“Una parola di speranza” a “quanti, oppressi dalla violenza, sono stati costretti ad abbandonare le loro case e la loro terra”. La rivolge Papa Francesco in una lettera inviata al vicario patriarcale per la Giordania, Maroun Lahham, tramite monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei. Da oggi al 9 agosto, infatti, Galantino è in Giordania, su invito del Patriarca di Gerusalemme, Fouwad Twal, e di monsignor Lahham: il viaggio avviene ad un anno del primo anniversario dell’arrivo in Giordania dei profughi iracheni, avvenuto l’8 agosto 2014.
“Più volte – scrive il Papa nella lettera – ho voluto dare voce alle atroci, disumane e inspiegabili persecuzioni di chi in tante parti del mondo – e soprattutto tra i cristiani – è vittima del fanatismo e dell’intolleranza, spesso sotto gli occhi e nel silenzio di tutti. Sono i martiri di oggi, umiliati e discriminati per la loro fedeltà al Vangelo. Il mio ricordo, che si fa appello solidale, vuol essere il segno di una Chiesa che non dimentica e non abbandona i suoi figli esiliati a motivo della loro fede: sappiano che una preghiera quotidiana si innalza per loro, insieme alla riconoscenza per la testimonianza che ci offrono”.
Il “pensiero” di Papa Francesco “va anche alle Comunità che hanno saputo farsi carico di questi fratelli, evitando di volgere lo sguardo altrove. Voi – scrive nella lettera – annunciate la risurrezione di Cristo con la condivisione del dolore e l’aiuto solidale che prestate alle centinaia di migliaia di profughi; con il vostro chinarvi sulle loro sofferenze, che rischiano di soffocarne la speranza; con il vostro servizio di fraternità, che rischiara anche momenti tanto bui dell’esistenza. Il Signore vi ricompensi, come solo Lui può fare, con l’abbondanza dei suoi doni”. Il Papa si rivolge poi all’“opinione pubblica mondiale” perché possa “essere sempre più attenta, sensibile e partecipe davanti alle persecuzioni condotte nei confronti dei cristiani e, più in generale, delle minoranze religiose”. Da qui “l’auspico che la Comunità internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più essenziali e impedisce la ricchezza della convivenza tra i popoli, le culture e le fedi”. (SIR)