Come reagirebbe il compositore Nino Rota (1911-1979) — che per qualcuno vuol soprattutto dire le colonna sonore composte per Fellini, Monicelli, Visconti, Zeffirelli e Coppola — se ricevesse un biglietto d’auguri raccapricciante come quello appena inviato dalla ONG dei francescani, Franciscans International, in cui, sotto il titolo di Visitatio Mariæ, la Pachamama spunta al posto di santa Elisabetta?
Nel Natale del 1970 sono tre mesi da quando, il 24 Settembre di quell’anno, ha diretto «un po’ impacciato perché di fare il direttore non aveva mai avuto il tempo, ma con autorità assoluta» (P. Isotta in Libero del 25 Aprile 2019), la prima rappresentazione nella Basilica di San Pietro in Perugia, durante la XXV Sagra Musicale Umbra, del suo oratorio La vita di Maria, per soli, coro e orchestra a cui ha dedicato due anni di lavoro.
Come Stravinsky, da tempo attratto dall’idea di comporre un «balletto liturgico» (A. Schönberg, Osservazioni su Stravinsky in Stile e pensiero, a cura di A. M. Morazzoni, Il Saggiatore, Milano2008, p. 575), Rota aveva vagheggiato da molti anni di mettere in musica i primi capitoli del Vangelo secondo Luca, in cui la Chiesa contempla e celebra Maria, che concepì il Verbo incarnato per opera dello Spirito Santo. «La vita di Maria— dice egli stesso — è il mio lavoro più recente. Iniziato nell’autunno del 1968, esso attua e integra un’idea che risale a molti anni addietro: quella di musicare i primi capitoli del Vangelo di S. Luca che raccontano l’infanzia di Gesù. La spinta a intraprendere l’opera mi fu un suggerimento di Beppe Menegatti, il quale auspicava la realizzazione di una rappresentazione coreografica sulla vita della Madonna. Tale suggerimento fece rinascere in me sotto una forma nuova l’antica e ambita idea, convergendola nella immagine di Maria e consentendomi di raffigurarla nella sua interezza e diversità. Non vi era dubbio però, da parte mia, che l’opera, se pure attuata coreograficamente, avrebbe dovuto assumere una struttura musicale non solo sinfonica ma anche vocale, condotta su testi autentici e particolarmente significanti» (Note dell’Autore inserite nel programma di sala della prima esecuzione de La Vita di Maria, XXV Sagra Musicale Umbra, Settembre 1970).
Ne è venuto fuori un grande polittico di sedici episodi,circa novanta minuti di musica, che illustra quasi tutti i fatti della vita di Maria tramandati dalla più antica tradizione e confermati dall’iconografia latina e greca: Prologo, La natività di Maria, Maria nel tempio, Lo sposalizio, L’annunciazione, La visitazione, Il sogno di Giuseppe, Il natale, I pastori, Il presepio, I re magi, La fuga in Egitto, La strage degli innocenti, Interludio, Le nozze di Cana, La passione, Il transito e l’assunzione.
I personaggi sono: il Narratore, tenore, che coincide con lo storico degli oratori; l’Angelo, tenore; Maria, soprano; Anna ed Elisabetta, contralti; Gioacchino, Zaccaria e Gesù, bassi; un coro di bambini; e un coro misto, che, oltre a rappresentare qualche personaggio (la voce di Dio, i sacerdoti, i pastori, i soldati di Erode, i convitati di Cana, gli Apostoli, ecc.), ha una parte preminentemente lirica e spessolega un episodio all’altro.
Ne La vita di Maria possiamo ascoltare forse alcune delle più belle melodie che il musicista abbia scritto: «Ave, o piena di grazia» e «Io son l’ancella del Signore», intonate rispettivamente dall’angelo e da Maria nell’episodio dell’annunciazione; «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore», cantata da Maria in dialogo con il coro, nel quadro della visitazione; Binus potus mirum bonum, eseguita dal coro alla fine delle nozze di Cana.
La sesta delle sedici «stazioni» lungo le quali si svolge la rappresentazione sacra è dedicata alla visitazione. Tuttavia, il secondo mistero gaudioso qui rappresentato non è quello contaminato dall’idolatria blasfema della Pachamama o un affare tutto immanente di «due donne, entrambe in attesa di un bambino, [che] si incontrano con attenzione e sensibilità» (come recita il messaggio augurale, in inglese) o un semplice incontro tra due culture. Il libretto di Vinci Verginelli è istruito dal Vangelo di san Luca, in cui Maria dopo l’annunciazione andò ad Ain-Karim, nella casa di Zaccaria, a trovare Elisabetta, sua parente. Elisabetta, non una semplice donna incinta, era stata chiamata ad esserela madre di Giovanni il Battista, l’ultimo profeta dell’antica alleanza e l’immediato precursore del Messia. Ecco che in quella casa, sotto un certo aspetto,s’incontrano due figli, non soltanto due madri. È quello che esprime chiaramente il saluto di Elisabetta a Maria, nel quale anche Giovanni si rivolge Gesù: «A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo» (Lc 1, 43-44).
Grazie al cielo, non il testo confuso e l’immagine orrenda del messaggio d’auguri di Franciscans International,ma la parola biblica si è fatta musica; un «artista autentico» (come Dallapiccola definiva Rota) ne ha fatto un oratorio assolutamente sincero e trasparente, dal respiro lirico molto ampio.
Se ci rattristano improvvide «contaminazioni», ci consola la musica di Nino Rota.
Massimo Scapin