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di Padre Giuseppe Agnello

In senso adottivo la parola “fíglio di Dio” la si trova prima di Gesú e dopo la nàscita di Gesú: figlî di Dio èrano detti nell’Antico Testamento gli àngeli, i componenti del pòpolo scelto da Dio, i re di Israele; e nel Nuovo Testamento sono detti figlî di Dio tutti i rinati nel battésimo. Ma questo títolo appartiene a Cristo in un modo totalmente diverso e pròprio. Dice il Catechismo al n. 454: «Il nome “Fíglio di Dio” índica la relazione única ed eterna di Gesú Cristo con Dio suo Padre: egli è il Fíglio unigènito del Padre e Dio egli stesso. Per èssere Cristiani si deve crédere che Gesú Cristo è il Fíglio di Dio» in questo preciso significato. La sua figliolanza è eterna, non comíncia in un determinato momento e non finirà mai; contrariamente a tutte le altre figliolanze di coloro che non sono Dio. Il Fíglio è Fíglio dall’eternità; gli àngeli sono stati figlî a partire dalla creazione; e quando un terzo di loro si è ribellato a Dio, con questa ribellione ha smesso di èssere “fíglio di Dio”. Anche noi cominciamo ad èssere figlî di Dio con il battésimo, ma la nostra relazione con Dio non può dirsi “única ed eterna” o di “unigèniti”. Oggi, pertanto, approfondiamo questa differenza fondamentale, comprendendo che Gesú si è umiliato, ma resta Vero Dio. E solo chi si umília resta fíglio di Dio.
Nelle Doméniche che si susséguono in questo tempo, vediamo progressivamente come il Fíglio di Dio si è manifestato nel mondo, in maniera progressiva e sempre piú chiara, perché nessuno potesse dire “Non è colui che dice di èssere”. Il giorno di Natale gli àngeli hanno testimoniato presso i pastori la sua nàscita straordinària e i pastori hanno testimoniato l’annúncio angèlico e le visioni collettive dei cori celesti in festa, perché è Lui che dà glòria a Dio Padre piú di tutti. Maria e Giuseppe il primo giorno dell’anno, sono stati a loro volta testimoni, che hanno confermato i racconti dei pastori con le verità di fede di cui èrano custodi; per l’Epifania, la stella che guida i magi e le Sacre Scritture, scrutate dagli scribi nel palazzo di Erode, hanno testimoniato che il Messia è nato ed è nato a Betlemme; questa Doménica a testimoniare chi è Gesú ci pènsano Giovanni Battista; Dio Padre, di cui tutti i presenti sèntono la voce; e lo Spírito Santo che tutti vèdono scèndere su di lui in forma di colomba. Doménica pròssima Gesú stesso, con l’acqua tramutata in vino a Cana di Galilea, testimonierà Sé Stesso come vino nuovo che purífica tutti e dà la vera giòia a tutti. Anche in questo si nota il compimento di tutte le Scritture! Gesú è sempre compimento di tutte le Scritture, in tutto quello che fa e in tutto quello che lo riguarda; e la sua Epifania (cioè “manifestazione” nella carne e nella visibilità che adesso ha, gràzie all’Incarnazione) è sempre una teofania: cioè Gesú manifesta di èssere Dio; e che Lui è Dio lo dícono diversi testimoni.
Nel presèpio pure il bue e l’asinello lo riconóscono Signore, anche se agli occhî di tutti è un bambino. Lo dice otto sècoli prima il profeta Isaia: «Il bue conosce il suo proprietàrio e l’àsino la grèppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio pòpolo non comprende» (Is 1, v.3). Ma verrebbe da dire: ¿perché con tutti questi testimoni sull’identità di Gesú, non si crede ancora che Egli sia vero Dio e vero Uomo? Nel giorno del suo battésimo addirittura i testimoni sono Giovanni Battista, che dice: «Non sono degno di slegarti i sàndali» (Cfr Lc 3, v.16); Dio Padre che, udito da tutto il pòpolo venuto a farsi battezzare, dice: «Tu sei il Fíglio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Lc 3, v.22); e lo Spírito Santo visto da tutti sotto forma di colomba che si posa sopra di lui. Testimoni piú che qualificati, per cominciare la sua vita púbblica e predicazione. E piú di due o tre, come voleva la Legge. Infatti la testimonianza di uno è la testimonianza di nessuno, per gli Ebrei e per la Sacra Scrittura (Cfr Nm 35, v.30; Mt 18, v.16; 2 Cor 13, v.1; Eb 10, v.38). Perché uno solo può anche mentire o èssersi ingannato, ma da due in sú le cose càmbiano; e càmbiano ancora di piú se a testimoniare sono tutti, persino le pietre. Quindi è molto importante chi dà testimonianza dei fatti. Tutti dànno testimonianza che Gesú è il Messia, è il Fíglio di Dio, è Dio; ma ci sono gli incréduli. E chi sono? Solo i superbi. A qualsíasi ceto sociale appartèngono, a qualsíasi pòpolo appartèngono, solo i superbi rèstano esclusi dal capire e dall’accógliere. Gesú è úmile e con ogni suo gesto vuole condurre all’umiltà. Il giorno del battésimo esalta Giovanni Battista e umília sé stesso; pur non avendo bisogno di perdono dei peccati fa la fila per farsi battezzare come un qualsíasi peccatore; viene a portare il battésimo che rigènera, ma intanto si fa amministrare quello che prepara al vero battésimo. Insomma, la lezione di Dio al Giordano è questa: Mio Fíglio è solo Lui, l’eternamente amato! Solo in Lui e nella sua umiltà imitata e incarnata, io posso compiacermi e ritrovare tanti figlî adottivi. Il battésimo di Gesú dunque ci innesta tutti in questa umanità rinnovata dall’umiltà di Dio, la quale, se non resta úmile, perde Dio. Ricordiàmoci che anche il giorno della Trasfigurazione c’èrano tre testimoni vivi (Pietro, Giàcomo e Giovanni), due defunti (Mosè ed Elia) e Dio Padre con lo Spírito Santo. Insomma tutti! E quando dico che anche le pietre ci dícono che Gesú è colui che dice di èssere, non lo dico per usare io immàgini nuove al Vangelo, ma perché è Gesú che lo dice ai farisei che al suo ingresso a Gerusalemme, Doménica delle Palme, gli díssero: «“Maestro, rimpròvera i tuoi discèpoli”. Ma egli rispose: “Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre”» (Lc 19, 39-40).  Ecco il finale adatto a questa nostra riflessione sul battésimo. Noi siamo stati inseriti nella vita divina di Gesú (Come ci dice il Vangelo della vite e dei tralcî), per mezzo del battésimo cristiano, che è morte al peccato e mortificazione dell’uomo, se vogliamo che sia esaltato Dio e risorga una nuova umanità (ricordate che cosa vi ho detto dell’incenso il giorno dell’Epifania!); ma questa figliolanza finisce presto, se di Gesú disprezziamo e non imitiamo l’umiltà: solo i demonî pòssono èssere superbi!; a noi non è lècito contraddire Cristo. Pertanto, se per supèrbia, ci vergogniamo di quello che il catechismo ci ha sempre insegnato, saranno le pietre a gridare che Gesú è il Dio incarnato, degno di èssere amato sopra ogni cosa, e degno di èssere imitato nell’umiltà.
A quanti però non vògliono stare dalla parte di Dio, né degli úmili né delle pietre, ma coi superbi che dícono che Dio non esiste, che Gesú non è Dio, e che la vita è frutto dell’evoluzione di un brodo primordiale, dice il Fíglio unigènito di Dio: «Chi mi rinnegherà davanti agli uòmini sarà rinnegato davanti agli àngeli di Dio» (Lc 12, v.9). Finisce cosí la figliolanza, dove manca l’umiltà del battésimo.

Battésimo di Gesú,
anno C,
12 Gennàio 2025
Is 40,1-5.9-11; Sal 103; Tt 2,11-14;3,4-7; Lc 3,15-16.21-22

*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana

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