“Cristiani e musulmani nei secoli – affresco delle due religioni monoteiste e dei loro incontri e scontri” (edizioni Flaccovio) è l’ ultima e davvero esaustiva ricerca condotta dal siciliano Monsignor Michele Antonio Crociata, docente di storia. Di che cosa si tratta? Di un complesso studio che riguarda le relazioni tra le due religioni. La prima parte del corposo tomo è fatta da tre dispense che il sacerdote-docente ha scritto ai suoi studenti. La seconda è quasi di cronaca e numeri, con dati, statistiche e fonti giornalistiche (tra le quali è citata la nostra testata). Insomma, un eccellente studio da prendere in considerazione.
Perché ha sentito la necessità di scrivere questo libro?
“La situazione odierna della Chiesa – e, in genere, della Cristianità in Occidente – rende evidente non solo la fede integerrima di alcuni, ma anche lo sbandamento di molti altri, che di fatto si trovano in uno stato di crisi, costituito in parte di eresia e in taluni persino di apostasia. È ormai un fenomeno sotto gli occhi di tutti e non serve nasconderlo o sottovalutarlo. A tutto ciò si aggiunge una crescente presenza dell’Islam con tutti i suoi annessi e connessi. Si tratta di un Islam che si diffonde, soprattutto, tramite l’immigrazione afro-asiatica, di regola giovani vigorosi che, fra l’altro, praticano spesso e in segreto la poligamia, alla quale segue una natalità molto più alta rispetto a quella autoctona”.
É davvero possibile oggi un dialogo con l’Islam e su quali basi?
“Il dialogo interreligioso è in sé e per sé una cosa buona, ma, come insegnano il concilio e il magistero post-conciliare, non può trattare temi dottrinali, ma deve tendere solo a favorire una maggiore comprensione fra i popoli e ad avvantaggiare la concordia e la pace. Esso, perciò, è sempre auspicabile. Il dialogo, tuttavia, presuppone una disponibilità dialogante fra le parti. Un dialogo a senso unico, infatti, non sarebbe un vero dialogo e, pertanto, non servirebbe e talora potrebbe risultare persino controproducente. Non si dialoga, insomma, tanto per dialogare. Per quanto, in particolare, riguarda il dialogo tra cattolici e musulmani si ha l’impressione che le iniziative provengano oggi sempre da parte cattolica e che i musulmani le subiscano solo diplomaticamente. A me, infatti, non risulta che da parte musulmana ci siano state finora vere e proprie iniziative dialoganti verso noi cattolici. Il dialogo a senso unico, pertanto, con il passare del tempo potrebbe addirittura trasformarsi in un’operazione autolesionista”.
Si dice che siamo tutti credenti?
“Il problema fondamentale è proprio questo. È detto “credente” colui che crede in Dio, ma ciò interessa tutti (ebrei, musulmani e pagani). Noi cristiani, invece, abbiamo la pienezza della rivelazione in forza della quale, prima e più che credere in Dio, noi crediamo nel Figlio di Dio fatto uomo ed è a partire da Lui che arriviamo al Padre. É proprio per questo che il Cristianesimo non è una religione fra le tante religioni esistenti nel mondo. Aggiungo, anzi, che in sé e per sé il Cristianesimo non può essere nemmeno considerato una vera e propria religione, così come la religione è comunemente intesa.”
In che senso?
