Gianfranco Stella , nato nel 1946, è un saggista cattolico che si occupa di storia contemporanea e, precisamente, delle vicende più o meno esaltanti del post-liberazione. Nelle sue pubblicazioni, iniziate nel 1990, il filo conduttore comune è la strategia rivoluzionaria seguita dai partigiani delle brigate Garibaldi. Il suo libro più discusso che determinò la denuncia da parte dei vertici nazionali dell’ANPI ( Ettore Gallo, Arrigo Boldrini, ecc.) , racconta la strage di Codevigo, compiuta dai partigiani della 28° brigata comandata da Bulow (A.Boldrini),nel maggio 1945. La messe di nomi e di fatti precisi che hanno caratterizzato questo libro hanno portato Gianfranco Stella sul banco degli imputati per i reati di diffamazione (dei partigiani) e vilipendio (alle forze amate). Si trattò d’un processo che nessun tribunale voleva affrontare: da Ravenna a Forli, quindi a Rimini ove il libro era stato stampato. Fu la cassazione a definirne la competenza e a Rimini si celebrò il processo alle soglie della prescrizione. La sentenza fu di doppia assoluzione per avere applicato i giudici l’esimente dell’opera scientifica. L’appello confermò la sentenza. La causa civile che nel frattempo era stata intentata fu ritirata.
La strage di Codevigo si può definire sul piano storico il primo atto di accusa contro le disposizioni del comando generale delle brigate Garibaldi che prevedevano per i prigionieri arresisi l’immediata soppressione. E anche la sentenza costituì il primo caso di giurisprudenza in cui un autore veniva assolto quantunque avesse accusato di assassinio in fatti specifici determinate persone.
A questa pubblicazione seguì L’Eccidio dei conti Manzoni: ricostruzione non propriamente storica, basata tuttavia sugli atti processuali di uno dei più eclatanti episodi di criminalità partigiana.
Gianfranco Stella ha dato poi alle stampe Rifugiati a Praga, il primo saggio su un argomento quasi sconosciuto: l’espatrio in Cecoslovacchia di partigiani comunisti ricercati dalle procure d’Italia. Per scriverlo, considerate le reticenti testimonianze e le scarsissime notizie sull’argomento, l’autore riuscì ad avere colloqui con alcuni ex partigiani che erano rientrati in Italia grazie alle ultime amnistie. Riuscì comunque ad ascoltare gli ex partigiani della Bassa bolognese che massacrarono i sette fratelli Govoni.
Altre sue opere sono Il caso Marino Pascoli (partigiano repubblicano ucciso dai comunisti nel’48), Partigiani anonimi e persone scomparse, I lunghi mesi del ’45 e Crimini partigiani.
Le ragioni per cui Gianfranco Stella ha voluto dedicare gran parte della sua attività intellettuale alle vicende del dopo liberazione , risalgono alla convinzione, oggi sempre più diffusa, che il movimento partigiano fu un mito e non altro, e che la verità storica mal s’addiceva alla trionfalistica vulgata resistenziale.
Ed è quello che dimostra nel suo ultimo libro, “Compagno Mitra – Saggio storico sulle atrocità partigiane”, che l’autore sta presentando in giro per l’Italia, presentazioni che sono attese ma, allo stesso tempo, osteggiate dai militanti di sinistra e dagli anarchici.
Con la vittoria angloamericana la fazione stalinista mise in atto una serie di eccidi che continuarono per oltre un anno dalla conclusione delle ostilità. “Dal dopoguerra ad oggi il Partito Comunista ed i suoi eredi hanno sempre cercato di impedire la memoria e la storia delle violenze dei partigiani stalinisti, nonostante la grande importanza che invece veniva e viene posta nella celebrazione dei crimini nazifascisti. Il potere comunista non riuscì mai, però, a tacitare quello che divenne un vero e proprio dissenso al tentativo di nascondere i crimini stalinisti”, ha spiegato il Centro Studi Italia. In particolare, nel reggiano, il primo a denunciare questi crimini fu un partigiano cattolico, Giorgio Morelli, al quale i sicari comunisti spararono. Ma altri seguirono, anche se spesso isolati, come Don Pignagnoli, a tanti altri Reggiani, parenti delle vittime, esponenti della destra reggiana anticomunista certamente, ma anche cattolici liberali e socialisti, che impedirono che vincesse l’ordine del silenzio.
Con il libro di Gianfranco Stella cade l’ultimo tabù: i nomi e cognomi dei partigiani comunisti e stalinisti che avevano compiuto le stragi. Il potere comunista aveva difeso questo anonimato in ogni modo e con ogni scusa: la più nota giustificazione era che si trattasse di “schegge impazzite”, combattenti sfuggiti al controllo dei comandi della guerriglia comunista. “Non era vero, ma viene ripetuto anche in questi giorni da chi ancora difende acriticamente queste formazioni staliniste”.