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“Restare umani. Sette sfide per non rimanere schiacciati dalla tecnologia” è l’ultimo libro dello psicoterapeuta Marco Scicchitano e del sociologo Giuliano Guzzo che, attraverso l’utilizzo di un linguaggio giornalistico chiaro e avvincente aiutano i lettori a riflettere sul fatto che i progressi costanti della scienza e della tecnica hanno si spostato sempre più in là i confini del possibile ma, a fronte dell’avanzare della tecnica e dei mutamenti sociali connessi, occorre restare umani, conservare la differenza tra maschile e femminile, vivere la sessualità come unione complementare dei sessi (e non come mercificazione del corpo), contrastare l’aborto e la selezione genetica, il consumismo e ogni cultura della morte.

Guzzo e Scicchitano cercano di individuare quei momenti del nascere, del vivere e del morire che, oggi, rischiano di trascinare l’essere umano verso ciò che umano non è.

In 144 pagine gli autori riescono a denunciare le minacce disumanizzanti dei nostri giorni sia sotto un profilo psicologico, sia sotto quello sociologico invitando a non sottovalutare le insidie delle trasformazioni biotecnologiche e di costume delle quali, quotidianamente, siamo testimoni.

Nell’introduzione è citata l’enciclica Caritas in Veritate papa Benedetto XVI, e viene ricordato che il progresso scientifico e tecnologico non possono spiegare qualsiasi cosa e rispondere pienamente a tutti i suoi bisogni esistenziali e spirituali. La scienza non può sostituire la filosofia e la rivelazione divina.

Attraverso  sette temi – la generazione, la differenza tra maschile e femminile, la sessualità, l’aborto, gli innesti tecnologici nel corpo umano, l’essere cittadini di una civiltà globale, la morte – gli autori offrono utili spunti di riflessione perché anche le cose più spinose sono spiegate con semplicità e basandosi su una buona documentazione.

E’ molto interessante anche l’ultimo capitolo, dedicato alla morte, che oggi è vissuta più come ospedalizzazione forzata che come evento naturale da vivere in casa. Per riscoprire il valore della morte, dicono gli autori, è necessario comprenderla fragilità come valore. “La fragilità è qualcosa che prima o poi interesserà tutti”.

L’alternativa ad una società che apprezza la fragilità è quella di un’umanità che dimentica sé stessa, incupita e abbruttita perchè non ha voluto restare umana.

Intervistato da Il Timone lo psicologo Scicchitano ha ricordato che “non ci sono risposte preconfezionate su ciò che è necessario fare per preservare l’umano pur continuando ad avanzare nel progresso che l’umanità necessariamente intraprende: apertura mentale, senso di responsabilità, sguardo attento a quanto sta accadendo sono oggi atteggiamenti necessari e che vogliamo stimolare nei nostri lettori, e, speriamo, nella società tutta”.

Per Scicchitano “essenziale è l’esperienza dell’amare e dell’essere amati, all’interno di dinamiche evolutive che hanno dei ritmi, di relazioni che hanno bisogno di tempo e qualità, della inesauribile fragilità che connota l’essere al mondo, l’essere creature. La smania di onnipotenza e d’invulnerabilità disumanizza l’uomo”.

 

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