di Padre Giuseppe Agnello*
–
Dio si è stabilmente legato alla Chiesa Cattòlica, che è la rappresentante privilegiata e accreditata presso il Padre dell’umanità redenta da suo Fíglio: Ella è la Sposa di Cristo, e questo matrimònio, avvenuto sulla Croce, è indissolúbile. La Chiesa è di Istituzione divina, ma non è la padrona della libertà di Dio; è al servízio dell’único Salvatore, ma sa che la salvezza non è contenuta dai suoi confini visíbili; sa che la sua Dottrina è verità eterna, completa e ineguagliàbile, ma sa riconóscere pure i raggî o semi di verità, di giustízia e di bene che si tròvano in altre religioni, in altre culture, in ogni persona. Insomma, la Chiesa, finché resta guidata dal suo Capo, che è Gesú, sa riconóscere il buono, il vero, e il bello laddove sono, non per sostituire al capolavoro la pietra grezza da cui può emèrgere il capolavoro, ma perché riconosce ciò che di autenticamente cattòlico c’è anche altrove e fuori del Cattolicésimo come Confessione di fede piena. Sant’Agostino, che è stato un maestro nella síntesi di grandi verità discusse e contestate, riassume cosí quello che cerco di dirvi: «Come nella Chiesa Cattòlica si può trovare ciò che non è cattòlico, cosí fuori della Cattòlica può èsservi qualcosa di cattòlico» (PL 43, VII, 39, 77) . In chi non è contro di noi, dunque, dobbiamo apprezzare quel qualcosa di cattòlico che mostra, anche se è musulmano, buddista, induista o razionalista; invece verso chi è contro di noi (che sia musulmano, o buddista, o induista, o razionalista), dobbiamo opporre tutta la forza e la chiarezza della verità che smàschera e condanna l’errore. Per Dio è urgente fare il bene. Ha fissato per sempre che il màssimo bene si riceva e si diffonda gràzie alla Chiesa Cattòlica, ma, poiché lo Spírito sòffia dove vuole, súscita temporaneamente, saltuariamente, straordinariamente il bene anche fuori della Chiesa. Per questo troviamo virtú cattòliche, verità cattòliche, abitúdini cattòliche anche in Paesi non cattòlici. Ovviamente saranno, però, come le lúcciole nella notte, e rispetto alla notte noi non disprezziamo le lúcciole, ma non possiamo nemmeno dire che la notte è come il giorno. Questo discorso sarebbe lungo, ma credo che sia abbastanza chiaro: come un tempo si diceva che Cristo è Romano perché la fede di Roma è quella che ci ha lasciato Cristo; cosí, ovunque dovéssimo vedere uòmini di buona volontà, di retta intenzione, di lúcida profezia, di proverbiale pazienza e di generosa presenza, dovremmo scòrgere la somiglianza con Cristo. I primi cristiani questo lo sèppero fare sia con Sèneca, sia con Socrate, sia con altri uòmini che non hanno conosciuto la venuta di Gesú. Gesú oggi lo spiega ai Dòdici Apòstoli che si stupívano del successo di un esorcista senza mandato, potremmo dire, a cui si voleva impedire di fare il bene (nel nome di Gesú) solo perché la sua posizione era quella di un carismàtico e non di un incaricato a norma del Diritto canònico. Gesú órdina a san Giovanni: «Non glie lo impedite, perché non c’è nessuno che fàccia un miràcolo nel mio nome e súbito possa parlare male di me: chi non è contro di noi, è per noi» (Mc 9, v.39).
Ovviamente, fuori della Chiesa, è già un miràcolo avere chiare le idee, sapér lèggere i segni dei tempi, sperare nella vita futura e non odiare nessuno. Se aggiungiamo poi la possibilità di fare il bene, avendo presente Gesú e nominàndolo come nostro modello, il miràcolo è ancora piú grande.
