“Adorare il Signore non è facile, non è un fatto immediato: esige una certa maturità spirituale, essendo il punto d’arrivo di un cammino interiore, a volte lungo. Non è spontaneo in noi l’atteggiamento di adorare Dio. L’essere umano ha bisogno, sì, di adorare, ma rischia di sbagliare obiettivo; infatti, se non adora Dio, adorerà degli idoli”.
Lo ha detto Papa Francesco nell’omelia della messa nella Solennità dell’Epifania del Signore presieduta nella Basilica Vaticana: “Non c’è un punto di mezzo, o Dio o gli idoli, o per usare una parola di uno scrittore francese: ‘Chi non adora Dio, adora il diavolo’ –, e invece che credente diventerà idolatra”. Nella nostra epoca, ha osservato, “è particolarmente necessario che, sia singolarmente che comunitariamente, dedichiamo più tempo all’adorazione, imparando sempre meglio a contemplare il Signore. Si è perso un po’ il senso della preghiera di adorazione, dobbiamo riprenderlo, sia comunitariamente sia nella propria vita spirituale”. Quindi il Papa ha citato tre espressioni tratte dalla Liturgia della Parola di oggi: “alzare gli occhi”, “mettersi in viaggio” e “vedere”.
La prima è “un invito a mettere da parte stanchezza e lamentele, a uscire dalle strettoie di una visione angusta, a liberarsi dalla dittatura del proprio io, sempre incline a ripiegarsi su sé stesso e sulle proprie preoccupazioni” per “non lasciarsi cioè imprigionare dai fantasmi interiori che spengono la speranza, e non fare dei problemi e delle difficoltà il centro della propria esistenza”. “Quando alziamo gli occhi a Dio, i problemi della vita non scompaiono, ma sentiamo che il Signore ci dà la forza necessaria per affrontarli”, ha spiegato il Santo Padre. “Alzare gli occhi”, allora, “è il primo passo che dispone all’adorazione. Si tratta dell’adorazione del discepolo che ha scoperto in Dio una gioia nuova, diversa”. (SIR)