“Definire il Cristianesimo “religione” è molto riduttivo. Esso, infatti, non trova la sua essenzialità in una dottrina, in un culto o in una pratica religiosa, ma nella persona vivente e presente di Gesù e nel mistero profondo della Sua vita, della Sua morte e della Sua resurrezione. La Sua partecipazione alla vita divina, infatti, è un evento talmente unico che, di conseguenza, rende unico e impareggiabile il Cristianesimo, che da Lui scaturisce e che in Lui vive nei secoli. Il Cristianesimo, dunque, è la persona stessa di Cristo morto e risorto, un evento unico e un fatto reale che si identificano con la Sua persona. Il cristiano, pertanto, prima ancora di rifarsi all’insegnamento di Cristo e di far parte della comunità da Lui costituita, è colui che, incontratosi con Cristo, si fa attrarre esistenzialmente da Lui stesso e da quel momento egli si sforza di vivere, per quanto possibile all’umana condizione, con Lui, in Lui e per Lui. Tutto il resto – religiosità, culto, dottrina ecc. – viene dopo e ne è solo conseguenza e corredo. Il cristiano, pertanto, non è genericamente e semplicemente computabile fr i “credenti”. Noi cristiani, insomma, siamo molto diversi rispetto agli altri credenti e, nella sostanza, incomparabili. Mi rendo conto che asserire ciò in epoca di relativismo e di sincretismo, nella quale tutti saremmo chiamati a trattarci alla pari e a sedere attorno alla stessa tavola rotonda, potrebbe apparire addirittura scandaloso e, in realtà, lo è. Gesù stesso è stato storicamente scandalo per gli ebrei e stoltezza per i pagani”.
Si dice, però, che Dio è uno solo e tutti siamo sue creature. Cosa lei ha da dire in proposito?
“Che Dio sia uno è indubbiamente vero, ma egli è Trinità e non solitudine. Dio, infatti, è Padre, Figlio e Spirito Santo, un solo Dio in tre persone uguali e distinte. Ho detto che nel Cristianesimo sussiste la pienezza della rivelazione. Ciò significa che fuori dal Cristianesimo non c’è questa pienezza, ma in qualche caso solo una molto parziale rivelazione”.
E nell’Islam?
“L’Islam è indubbiamente una religione monoteistica, ma non è solo una religione. L’Islam è, soprattutto, un sistema culturale e socio-politico rivestito di una sovrastruttura di carattere religioso. Deriva anche da questo il suo ardore di conquista politica e sociale di tutti i popoli, anche e soprattutto per mezzo delle armi. A differenza del Cristianesimo, che si propone attraverso la predicazione, l’Islam in realtà si impone con ogni mezzo possibile, se necessario anche con i massacri”.
Allàh?
“Alla luce della storia Allàh è solo quel che rimane dell’antica e abbondante tradizione idolatrica degli antichi arabi, al quale Maometto attribuì il nome di suo padre Abd Allàh”.
E allora Allàh non è Dio?
“Io sono cristiano e, quindi, nient’affatto relativista, sincretista e, grazie a Dio, neppure neo-modernista. Per questo motivo rispondo con chiarezza di fede e alla luce della logica: Dio è Padre e Allàh non è Padre; Dio è Figlio e Allàh non è Figlio; Dio è Spirito Santo e Allàh non è Spirito Santo. Conseguentemente, volendo parlare senza infingimenti e senza voler fare il diplomatico, in realtà Allàh non è Dio”.
Esiste una persecuzione verso i cristiani e dove maggiormente?
