di Eugenio Capozzi
La cosa più interessante nella tendenza woke/cancel culture a pubblicare versioni purgate, censurate, eufemistiche della letteratura del passato sta nel fatto che tutto questo era stato già ampiamente previsto e satireggiato con largo anticipo decenni fa.
Nel 1994 l’umorista statunitense James Finn Garner pubblicò il libro “Politically correct bedtime stories” (favole politicamente corrette) in cui trasformava, con esiti ovviamente grotteschi, titoli, trame e personaggi delle fiabe per bambini più celebri ispirandosi alla fisime allora già evidenti dell’ideologia ossessionata dalla lotta alle discriminazioni, dall’ambientalismo e dalla promozione della “diversità”.
E così in Cappuccetto Rosso il lupo è buono e il cacciatore cattivo, Biancaneve incontra non siete nani ma “le sette persone verticalmente svantaggiate”, e così via.
Tutto rappresentato in anticipo, come sommergibili e astronavi nei romanzi di Jules Verne. La differenza con il contesto presente è che allora questo scenario era evocato per riderci sopra, per esagerare e fare una rappresentazione caricaturale, e nessuno pensava davvero che trent’anni dopo sarebbe diventato letteralmente realtà, che qualcuno avrebbe seriamente sostenuto e teorizzato una tale deriva, e che non ci sarebbe stato nulla da ridere, bensì tutto da piangere amaramente.