Il nuovo libro di Aldo Maria Valli si può riassumere con una semplice proporzione matematica. Come l’“Utopia” di San Tommaso Moro sta all’Inghilterra del XVI secolo, o “Il Padrone del Mondo” di Benson sta all’umanitarismo socialista e massonico del secolo scorso (e anche di quello in corso), così “Come la Chiesa finì” (casa editrice Liberilibri), del vaticanista del TG1, sta alla Chiesa Cattolica di domani.
Attraverso una satira sferzante («all’ironia e al gusto per il paradosso»), un linguaggio semplice e futuristico ma lontano da visioni millenaristiche, Valli “profetizza” il «futuro della Chiesa, una Chiesa che, dimentica del Vangelo e impegnata a inseguire il mondo, nel folle tentativo di rendersi più amichevole e attraente, più dialogante e accogliente, meno arcigna e dottrinale, finisce col tradire se stessa e si consegna nelle mani dei dominatori di turno, tiranni senza volto che aboliscono la libertà innalzando il vessillo dell’amore. Di qui il titolo, Come la Chiesa finì. Ben sapendo però che proprio la fine segnerà un nuovo inizio».
Il testo si apre con una profezia del già Papa Benedetto XVI, quella relativa alla graduale perdita della fede nel mondo occidentale e al conseguente ridimensionamento della Chiesa, che diventerà una sorta “di resto d’Israele”.
L’incipit che utilizza Valli è formidabile.
«Nel Mondo Finalmente Unificato l’umanità vive sotto un regime planetario, guidato da un’entità misteriosa e totalitaria: Coloro che Amano. Le informazioni viaggiano velocissime attraverso la Grande Rete Cosmica, ma non c’è libertà. Il regime controlla tutto. Niente e nessuno può incrinare l’imperturbabilità delle coscienze. Le religioni non esistono più. Al loro posto ce n’è una sola: la Nuova Religione Universale, l’unica riconosciuta e consentita da Coloro che Amano. Tre parole – Unità, Uniformità e Universalità – compongono la cosiddetta Triplice Corona, simbolo dell’Impero. La storia dell’umanità è stata riscritta in modo funzionale alla nuova visione del mondo. Ma ecco che un uomo, che si presenta come il Cantore Cieco, rivela che non tutti si sono uniformati».
Queste poche righe permettono di comprendere come si articolerà il racconto e destano così tanto l’attenzione del lettore che difficilmente si staccherà dal testo prima di averlo completato in un paio d’ore di piacevole lettura.
Nella finzione letteraria il Cantore Cieco è colui che racconta, come unico testimone, le tappe della scomparsa del cattolicesimo.
«Il Cantore Cieco affida a un memoriale il racconto delle vicende che hanno condotto al disastro. Rivolgendosi a un ipotetico lettore, getta nel mare del futuro una bottiglia. Dentro c’è un messaggio che, forse, può dire qualcosa anche a noi».
Risultano godibilissimi i nomi dei documenti pontifici contenuti nel capitolo intitolato “Le tappe verso la dissoluzione” (da Francesco II fino ad arrivare al pontificato di Francesco XXX, l’ultimo papa), con annesso “Elenco dei documenti citati”, così come sono drammaticamente spassosi i testi del “Neosillabo”, il “Superdogma del Dialogo” e il “Vocabolario della Chiesa Accogliente”.
Non anticipiamo altro, ma invitiamo senza dubbio alla lettura del testo, una buona riflessione letteraria sulle reali sciagure dottrinali che possono arrivare dal reale adeguamento della forma, della sostanza e delle istanze della religione cattolica allo “spirito del tempo”.
Per la “cronaca”, a dispetto delle apparenze, la Chiesa non finirà. La Chiesa sopravviverà. La fede non si dissolverà.
Parola di un «non più giovane e ormai minato nel fisico ma […] non nella mente e nel cuore, da anni vivo rinchiuso in un vecchio monastero nelle Isole Solovki».
MATTEO ORLANDO