Mentre per le autovetture, dopo i primi quattro anni, è prevista una revisione obbligatoria ogni due anni, sembra proprio che della legge 194, dopo quarant’anni dalla sua approvazione, sia vietato parlare. Guai a chi osa sostenere, dati alla mano, che questa legge è non solo la versione moderna della rupe Tarpea, ma che è anche del tutto inapplicata nella parte in cui “riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio” (art.1) e prescrive di contribuire “a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza” (art.2), come pure e “di esaminare con la donna e con il padre del concepito …. le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza” (art.5).
A Verona è stata presentata una mozione, sottoscritta da 12 consiglieri comunali, fra i quali lo stesso sindaco di Verona, Federico Sboarina, per approfondire i punti critici di questa legge e impegnare l’Amministrazione comunale su alcuni progetti concreti di prevenzione dell’aborto e di sostegno della maternità, soprattutto ora che l’Italia sta attraversando una forte crisi demografica (ogni anno perdiamo una popolazione di circa 200.000 nuovi cittadini), mentre con la legge 194 abbiamo ucciso circa 6 milioni di bambini, senza contare le “uccisioni nascoste”, prodotte dalla fecondazione artificiale, dalla famigerata RU486 e dalle altre pillole del giorno dopo e dei cinque giorni dopo, cui la letteratura scientifica attribuisce un potenziale abortivo.
Ed ecco i punti critici evidenziati, sui quali c’è scarsa attenzione per non dire censura:
– la legge 194 si proponeva di contrastare l’aborto clandestino, ma ha fallito completamente, visto che lo stesso Ministero della Salute continua a stimare il numero degli aborti clandestini intorno ai 20.000 casi all’anno
– la legge 194 afferma che l’aborto non dovrebbe diventare uno strumento di controllo delle nascite (art.1), ma di fatto lo favorisce, diffondendo una cultura dell’irresponsabilità
– La legge 194 afferma che dobbiamo aiutare la donna a rimuovere le cause che l’inducono ad abortire (art.2), ma si fa molto poco per informarle sulle possibili alternative promosse dal volontariato sociale (adozione in anonimato, aiuti economici, assistenza psicologica, ricerca di un lavoro, ecc.); è noto infatti che talvolta basta un piccolo aiuto economico, la vicinanza di un’amica o la possibilità di un lavoro, per restituire a una donna in difficoltà la serenità necessaria per accogliere il suo bambino
– la legge 194 voleva impedire il ricorso all’aborto dopo i primi 90 giorni, tranne che nel caso di “serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna” (art.4), ma nel periodo 1990-2010, gli aborti oltre la 12a settimana sono cresciuti del 182%
– la legge 194 ha promosso una cultura della sessualità sganciata dalla responsabilità e dall’impegno matrimoniale, che è una delle cause del declino demografico. Ciò è dimostrato anche dalla crescita del numero di aborti tra le minorenni: + del 45,2% dal 1992 al 2010
– non vengono pubblicizzati, anzi vengono adeguatamente censurati, i dati scientifici relativi alle conseguenze sulla salute fisica e psichica della donna, causate dall’aborto chirurgico e farmacologico: infertilità, gravidanze ectopiche, dolori addominali cronici, emorragie, cancro al seno, eccetera, come documentano varie ricerche scientifiche
– un uso distorto della diagnosi prenatale spinge la donna ad abortire per vere o presunte malformazioni del feto; in realtà molte malformazioni possono essere curate anche in utero, ma per ignoranza o paura di rivalsa, la donna viene abbandonata a se stessa e indotta ad abortire, anziché venire indirizzata a quei centri medici d’eccellenza, che possono aiutarla a gestire una maternità difficile e a recuperare la felicità di un figlio
– l’obiezione di coscienza all’aborto è molto alta in Italia (circa il 70%), a prescindere dalla visione antropologica degli operatori, a conferma del fatto che tutti comprendono – a maggior ragione gli operatori sanitari – che stanno per uccidere un bambino. L’obiezione di coscienza è garantita dall’art.9 della legge 194 e non ostacola in alcun modo l’accesso all’aborto; ciò nonostante è oggetto di forti pressioni da parte di gruppi ideologizzati.
La mozione si conclude proponendo l’adesione del Comune di Verona al progetto Gemma, la diffusione del progetto regionale Culla segreta e la proclamazione di Verona “Città a favore della vita”, come per altro prevede l’art. 2 dello Statuto comunale.
Il consigliere Anna Grassi, ricordando la recente modifica della legge regionale sui servizi funerari, che prevede l’obbligo di una degna sepoltura dei “bambini non nati” (quelli con meno di 28 settimane di gestazione), chiede che venga assegnato un apposito spazio per la sepoltura di questi bambini nel Cimitero monumentale di Verona, vicino al monumento loro dedicato, ivi collocato nella 34° Giornata nazionale per la Vita (anno 2012).
La mozione è stata firmata dai seguenti consiglieri: Alberto Zelger – Andrea Bacciga – Paola Bressan – Vito Comencini – Daniela Drudi – Leonardo Ferrari – Anna Grassi – Thomas Laperna – Ciro Maschio – Rosario Russo – Federico Sboarina – Roberto Simeoni
Il consigliere Zelger, primo firmatario della mozione, ha quindi proposto l’introduzione di uno specifico documento per il consenso informato in caso di aborto, che riporti tutte le informazioni evidenziate nella mozione e preveda un’ecografia pelvica, per mostrare alla donna lo stato di sviluppo del suo bambino ed ascoltarne il battito cardiaco quando presente.