Riportiamo la riflessione di don Antonio Baracchini, Parroco di San Bernardo delle Cascine, Santa Vittoria di Libiola e San Giacomo di Loto, dopo la sua partecipazione all’incontro di formazione dei catechisti della diocesi di Chiavari tenutosi a Casa Marchesani recentemente.
“Questa sera ho la certezza che si deve veramente trovare un altro modo di esprimersi dato che oramai non ci si capisce neanche più tra confratelli. Non credo di esagerare nell’individuare la radice di questa incomprensione nel fatto che ormai nella stessa Chiesa non si condivide più la stessa fede, la stessa speranza e la stessa carità. (Lo dico con l’umiltà di chi non si considera tra i puri di fede, speranza e carità). Certo che quando si riuniscono i catechisti per formarli i e gli si dice che bisogna trovare un linguaggio nuovo per parlare ai giovani di oggi che vivono in un contesto non più cristiano e, come esempio, si porta la ‘favola’ del peccato originale che non può più essere creduta in un mondo che va su Marte, clona le scimmie e tra poco gli esseri umani… faccio fatica a comprendere l’utilità di tali incontri. Se è una favola obsoleta che ce la spieghino e ci dicano come presentarla oppure come cambiarla perché possa essere compresa. Purtroppo invece credo che il relatore di questa sera abbia una comprensione diversa di quella ‘favola’ rispetto a quella che a me hanno insegnato ossia che all’origine del male nel mondo sta un fatto storico di cui qualcuno ha la responsabilità. Da qui la ferita che colpisce gli uomini in tutte le loro facoltà e la creazione tutta. Se però questa lettura e spiegazione dell’origine del male non è più accettata, si abbia il coraggio di dirlo apertis verbis e di proporre una visione che esprima la visione del male possibilmente in accordo con la tradizione e la fede della Chiesa. Solo così si possono aiutare i catechisti a trasmettere il tesoro della fede. Diversamente, come a mio giudizio si è fatto questa sera, si promuove solo confusione che alla fine degenera in indifferenza. La cosa che mi ha colpito è che il relatore alla fine ha fatto rientrare dalla finestra quello che all’inizio ha fatto uscire dalla porta. Così, per rimanere nell’esempio che ho fatto, ha parlato di senso della responsabilità e della colpa che bisogna far recuperare ai propri ‘cuccioli di uomo’. Quale miglior modo, dico io, di educare al senso della colpa e della responsabilità che quello di riproporre la ‘favola’ di Adamo ed Eva non come favola, ma come narrazione di qualcosa che realmente, sebbene non in quelle modalità, è accaduto? Se c’è un altro modo, ripeto, lo dicano. In altre parole mi sono rotto di gente che critica un passato senza comprenderlo neanche a persone che neanche lo conoscono per suggerire ricerche di nuove modalità di linguaggio che non si sa più che cosa devono dire e quando lo dicono, suggeriscono altro di ciò che la Chiesa ha sempre creduto. L’esempio dell’espressione ‘cuccioli di uomo’ così spesso utilizzata dal relatore questa sera, invece che bambini, dice molto di più e anche meglio di come ho detto il senso del mio discorso”.