“Giorno di festa? Renzi ha inteso provocare i cattolici e forse mortificarli”. Lo dice Monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, a due passi da Palermo, commentando le modalità di approvazione alla Camera della Cirinnà.
Eccellenza Pennisi, il Presidente del Consiglio ha parlato di giorno di festa…
” La ritengo una specie di provocazione, non saprei altrimenti come valutarla. E’ una provocazione per i cattolici che probabilmente ha voluto umiliare o mortificare con una inutile e dannosa prova di forza. Renzi ha scelto la via del qui comando “.
Che cosa pensa delle modalità adottate per approvare la Cirinnà, il ricorso alla fiducia?
” Una via fuor di ogni logica democratica e probabilmente autoritaria, io sono seriamente preoccupato non solo per questa legge, ma per una specie di andazzo poco incline al dialogo democratico. Siamo al cospetto di una deriva autoritaria che emargina il significato del Parlamento. Mettere la fiducia su un provvedimento che concerne seri e gravi problemi di coscienza significa annullare il dibattito franco e pertanto lo spirito di sana democrazia, ma dico di più”.
Che cosa?
” Il metodo scelto dal governo che ormai legifera a colpi di fiducia senza che nessuno osi dire nulla, è autoritaria e non rispetta affatto la vita democratica della nazione, ricorda da vicino il regime fascista, quel modo di comportarsi che rendeva inutile il Parlamento. Il paradosso è che una legge che asseconda una visione libertaria della vita, è stata approvata con un metodo contrario alla libertà. Mi piace aggiungere che ormai da tempo nelle scelte fondamentali gli italiani non vanno al voto “.
Nel merito, della legge Cirinnà, che cosa pensa?
” E’ tutto l’ impianto della legge che non regge ed è sbagliato, a dir poco sconcertante. Si tratta di un provvedimento di basso profilo e probabilmente viziato da incostituzionalità, visto che nella sostanza equipara le unioni omosessuali alla famiglia come indicata dalla Costituzione. Penso, inoltre, che le adozioni uscite dalla porta, entreranno dalla finestra”.
Bruno Volpe