“Il sec. XX e questo scorcio iniziale del sec. XXI sono stati e continuano a essere tuttora gli anni di maggiore persecuzione contro i battezzati. Oggi, infatti, l’80% di tutti coloro che nel mondo subiscono persecuzioni per motivi religiosi è costituito da cristiani. Si tratta di una persecuzione prevalentemente cruenta in Asia e in Africa e prevalentemente incruenta nel resto del mondo, soprattutto in Europa occidentale. In nessuna parte del mondo, invece, risulta che ci siano cristiani che prendano iniziative persecutorie contro i non cristiani. Queste persecuzioni anticristiane arrivano oggi da vari soggetti: i comunisti, soprattutto, in Cina e in Corea del Nord; gli induisti in India; i musulmani quasi ovunque essi sono numericamente dominanti. Dico “quasi ovunque”, in quanto ci sono al riguardo anche alcune eccezioni, anche se poche. In Europa, in particolare, è oggi crescente la “cristianofobia”, che si manifesta in mille modi, soprattutto, tramite devastazioni di chiese e di cimiteri, distruzioni di croci ecc. In alcuni Stati europei, solo per addurre qualche esempio, in questi ultimi anni ci sono stati cristiani che hanno perduto il posto di lavoro solo per essersi decisamente manifestati tali. Ci sono stati studenti cattolici espulsi dalla loro scuola per avere rigettato l’ideologia LGBT, che è non solo anti-umana, ma anche palesemente anti-cristiana. Recentemente in Norvegia i cosiddetti “servizi sociali” hanno tolto i figli minori a una coppia di sposi perché – questo è stato il “reato” – insistevano nel volerli educare “troppo cristianamente”. Il numero dei martiri in Asia e in Africa è divenuto oggi quasi incalcolabile, tanto che in taluni luoghi si comincia a parlare di un vero e proprio genocidio. Molte sono le ragazze cristiane, nei Paesi a prevalente presenza islamica, che vengono rapite, stuprate e costrette a farsi musulmane e a sposare i loro stessi rapitori. Le persecuzioni cruente o incruente in Medio Oriente, culla della Cristianità, hanno già ridotto al lumicino il numero dei cristiani in quelle regioni. Chi non viene ucciso, infatti, molto spesso abbandona la sua terra per aver salva la vita e si rifugia in Occidente”.
É in atto, a suo avviso, un’invasione con relativa islamizzazione dell’Occidente?
“Non è un’opinione, ma è una realtà ormai sotto gli occhi di tutti. L’Europa occidentale, in particolare, è destinataria di un’islamizzazione crescente. C’è, infatti, una vera e propria invasione islamica, favorita da alcuni poteri forti presenti nel nostro stesso continente e anche altrove. A volte mi chiedo: come mai questi immigrati che arrivano sui barconi o sulla navi Ong mirano tutti a venire in Europa, mentre ci sono nel Mediterraneo e attorno all’Africa porti sicuri e benestanti Stati musulmani (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Tunisia, Algeria, Marocco, Egitto, Turchia ecc.) dai quali potrebbero essere accolti senza particolari problemi? Dietro queste inondazioni afro-asiatiche, in realtà, sussiste un progetto di invasione islamica del nostro continente e, in particolare, dell’Italia, vista come centro della Cristianità. Dopo Costantinopoli (1453), insomma, adesso sarebbe arrivato il tempo di occupare anche Roma. È chiaro che queste menti pensanti e progettanti (“Fratelli Musulmani”, massoneria mondiale, Arabia Saudita, Qatar, Soros, i loro discepoli a Bruxelles e le altre correnti politiche laiciste e anti-cristiane presenti nel continente ecc.) non stanno affatto sui barconi, che sono solo mezzi di cui si servono per raggiungere il proprio obiettivo sfruttando le necessità della povera gente. Lo scopo di fondo, però, resta sempre lo stesso (e non è storicamente neanche la prima volta): la sostituzione etnica e, soprattutto, religiosa e culturale degli attuali abitanti dell’Italia e dell’Europa. Bisogna in pratica radere al suolo ogni residuale identità cristiana del nostro continente. Esiste, in proposito, una coalizione anti-cristiana rivestita esteriormente di false motivazioni umanitarie, mentre in Africa gli episcopati nazionali gridano e scrivono contro queste migrazioni, che, fra l’altro, impoveriscono ulteriormente il continente nero, dove restano solo vecchi e bambini in gran parte denutriti. Queste forze anti-cristiane coalizzate sono fra loro molto diverse e spesso reciprocamente incompatibili, ma oggi accettano questa momentanea alleanza contro il nemico comune, che è il Cristianesimo, seguendo la dottrina di Machiavelli (il fine giustifica i mezzi). Si tratta, ovviamente, di un’alleanza provvisoria. In caso di islamizzazione del continente, infatti, questi odierni “alleati” laicisti e ateisti sarebbero i primi a saltare in aria”.
