualunque persona fosse venuto un consíglio verace, lo si doveva attribuire non a quella persona, ma a Colui che è la Verità, cioè a Dio che non è soggetto a mutazione» (Ibidem 7).

L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana

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