Di fronte a un uomo “maltrattante” e “recidivo”, compito del confessore, prosegue don Gentili, “è far capire che il pentimento, se sincero, deve portare a un cambiamento di vita. Tuttavia questo tipo di uomo è spesso vittima di un passato di violenza”, occorre allora “suscitare anche la consapevolezza dell’obbligo alla cura delle proprie nevrosi”. Per il responsabile dell’Ufficio Cei “è una questione di giustizia: chiunque venga a conoscenza di episodi simili deve assumersi le proprie responsabilità, a maggior ragione un pastore”.
“Pur nella complessità e delicatezza delle dinamiche familiari e di coppia”, aggiunge, “è possibile intervenire con discrezione sostenendo la vittima di violenza con un accompagnamento di tipo affettivo e spirituale. In molte parrocchie ci sono coppie ‘preparate’ ed esperte”, ma quando occorrono competenze psicologiche, legali, mediche di tipo professionale, è bene invitare la donna “a rivolgersi ai consultori familiari di ispirazione cristiana, rete che svolge un servizio molto prezioso sul territorio”. Stop, afferma, all’omertà “di familiari e vicini di casa” perché “se sappiamo e non interveniamo, siamo tutti gravemente corresponsabili”. Come prevenire questa piaga? Con un’educazione ai sentimenti, alle relazioni e al controllo delle emozioni negative che deve iniziare “fin da piccoli in famiglia, a scuola, in parrocchia, nei luoghi del divertimento e dello sport”. (SIR)