L’Islam è religione di pace?
“La risposta a questo interrogativo non può essere data da me, ma è data dal Corano, dagli altri scritti e tradizioni islamiche e dalla storia. Non bisogna mai dimenticare, infatti, che l’Islam, come ho già affermato, prima e più che una religione è in realtà un’ideologia politica, che molto spesso trasforma molti dei suoi seguaci in bombe umane lanciate contro il mondo intero nella prospettiva irrazionale di una distruzione purificatrice e nell’illusione di un paradiso edonista postumo con 72 vergini a disposizione. Questa ideologia è di regola un meccanismo che non fa più vedere gli altri come esseri umani, bensì come simboli astratti che si possono schiacciare e massacrare. É un meccanismo astuto e capace di tirar fuori la parte più oscura della natura umana, di abbattere le civiltà alternative e di portare miseria, fame e morte ai popoli ai quali impone il suo dominio. Che, dunque, l’Islam sia una “religione di pace” può essere affermato solo da chi in realtà non conosce il Corano e la tradizione islamica. La moschea stessa non è affatto corrispondente alla nostra chiesa”.
Che cosa pensa dell’atteggiamento della Chiesa nei riguardi dell’Islam?
“Ho già detto che il dialogo interreligioso è in sé e per sé una cosa buona e va fatto, ma non può avere neanche lontanamente contenuti di carattere dottrinale. Esso, infatti, ha altri fini: la pace, la concordia, il reciproco rispetto… e potrebbe servire anche a stemperare le punte più pericolose degli estremisti e dai terroristi. In questo senso la Chiesa merita il nostro rispetto e il nostro assenso. Quando, in particolare, la Chiesa insegna che tutti noi dobbiamo trattare cristianamente coloro che arrivano, sia musulmani che non musulmani, ciò è giustissimo. Se, infatti, siamo cristiani non si vede perché non dovremmo trattarli cristianamente. Chi, però, deve arrivare, se deve o no arrivare e a quali condizioni debba arrivare è competenza della sovranità dello Stato. Chiesa e Stato, infatti, sono realtà molto diverse fra loro e, conseguentemente, hanno anche compiti diversi da svolgere nella società. La Chiesa, ad esempio, per sua natura non ha confini e lo Stato, al contrario, ha confini. Per la Chiesa non esiste lo straniero, ma per lo Stato c’è differenza tra cittadino e straniero”…
Secolarismo, relativismo e perdita della fede favoriscono l’avanzata dell’Islam?
“Un albero con le radici disseccate è buono solo per essere estirpato e messo al fuoco. Il secolarismo, il relativismo e la susseguente crisi di fede conducono inevitabilmente le nazioni all’estinzione della propria identità. Il concetto laicista di nazione è troppo debole per resistere a queste prove. Lo Stato laico (non laicista) ha, quindi, bisogno urgente di valorizzare anche la sua propria tradizione religiosa. La Francia, che da più di due secoli è centro propulsore del laicismo (non della laicità), oggi è già, sotto questo aspetto, quasi al tracollo a causa della massiccia invasione islamica. E la Francia in Europa non è oggi sola in questo tracollo esistenziale. Come, infatti, un individuo senza identità ben precisa non è una vera e propria persona, allo stesso modo una nazione senza identità e senza radici culturali, religiose e storiche non è una vera e propria nazione. Se vogliamo, pertanto, salvare la nostra identità nazionale dobbiamo inevitabilmente ripristinare, alimentare e rinvigorire anche (e non solo, evidentemente) le nostre radici religiose. Diversamente non resta che predisporci a essere inondati passivamente dallo straniero e a non esistere più come popolo. Una nazione con una identità debole, incerta e variamente compromessa è, insomma, destinata a morire. Secolarismo, relativismo e neo-modernismo – quest’ultimo, in particolare, è il compendio di tutte le eresie ed è finalizzato a sradicare dalle sue stesse fondamenta la santa Chiesa – mirano a distruggere con vari metodi l’identità cristiana. Sono fenomeni che indubbiamente favoriscono l’avanzata e l’affermazione dell’Islam in mezzo a noi. Dobbiamo, perciò, prendere sempre più coscienza del nostro battesimo e della nostra attiva testimonianza. La Chiesa, in particolare, è chiamata a rinsaldare sempre più la nostra militanza cristiana e ad affermare sempre più la propria fedeltà a Cristo senza mai tradire l’insegnamento degli apostoli, dei padri e del magistero di sempre. Suo compito principale è indubbiamente la missione e l’evangelizzazione dei popoli e, in relazione e in subordine, anche la promozione umana, senza però mai dimenticare che la primaria promozione dell’uomo si realizza attraverso l’evangelizzazione. La Chiesa, infatti, è per sua natura cristologica e solo dopo ha anche aspetti sociologici. Tentare di sovvertire tale ordine gerarchico sarebbe indubbiamente deleterio per la comunità cristiana (ci sono già molte Ong nel mondo e non ne serve un’altra). Se si dimenticano queste verità è ovvio che anche la comunità cristiana, prima o dopo, è destinata a scomparire. Si pensi, ad esempio, che solo nell’ultimo anno a Londra sono state chiuse circa 500 chiese e sono state contemporaneamente aperte circa 500 moschee. Ciò, purtroppo, non si verifica solo in Inghilterra, ma in misura differenziata anche in tutti gli altri Paesi dell’Europa occidentale, Italia compresa. Che facciamo? Vogliamo assistere passivamente a questo declino”.
Perché nelle nazioni dell’est Europa resiste bene la fede cristiana?
“Nelle nazioni dell’Europa orientale, ove nel secolo scorso i cristiani sono stati ampiamente e crudelmente perseguitati dalla dittatura comunista, dopo la fine di quei regimi anti-cristiani le varie comunità religiose hanno rivalutato ampiamente la loro identità, che in questi ultimi decenni si è ulteriormente consolidata. In alcuni di quei Paesi, fra l’altro, le radici cristiane vengono oggi garantite anche da sistemi politici che sembrano tenere in grande considerazione il carattere cristiano di quei popoli e la loro antica storia. Il seme dei martiri – ci ha insegnato Tertulliano, vissuto fra il II e il III secolo – è seme di nuovi cristiani. Ciò, a dire il vero, non è stato storicamente sempre così ovunque, ma in molti casi è stato proprio così. Uno di questi casi è oggi vissuto in Europa orientale, dove, anche se in modo differenziato, le comunità ecclesiali si consolidano e rifioriscono. Certo, la massoneria e la plutocrazia, che in Occidente spadroneggiano, nell’Europa orientale hanno finora avuto possibilità molto minori e, soprattutto, non sono riuscite a impadronirsi del potere. Alla massoneria e alla plutocrazia vanno aggiunti anche gli eredi dell’ideologia comunista nelle sue varie articolazioni, che sotto mentite spoglie fanno di tutto per estirpare ogni residuale elemento che sia proprio della civiltà cristiana. Quelle orientali sono indubbiamente democrazie più giovani e cristianamente più motivate di quelle occidentali e, soprattutto, democrazie più popolari, laddove in Occidente le democrazie sono di regola condizionate dal grande capitale e dalla tecnocrazia. Anche in ordine alla dimensione etica delle masse, in Occidente si assiste purtroppo a una crescente crisi dell’umanesimo e a una corrispondente avanzata di ciò che potremmo definire “animalesimo”. Tutto ciò induce, fra l’altro, a vivere la libertà personale come se fosse anarchia e con conseguente dissoluzione in primis dell’istituto familiare, la crisi della natura stessa del matrimonio e il sovvertimento di alcune stesse leggi di natura. Con Aristotele potremmo anche dire che oggi in Occidente sono in crisi gli stessi “fondamentali