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Pangrazzi“Eutanasia, inaccettabile fuga e scorciatoia dalla responsabilità. In atto la cultura della morte.” Lo dice in questa intervista a La Fede Quotidiana don Arnaldo Pangrazzi, sacerdote Camilliano, uno dei massimi ed autorevoli esperti di pastorale sanitaria, ex presidente Aipas e membro per la Cei della Pastorale Sanitaria, in tema di eutanasia e sulla nuova proposta di legge calendarizzata alla Camera dei Deputati che riguarda il testamento biologico.

Don Arnaldo, la porposta di lege sul testamento biologico è contestata da ambienti cattolici, che cosa ne pensa?

” Dovei sicuramente studiare meglio questa proposta , ma posso tranquillamente parlare per vie generali”.

Bene, avanti…

” Se ci fermassimo solo ed esclusivamente al testamento biologico come rettamente inteso, cioè la volontà del soggetto, non sarei del tutto contrario. E Non è insensato che prima di perdere la lucidità il soggetto posso dare indicazioni , come del resto va respinto ogni accanimento terapeutico quando la sorte del paziente ormai è segnata e non ci sta nulla da fare. Voglio dire che bisogna evitare, in tema di terapie compassionevoli, ogni strategia che sia sproprzionata. Però, da qui a fare entrare, come pare, in modo indiretto o malizioso la eutanasia, ne corre e questo rischio esiste”.

Perchè?

” Perchè generalmente oggi esiste e domina, è in atto, la cultura della morte. In questo senso, aborto ed eutanasia sono strettamente collegati. La vita, ricordiamolo, è un dono di Dio e nessuno ha la facoltà di disporne a suo piacimento. Essa è sacra dal momento del concepimento sino alla fine naturale. Con questa indulgenza alla idea della dolce morte, in realtà, si attiva una deplorevole fuga dalla responsabilità e si scelgono scorciatoie, vie ritenute facili. Nessuno è libero di rifiutare la vita”.

Che timore ha su questa legge?

” Fatta la prenmessa che devo studiarla, la sensazione è che davvero possa fare entrare nel nostro ordinamento una eutanasia  mascherata da finta compassione nell’ ambito di una ideologia che ormai sposa la  cultura della morte su quella della vita, che ci porta persino a dire di no a vite nascenti quando ci si accorge che sono malate o malformate. Così cadiamo nella eugenetica.  L’ eutanasia, alla pari dell’ aborto, è una risposta  egoista e cattiva, come lo è il negare al malato terminale la idratazione o la alimentazione. Questo è inaccettabile. Tutto ciò nasce da una mentalità che vede nel malato quasi una zavorra o un peso, peggio ancora un ostacolo che complica la vita. E’ la cultura dello scarto, della quale parla il Papa”.

Bruno Volpe

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