L’Istat recentemente ha certificato quello che era già noto: in Italia si fanno sempre meno figli, ben 15.000 bambini in meno (dati riferiti al 2.017) rispetto a quello precedente. Insomma, è la fotografia del grande problema, tutto occidentale, della scarsa natalità. Sul tema, abbiamo intervistato il vescovo di Andria Monsignor Luigi Mansi.
Eccellenza Mansi, in Italia crescono pochi bambini. Quali le cause?
” Le ragioni sono molteplici e ci vorrebbe tanto tempo per elencarle ed analizzarle tutte. Sicuramente è un fatto serio ed anche preoccupante”.
Molti osservatori parlano di motivazioni economiche e sociali…
” Ci sono anche quelle, perchè no. Però, occorre essere onesti e dire tutta la verità. Io ritengo che il nodo principale sia culturale, della mentalità”.
Cioè?
” Le giovani generazioni e coppie hanno spesso paura a rischiare e mettersi in gioco, temono di perdere, con il matrimonio e la nascita del figlio, la loro libertà. In sintesi, esiste la paura che la venuta al mondo di un bambino, cosa che comporta impegno serio e responsabilità, restringa gli spazi di autonomia . Se metto su famiglia in modo stabile con la nascita di un figlio, come posso andare serenamente e senza turbamento al cinema, al teatro, alla palestra o in villeggiatura?”.
Le motivazioni economiche?
“Ci sono anche quelle, naturalmente. Ma in molti casi, i soldi per i macchinoni e le vacanze si trovano. E allora, come le dicevo, bisogna essere leali nelle valutazioni e dirsi tutto senza timore del conformismo, raccontare le cose come stanno. A mio avviso, la prima motivazione è di ordine culturale. Aggiungo che i media, dal canto loro, banalizzano o ridicolizzano la famiglia e questo è un male”.
E la politica?
” Qui entra in gioco il lato economico. In molto occasioni, non tutte, fare famiglia e figli non è semplice, specie se non si ha reddito o lavoro. Mi sembra intollerabile che talvolta la nascita di un bimbo, al posto di essere motivo di gioia, possa diventare causa di turbamento o preoccupazione”.
Che cosa ha fatto o fa la politica per la famiglia ed incentivare la natalità?
” Poco. Bisogna dare appoggio e sostegno a questa istituzione non con provvedimenti a pioggia e sporadici, ma di natura strutturale e penso per esempio, ad un regime fiscale amico della famiglia, modulato in ragione del numero dei suoi componenti. O ancora aiuti alle neo mamme. Penso che lo Stato abbia il dovere di favorire la maternità con provvedimenti economici e sussidi. Una madre deve essere libera di crescere il suo bambino senza alcun assillo e non affidarlo, dopo poco tempo a zie, nonni o estranei. Ecco dunque l’ importanza di un reddito o sussidio di maternità. In questo modo si può contribuire ad attenuare una delle cause della scarsa natalità, ferma restando quella culturale”.
Bruno Volpe
Mi stupiscono e il Vescovo e l’intervistatore. Di fronte a nuove generazioni di giovani e di famiglie sempre meno aperte all’accoglienza dei figli ci si interroga su quale incidenza abbiano la cultura corrente, il disagio economico, i media, la politica, la famiglia, dimenticando… la Chiesa! Quale formazione cristiana ed educazione alla vita può dare, ad esempio, una Chiesa che stila indagini sociologiche sui giovani e chiede come loro la vorrebbero invece di proporre a loro come lei li vorrebbe per far conoscere e incontrare Cristo? (vedi il Sinodo) Quale credibilità può avere una Chiesa nella quale si esaltano i “nuovi paradigmi interpretativi” e i conseguenti “nuovi indirizzi pastorali” che portano i giovani e gli sposi a ritenere accettabile la contraccezione? Quale testimonianza e formazione cristiana possono mai dare coppie divorziate che la Chiesa autorizza ad accostarsi all’eucaristia pur conservando relazioni adulterine e giustificandole “per evitare che i figli ne risentano ed educarli invece cristianamente”? Come mai dalla formazione negli oratoti è scomparsa la parola “ascesi”, sostituita dagli inflazionati “dialogo” e “multiculturalità”? Ripeto, mi rattrista notare quanto la Chiesa si sia anch’essa disinteressata ad avere e ad educare santi e numerosi figli.
“Calo di natalità?…” Mi stupiscono sia il Vescovo Mansi come l’intervistatore. Di fronte a nuove generazioni di giovani e di famiglie sempre meno aperte all’accoglienza dei figli ci si interroga su quale incidenza abbiano la cultura corrente, il disagio economico, i media, la politica, la famiglia, ignorando… la Chiesa! Quale formazione cristiana ed educazione alla vita può dare una Chiesa che stila indagini sociologiche sui giovani e chiede come loro la vorrebbero invece di proporre a loro come lei li vorrebbe per far conoscere e incontrare Cristo? (vedi il Sinodo) Quale credibilità può avere una Chiesa nella quale si esaltano i “nuovi paradigmi interpretativi” e i conseguenti “nuovi indirizzi pastorali” che portano i giovani e gli sposi a ritenere accettabile la contraccezione? Quale testimonianza e formazione cristiana possono mai dare coppie divorziate alle quali la Chiesa permette di accostarsi all’eucaristia pur conservando relazioni coniugali giustificando le relazioni adulterine (e preservativi?) “per evitare che i figli ne soffrano e poterli educare invece cristianamente”? Come mai dalla formazione negli oratoti è scomparsa la parola “ascesi”, sostituita dagli inflazionati “dialogo” e “multiculturalità”? Ripeto, mi rattrista notare quanto la Chiesa sia disinteressata, per prima e con maggiore responsabilità, ad avere numerosi figli e ad educarli a vivere nella grazia e nella santità.