dell’essere”. In Oriente, aggiungo, ci sono indubbiamente maggiori freni inibitori e il bene comune, più che essere inteso come la sommatoria dei beni individuali, viene piuttosto giustamente inteso come la sintesi di essi. Ciò, ovviamente, ha ripercussioni benefiche anche sui comportamenti individuali e di gruppo e, soprattutto, sulla famiglia, che è la cellula fondamentale della società. Se crolla questa cellula, infatti, anche la società è destinata allo sbandamento generale. Proprio a questo mirano in Occidente tutte le forze anti-cristiane”. Altro compito della comunità ecclesiale è la valorizzazione della vita liturgica. In tal senso vanno scoraggiati e, se necessario, redarguiti gli abusi. È, infatti, divenuto ormai urgentissimo porre fine a una diffusa anarchia liturgica, di cui abbiamo ogni giorno notizia e che talvolta è addirittura sconcertante e sicuramente sacrilega. Bisogna, insomma, ripartire da qui, cioè da Cristo e dal mistero pasquale, centro e culmine della vita cristiana, per cominciare a risalire la china. Tutta la vita della Chiesa, infatti, è basata su di Lui e solo con Lui e grazie a Lui possiamo riprenderci. Animati dal suo Santo Spirito saremo, pertanto, capaci di fare grandi cose, in primo luogo l’evangelizzazione, la missione e la promozione umana. Migliorare le realtà di questo mondo è in sé e per sé un compito alquanto onorevole e noi cristiani dobbiamo sforzarci di farlo, ma per noi non è e non potrà mai essere il compito principale o, peggio, l’assillo preminente. Noi cristiani, infatti, esistiamo per altro: andare in tutto il mondo, predicare il Vangelo a ogni creatura e battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Anche le relazioni internazionali, dunque, anche l’ecumenismo, anche il dialogo interreligioso, anche l’impegno per la pace non sono affatto sostitutivi di ciò. Dimenticarlo o trascurarlo, o solo far finta di dimenticarlo è un’operazione autolesionista, destinata a danneggiare, prima o dopo, la Chiesa e a favorire la scristianizzazione. Anche il mondo occidentale (e, in particolare, l’Europa dell’ovest) ha bisogno di questo: ribadire sempre e ovunque e mai nascondere la nostra identità cristiana. Non dobbiamo mai dimenticare, insomma, che con la cresima siamo tutti diventati “perfetti cristiani e soldati di Gesù Cristo”. Oggi serve, dunque, un Cristianesimo militante e capace di promuovere e di realizzare la nuova evangelizzazione dell’Europa neo-pagana, un’impresa che si rifiuta, innanzitutto, di accondiscendere passivamente alle richieste di questo mondo. Si tratta, dunque, di una vera e propria rivoluzione, proprio quella voluta da Gesù, una rivoluzione che, costi quel che costi, oggi può partire solo dal basso per salire sempre più in alto”.
Bruno Volpe
Intervista bella, che condivido. Direi però a Mons Crociata: un po’ tardiva. Andava fatta quando ricopriva ruoli di maggiore responsabilità e influenza. E poi, son tutte cose che van dette, più che a noi, alla CEI, in pubblico, alzando la voce senza timore! Non so però se ne avrà la coerenza e il coraggio! Sono virtù così rare tra i Pastori…
Vorrei precisare al Sig. Giandreoli che confonde S.E. Mons. MARIANO Crociata con Mons. MICHELE ANTONINO Crociata!
La ringrazio della gentilezza e chiedo prontamente scusa ai reverendi e ai lettori. Il mio errore non modifica il mio giudizio sulla bontà del’intervista e sulla necessità di portare il dibattito alla CEI.
Splendida intervista. Avevo già letto e apprezzato il libro di Mons. Crociata sia negli aspetti strettamente religiosi sia nella parte statistica e demografica sui flussi migratori. Considero questo suo lavoro di studio e ricerca, come un contributo di analisi critica, misurata, chiara e competente da cui trarre importanti spunti di riflessione. Gisella