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“Chi è mafioso non può essere cristiano, non può essere cattolico, non può essere un uomo che è nella Chiesa: è fuori dalla Chiesa. Questa è l’ennesima affermazione chiara che evidenzia come la Chiesa sia contro chiunque si muova con il metodo dell’arroganza, della prepotenza, del controllo del territorio, contrario cioè alle leggi di Dio. Queste sue affermazioni poi si muovono non solo verso l’esterno, quindi verso tutto ciò che è mafia, ma anche all’interno: non ci devono essere più processioni nelle quali si fanno inchini alla Madonna, laddove nella processione ci sono uomini di mafia e laddove tutto questo avviene per legittimare la mafia. Bisogna muoversi come faceva don Pino Puglisi, non mostrandosi all’esterno per apparire quanto, piuttosto, lavorare in silenzio per essere vicino al popolo. Sono degli insegnamenti straordinari, delle prese di posizione ferme che inviteranno tanti sacerdoti – che fino ad un certo momento hanno in qualche modo legittimato i mafiosi in prima fila nelle chiese – ad allontanarsi da atteggiamenti di questo tipo. Devo dire che in Calabria – ma anche altrove – nelle chiese oramai non si ricevono i donativi che provengono dalle mafie. Una volta i mafiosi per legittimarsi usavano dare somme di denaro per la ricostruzione, per la manutenzione di chiese o cose del genere. Oggi non si accettano più offerte di questo tipo. I mafiosi non possono comprare la religione”.

Così ha commentato con Radio Vaticana Italia la visita pastorale di Papa Francesco sabato scorso a Palermo nel 25° anniversario del martirio di Don Pino Puglisi, il Procuratore Nazionale Antimafia, dott. Federico Cafiero De Raho.

“I giovani oggi sono educati a principi fondamentali, che tra l’altro sono quelli della nostra Costituzione e che pongono la libertà come primo diritto, un diritto fondamentale dentro il quale chiunque si deve muovere non solo per difenderlo ma perché gli altri lo rispettino. Poi c’è una formazione attraverso l’esempio che ci viene dal passato: il sacrificio di don Pino Puglisi, questo suo impegno, ma anche quello di don Peppe Diana e di tanti altri sacerdoti che hanno dedicato tutta la vita per il riscatto, magistrati, imprenditori, tanti. Oggi rappresentano la via, il modello per la nostra vita: una vita di solidarietà, di sostegno soprattutto ai più deboli, di rispetto della legge e della dignità altrui, in modo che si crei un grande circolo di persone che credono nell’avvenire. Così si potrà far crescere una società civile consapevole del ruolo che ciascuno deve svolgere”.

 

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