Papa Francesco ha invitato oggi a pregare per i Rohingya, “cacciati via dal Myanmar, che vanno da una parte all’altra perché nessuno li vuole. È gente buona, pacifica: sono buoni, sono fratelli e sorelle! È da anni che soffrono: sono stati torturati, uccisi, semplicemente per portare avanti la loro tradizione, la loro fede musulmana”.
I Rohingya sono una minoranza musulmana, circa 1 milione 100mila persone che vivono nello Stato Rakhine nel nord del Myanmar (Birmania), Paese a maggioranza buddista. Nonostante dallo scorso anno il Paese sia governato dal partito della leader birmana e Premio Nobel della Pace Aung San Suu Kyi, queste popolazioni subiscono da anni la repressione delle forze di sicurezza, con gravi violazioni dei diritti umani che li costringono alla fuga. Negli ultimi mesi almeno 65mila persone sono fuggite verso il Bangladesh, ma nessuno vuole accogliere queste imbarcazioni piene di disperati. Si parla anche di un’isola dove confinarli.
Da un report pubblicato di recente dall’ufficio dei diritti umani delle Nazioni Unite circa 220 testimoni hanno raccontato di “uccisioni di bambini, donne e anziani, stupri e violenze sessuali sistematiche e su larga scala, distruzione intenzionale di cibo e fonti di sostentamento”, tanto da far temere una sorta di pulizia etnica. Gli abusi nei confronti dei Rohingya hanno origine da 50 anni di dura dittatura militare (l’esercito controlla ancora il 25% del parlamento, i tre ministeri della Difesa, Interni, Affari di Confine e il Consiglio per la Difesa e la Sicurezza nazionale) che ha sempre represso le minoranze etniche buddiste e musulmane per raggiungere i suoi scopi, tra cui lo sfruttamento delle ricchezze naturali. Dopo un picco di violenze nel 2012 circa 100mila Rohingya già vivevano abbandonati nei campi profughi, senza alcun diritto all’istruzione, alla salute, alla cittadinanza.
L’ulteriore escalation di repressione nei loro confronti è dovuta all’intensificarsi delle azioni militari del gruppo armato musulmano Harakah al-Yaqin Hay, che ha rafforzato la sua presenza nei villaggi Rohingya, facendo proselitismo e azioni di guerriglia. Il conflitto con l’esercito si è quindi inasprito dal 9 ottobre 2016, con scontri che hanno coinvolto miliziani Rohingya, tra cui alcuni provenienti dall’Arabia Saudita. Ma la rabbia nasce dalle disumane condizioni di vita in cui sono costrette queste popolazioni: nello Stato Rakhine, dove vivono 3 milioni di persone, il tasso di povertà tocca il 78%. Non c’è elettricità, pochissime le infrastrutture e le scuole, non c’è lavoro. (SIR)
Interessante…inusuale…inaudito!
“semplicemente per portare avanti la loro tradizione, la loro fede musulmana”.
Innanzitutto la fede musulmana non è cosa da poco, non si tratta di portare avanti una tradizione come fosse Babbo Natale, ma di impostare tutta la vita su tale fede. Da queste uscite si capisce proprio il valore della fede (quale fede, vera o falsa?!) per il cosiddetto pontefice. E com’è che queste buone persone hanno un gruppo armato violento? Il problema è che i buddisti costruiscono muri anziché ponti per accogliere anche il gruppo armato?? Vada a sgridare Aung San Suu Kyi in persona, se la pensa così. Roba da non credere! Come minimo è imbarazzante.
Poverini di qua e di là…certo non vanno uccisi o maltrattati, ma si preoccupi un po’, Bergoglio, di noi cristiani (cattolici, prego), e di tutelarci dai musulmani. Grazie.