“Nei segni lasciati dalle mascherine sui vostri volti, si intuiscono quelli impressi sui vostri sentimenti, sui vostri legami, sui vostri racconti”. Lo scrive l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, in una lettera aperta ai medici, agli operatori sanitari e agli assistenti spirituali legata alla pandemia di Coronavirus.
“Qui come amico desidero essere compagno di strada, ascoltare le vostre fatiche e aspirazioni, essere con voi nella difficoltà, nella tristezza della sconfitta e nella gioia di quelle vittorie che solo ‘chi si prende cura’ conosce”, aggiunge il presule. Nelle sue parole la consapevolezza che “anche la persona in ricerca può scoprire in Cristo l’eloquenza della solidarietà con la sorte umana, come pure l’armoniosa pienezza di una disinteressata dedizione alla causa dell’uomo, alla verità e all’amore”. Interrogandosi su “dove sia Dio in questo momento?”, l’arcivescovo afferma che “mi sento di rispondere che è in una corsia d’ospedale, in una casa per anziani, nelle comunità per tossicodipendenti e malati psichiatrici, nei centri per disabili, in un dormitorio per coloro che sono senza fissa dimora, nelle nostre case isolate e spaventate”.
“È presente anche attraverso i nostri cappellani e assistenti spirituali che con dedizione, senza tirarsi indietro, sono vicini a voi, ai pazienti e familiari, è sia in chi soffre sia in chi cura, lotta con noi e per noi. Non ci ha abbandonati: si è ancora una volta calato misteriosamente nei nostri panni, al punto di risultare nascosto!”.