“La Chiesa è molto preoccupata per il destino del Paese” che rischia di scivolare verso “la dittatura” a causa del “golpe di Stato giudiziario” e la “forte repressione contro ogni forma di manifestazione e dissenso”.
A parlare in una più ampia intervista al Sir è monsignor Diego Padrón Sanchez, arcivescovo di Cumanà e presidente della Conferenza episcopale del Venezuela, commentando gli scontri in corso in questi giorni in tutto il Venezuela, con 5 vittime, decine di feriti e centinaia di persone arrestate. “Tutti coloro che non sono d’accordo con il sistema sono perseguitati, incarcerati, rischiano di morire – racconta da Cumanà -. In poco tempo c’è stata una escalation di violenza, morti e feriti, dovuta al governo: invece di cercare di aprirsi ed ascoltare il popolo assume una posizione molto dura pur di restare al potere”. “Stiamo accompagnando le vittime – dice -. Ieri ho incontrato i gruppi per i diritti umani: hanno molta paura perché sono considerati dal governo come terroristi, ci hanno chiesto consigli e aiuti”.
Oltre ai “colectivos”, i gruppi armati filo-governativi, “per intimorire chi manifesta sono stati dislocati cecchini sugli edifici pubblici – riferisce -. È una immagine estremamente negativa, incute molta paura e indica chiaramente l’atteggiamento del governo”. L’arcivescovo è convinto che il governo abbia “i mezzi per mantenersi al potere per molto tempo” e “non ha intenzione di aprire la strada elettorale. Però ogni giorno aumenta la consapevolezza e la partecipazione della popolazione. La società civile sta prendendo delle contromisure e si sta organizzando per partecipare più attivamente”.
A suo avviso la strada è “la pressione internazionale su un governo che si è trasformato in una dittatura e l’appoggio al popolo, in modo che la pressione esterna sia in sintonia con la resistenza e l’atteggiamento interno di rifiuto di queste modalità di governo”. Il presidente della Conferenza episcopale dice che il Papa e la Santa Sede “sono costantemente informati” e “preoccupati”: ma “in questo momento non ci sono le condizioni per aprire un nuovo tavolo di dialogo come è stato tentato lo scorso anno”. (SIR)