Ma il brano evangèlico di oggi non si ferma alle raccomandazioni di apertura mentale e di pesca cattòlica in mare non cattòlico: ci consegna anche lo sguardo di Dio sulle cose minute e sui veri perícoli per la salvezza. Il giudízio di Dio non è solo benévolo per chi òpera il bene in modo straordinàrio (con gli esorcismi e fuori dalla Chiesa) od ordinàrio (con un bicchiere d’acqua e senza èssere notato), ma sempre mossi dalla carità e dall’imitazione di Cristo. Il giudízio di Dio è anche severo verso chi scandalizza «i píccoli che crédono in Gesú» (Cfr Mc 9, v.42) con le azioni, lo stile di vita e i desiderî, con una contro-testimonianza ai valori del Vangelo e alla libertà della Chiesa. Lo scàndalo è per la Sacra Scrittura un tranello pronto a fare soccòmbere la fede. Il peccato gravíssimo dello scàndalo è dunque un non tenere conto che, quando neghiamo il Vangelo con la nostra vita, la fede di qualcuno non solo può èssere bloccata, ma anche distrutta per sempre. Gesú, allora, non istà pensando di mandare all’inferno chi si è allontanato dalla Chiesa a càusa di uno scàndalo, ma sta invitando tutti a non iscandalizzare nessuno con le azioni, lo stile di vita e i desiderî, perché pròprio su chi fa questo incombe l’Inferno. Chiede allora con provocatòria sicurezza un tàglio netto con ciò che è all’orígine dello scàndalo (mano, piede od òcchio), perché nulla vale quanto il Paradiso; nulla è piú da fuggire rispetto alla Geenna, ovverosia rispetto all’Inferno.
Lo scàndalo mette scompíglio nella fede e vitúpera la morale: la mano, il piede e l’òcchio non sono la càusa dello scàndalo, ma sono il símbolo di ciò mettiamo in campo di noi stessi per contraddire il Vangelo. Il tàglio netto con il peccato, non sarà mai una menomazione del corpo, né il Signore ci vuole storpî, monchi o guercî. Usa però queste espressioni (La mano e il piede da tagliare; e l’òcchio da cavare) per farci capire che non si scherza con la vita, la fede e la morale; non si gioca con i valori del Vangelo e non si abusa delle risorse materiali e spirituali di cui siamo dotati. Come Cristo non ci ha amati per ischerzo, cosí anche noi non dobbiamo amare per ischerzo Dio e il pròssimo. Anche perché scherzare in questi campi, signífica candidarsi all’Inferno e, Dio non vòglia!, víncerlo per la nostra bravura nello scandalizzare. Ma l’Inferno, come dice Gesú, è il luogo «dove il… verme non muore e il fuoco non si estíngue» (Mc 9, v.48). Il verme che non muore è il rimorso di non avere ascoltato Dio; il fuoco che non si estíngue è l’esatto contràrio di quell’amore che è mancato tutta la vita. George Cottier, parlando dell’Antitestimonianza e dello scàndalo che si dànno ai píccoli, dice che «i cristiani dèvono alzare la voce e impegnarsi in favore dei “píccoli” senza difesa e prèndere delle iniziative per corrèggere i costumi il cui degrado offende la dignità dell’èssere umano creato a immàgine di Dio». Mi pare, cari fratelli e sorelle, che ci sia un gran da fare per noi e una necessità di alzare la voce su tanti stili di vita, modi, leggi, e iniziative psèudo-culturali che dànno grande scàndalo ai píccoli.
Imitiamo san Michele arcàngelo nella sua lotta contro Sàtana: ha usato la pròpria intelligenza angèlica e la spada delle verità eterne per riportare órdine ed armonia rispetto allo scàndalo di un Lucífero che si ribella definitivamente, invece, a Colui che dovrebbe amare.
XXVI Doménica del T.O. anno B,
29 Settembre 2024. Nm 11, 25-29; Salmo 18; Gc 5, 1-6; Mc 9, 38-43.45.47-48
*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana