Intervenendo alla trentasettesima Sessione del Consiglio per i diritti umani, l’arcivescovo Ivan Jurkovič, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu a Ginevra ha denunciato con forza le violazioni della libertà religiosa nel mondo di oggi. Molti Stati “adottano un atteggiamento di rifiuto nei confronti della libertà religiosa, di emarginazione e talvolta di aperta persecuzione delle minoranze”.
Alcune leggi o politiche “discriminano le minoranze religiose e limitano la libertà di religione e di credo (come le cosiddette leggi sulla blasfemia o anti-conversione)”. Altri Stati non proteggono i loro cittadini appartenenti a minoranze religiose quando sono obiettivo di violenze oppure “ostacolando l’accesso alla giustizia o non garantendo processi equi”.
D’altra parte, spiega monsignor Jurkovič, in quegli Stati che promuovono “una ideologia secolarista radicale che nega i sentimenti religiosi dei loro cittadini” si verificano “forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e opposizione verso i credenti e i simboli religiosi”, specialmente nell’educazione dei giovani e riguardo l’obiezione di coscienza”.
Monsignor Jurkovič ribadisce che “una società basata sul rispetto della libertà di religione e di credo è più forte, non più debole. Rispettare le convinzioni più profonde dei membri di una data società è, infatti, il prerequisito su cui può essere costruita un’autentica cultura dei diritti umani”. Ogni società, “in quanto espressione della persona e dell’insieme delle sue dimensioni costitutive, deve vivere ed organizzarsi in modo da favorirne l’apertura alla trascendenza. Proprio per questo, le leggi e le istituzioni di una società non possono essere configurate ignorando la dimensione religiosa dei cittadini”.
“Sfortunatamente – ha sottolineato il rappresentante vaticano – questo atteggiamento riduttivo è a volte percepito anche in alcuni ambienti di agenzie e organizzazioni internazionali, quando ideologie e nozioni controverse che non sono in linea con gli strumenti internazionali” e con “i sentimenti della maggior parte dell’umanità vengono promosse o persino imposte”.
Ci può essere “il rischio – per certi versi paradossali – che, in nome degli stessi diritti umani, si trova ad instaurare moderne forme di colonizzazione ideologica dei più forti e dei più ricchi a danno dei più poveri e dei più deboli”. Una tale posizione, tutt’altro che rara “non può che indebolire queste istituzioni, portando a uno stato di irrilevanza del sistema multilaterale dei diritti umani, che è già frequentemente criticato”.
Mons. Jurkovič ha ribadito con forza che “la dimensione religiosa non è una sottocultura; è parte della cultura di ogni popolo e di ogni nazione”. Trascurare l’importanza delle religioni o “negare o limitare in maniera arbitraria” la libertà religiosa, significa coltivare una visione riduttiva della persona umana” e in ultima analisi “significa rendere impossibile una pace autentica e duratura di tutta la famiglia umana”.