Mentre l’Opus Dei si prepara all’elezione del successore di monsignor Javier Echevarría Rodríguez, morto il 12 dicembre (il 21 gennaio avrà inizio l’iter per l’elezione del prossimo prelato), a Verona è scomparso recentemente don Ferdinando Rancan che è stato il primo sacerdote diocesano italiano ad attingere in modo vocazionale allo spirito dell’Opus Dei divenendo, nel lontano 1954, socio aggregato della Società Sacerdotale della Santa Croce. L’Opus Dei a Verona iniziò con analogie forti con la storia del fondatore a Madrid: nella casa di don Ferdinando, con sua madre ad accudire i ragazzi che venivano per studiare e per gli incontri di formazione e di apostolato.
Nativo di Tregnago (14 giugno 1926), don Ferdinando ricordava il suo primo incontro con il fondatore dell’Opus Dei, San Josemaría Escrivà, con queste parole: «fin dal 1953 avevano parlato al Padre di me e, com’era sua abitudine, mi mise subito nella sua orazione e nelle sue mortificazioni. Tuttavia, per diversi motivi, durante il mio soggiorno a Roma non si era mai presentata l’occasione propizia di incontrarlo personalmente. Alla fine del 1959 il Padre volle conoscermi come il suo primo figlio sacerdote aggregato della Società Sacerdotale della Santa Croce in Italia. Mi recai a Roma nel dicembre del 1959 a Villa Tevere, Sede Centrale dell’Opera, e il 10 dello stesso mese fui ricevuto dal Padre. Non è facile descrivere l’emozione che provai nel primo incontro con San Josemaría: mi sparivano dalla mente tutte le cose che pensavo di dirgli, mi veniva a mancare la parola, e se tentavo qualche espressione, mi sentivo un povero balbuziente, che annaspava tra una battuta e l’altra dal contenuto scontato se non ridicolo. Quando si aprì la porta del soggiorno non feci in tempo a salutarlo che già mi sentii avvolto nel suo abbraccio forte e vibrante di affetto: «Figlio mio!…» e poi non ricordo più niente. In effetti, anche se rimasi oltre un’ora con lui, non mi fu possibile memorizzare nulla di quello che lui andava dicendomi, così come si era cancellato completamente dentro di me quello che io pensavo di dirgli. C’era solo lui. La sua personalità colossale impediva, senza essere ingombrante, ogni altra presenza e ogni altro pensiero. Le uniche parole che mi sono rimaste – “avevo tanta voglia di vederti, anche tu sei figlio della mia orazione” – non ho potuto dimenticarle perché le vidi in relazione con la mia vocazione».
Nella sua lunga vita don Rancan ha manifestato tanti doni di Dio. Fin dall’infanzia, segnata dal dolore della scomparsa del padre in un incidente sul lavoro, e dalle malattie polmonari che non lo abbandoneranno mai lungo tutta la vita, ha maturato un’intima confidenza con Maria, madre di Dio, alla quale ha dedicato il suo ultimo libro: In quella casa c’ero anch’io (Edizioni Fede e cultura). Ritornato a Verona dopo la laurea in Scienze naturali conseguita a Roma, don Ferdinando fu per anni professore nel seminario di Verona e insegnante di religione in un importante liceo della città. Il Vescovo monsignor Giuseppe Carraro lo incoraggiò a diffondere la conoscenza dell’Opus Dei attraverso i suoi incarichi diocesani, e così avvenne.
Vari giovani e adulti, uomini e donne, aderirono in quegli anni all’Opus Dei a Verona e nei dintorni, tanto che i direttori dell’Opera in Italia, che non avevano il progetto di stabilire centri a Verona cambiarono i programmi e stabilirono centri in quella città che non aveva ancora un’università. Don Ferdinando aveva sempre avuto grande talento intellettuale e letterario, che, a partire da una vita d’orazione semplice e profonda, lo portava a predicare con attrattiva ed efficacia. I libri cominciarono a essere presto pubblicati. Tra i più conosciuti ricordiamo: Il senso del vivere, La Madonna racconta, La moneta del tempo. Un calendario per l’anima, Ricevi questo anello. Riflessioni sul matrimonio e la famiglia, Là dove cielo e terra si incontrano. Sulla preghiera cristiana e la Messa, Fiori di melograno.
Il rapporto di don Ferdinando con san Josemaría fu molto profondo. “Tutto il tempo che passai con lui fu una appassionata catechesi sullo spirito dell’Opus Dei. Si fermava su tanti particolari che sembravano insignificanti ed erano invece la materializzazione di uno o di altri aspetti dello spirito dell’Opera”. Sui giornali della città i veronesi hanno salutato don Rancan ricordandolo come parroco-docente-maestro di vita, come persona di dialogo, relazione, dalla spiritualità molto profonda, che coltivava il gusto dell’ascolto, che contemplava con ammirazione la natura e l’arte, che amava la conoscenza e rispettava i talenti di ciascuno. Qualcosa della personalità di don Ferdinando si può scoprire in un’intervista di qualche anno fa concessa a Telepace.
Matteo Orlando