Riflettiamo sul Venerdì Santo con piccoli brani scelti dal libro “In quella casa c’ero anch’io”. L’autore è il compianto don Ferdinando Rancan (scomparso nel gennaio del 2017), sacerdote della diocesi di Verona, primo sacerdote aggregato italiano della Società Sacerdotale della Santa Croce (Opus Dei).
VENERDÌ SANTO
Nell’orto degli Olivi.
Oltrepassato l’alveo secco del torrente, arrivammo in breve all’entrata del Getsemani, l’orto degli Olivi. Gesù rallentò il passo e tutta la comitiva degli Apostoli che lo seguiva poté ricomporsi. Quando li ebbe tutti vicini, Gesù ribadì un avvertimento che aveva espresso durante la Cena: “Ricordate che sta scritto: percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse. Voi tutti sarete messi alla prova per causa mia questa notte, ma dopo la mia risurrezione, vi attenderò in Galilea”. Quindi ordinò ai discepoli di sistemarsi dove potevano per passare la notte mentre egli sarebbe andato più in là a pregare. Ma già appariva tremante con forti brividi che lo scuotevano tutto, dalla testa ai piedi. Allora, come fosse preso da un panico improvviso, chiamò Pietro, Giacomo e Giovanni: “Voi disse , venite con me. Ecco, un’angoscia mortale sta schiacciando la mia anima. Statemi vicino e vegliate con me in preghiera per non soccombere nella prova.”.(…)
Pietro non dimenticherà mai quella supplica accorata che nel dormiveglia era riuscito a cogliere e che gli era penetrata dentro l’anima: “Padre allontana da me questo calice! Tuttavia, non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu… e poi ancora “Abba’, Padre mio, Padre mio, Padre mio”. Quelle grida strazianti nel silenzio di tutto il creato dove solo un bagliore di luna illuminava di una luce sinistra alberi e sterpaglie, mettevano i brividi.
La solitudine di Dio
Gesù mio, chi mai avrebbe potuto vegliare con te in quella notte? Quale creatura avrebbe mai potuto aiutarti nella titanica agonia che ha schiacciato la tua anima fino a farti trasudare rivoli di sangue? E quale essere umano poteva farti compagnia nell’abisso della tua tristezza, o nel mare sconfinato della tua angoscia? Tu invece hai voluto cercare aiuto e sei venuto a noi a mendicare anche solo una parola, uno sguardo, un silenzio… e noi non abbiamo saputo darti altro che sonno, torpore apatia.
Gesù mio, può l’onnipotenza di Dio cercare aiuto nella debolezza dell’uomo? Può la sapienza eterna di Dio chiedere comprensione dove non c’è intelligenza per capire? E può “Colui che è ” invocare sostegno da “Colui che non è?”.
Gesù mio, chi mai poteva pensare che in quel “verme della terra” che strisciava nella polvere, c’era il Figlio diletto del Padre? Chi mai poteva immaginare che in quelle urla che straziavano i cieli notturni c’era la voce del Verbo Eterno che ha creato la terra e tutto l’universo?
No! Gesù mio, no! Non potevi venire da noi perché noi non potevamo venire da te. Eri solo nel deserto quando hai sconfitto il nemico infernale, e dovevi restare solo questa notte nel Getsemani quando il maligno è tornato a insidiarti.Noi non lo sapevamo, né abbiamo potuto vederlo, ma esso era lì accovacciato davanti a te: ti chiedeva di non dare la tua vita per esseri spregevoli e indegni come noi, di non accettare la croce che avrebbe significato la tua sconfitta di fronte al mondo, o semmai di riscattarci con la spada; avevi legioni di Angeli pronti per farti trionfare suoi tuoi nemici e mostrare al mondo la tua forza. E tu invece hai voluto mettere in guardia anche noi, perché Satana sarebbe venuto a vagliarci come il grano.
Ma per noi non c’era bisogno della tentazione. A tentarci bastavano la nostra miseria e la nostra debolezza. Del resto sapeva bene il maligno che, percosso il pastore, anche le pecore sarebbero andate disperse. Satana è venuto per te, con te esso aveva un conto ancora aperto ed era tutto da saldare. Esso è venuto ad afferrare in una morsa la tua umanità usando le armi più subdole della sua astuzia e della sua rabbia per impedirti di compiere la volontà del Padre. Egli fin da principio è stato il “rifiuto” perché il suo nome è ribellione. E noi gli avevamo creduto. Perciò solo tu potevi dire “Ecco, io vengo o Padre, a fare la tua volontà. (…)
Tu eri in quel momento tutta l’umanità dolente e straziata, tutta l’umanità triste e malvagia: l’umanità peccatrice. In quel momento tutti i Caino che hanno ucciso, tutti i Giuda che hanno tradito, tutti gli spergiuri che hanno bestemmiato, tutti gli Erode che hanno sterminato gli innocenti erano lì e pesavano su di te. Su di te si sono ammassati gli abitanti di Sodoma e Gomorra, gli abitanti di Ninive e Babilonia, gli inquilini delle galere di tutti i tempi. Tu eri l’erede di tutti i faraoni che hanno oppresso i popoli, di tutti gli Epuloni che hanno disprezzato i poveri, di tutti gli schiavisti che hanno venduto come merce da pochi soldi milioni di fratelli. Tutto ciò che è violenza, tradimento, spergiuro, infedeltà, vendetta, ingiustizia e menzogna era lì, scritto sulle tue mani, sulla tua fronte, suoi tuoi occhi, su tutto il tuo corpo, nel tuo cuore.
Tutte le madri che hanno soffocato nel grembo le proprie creature, tutte le prostitute che hanno mercificato il proprio corpo, tutti gli adulti che hanno tradito e infangato l’amore, tutte le Erodiadi che hanno sedotto e chiesto la testa dei Profeti di Dio: un carico immenso di vergogna pesava sulle tue spalle. Su di te l’orrore dei lager, dei forni crematori, dei gulag, delle foibe, dei campi di sterminio, delle pulizie etniche. I Giacobini di tutti i tempi, tutti i Napoleoni che hanno insanguinato del loro orgoglio le contrade della terra, tutti i potenti del mondo che hanno riempito gli arsenali di bombe atomiche, che hanno soffocato i poveri, e tutta la brutale crudeltà di quanti hanno inventato i capestri, i roghi, la ghigliottina e i più brutali strumenti di tortura. Tutti costoro con tutti i malvagi della terra erano lì con te in quella notte, portavano scritto il tuo nome.
Gesù come hai potuto caricarti di tante iniquità? Come hai potuto mentire al mondo intero, ingannare, tradire, opprimere con leggi perverse i popoli della terra? Perfino i corruttori di bambini, i profittatori di innocenti, gli oppressori dei deboli! Tutti col tuo nome!Tu eri in quella notte davanti al Padre tutto il male del mondo, tutte le iniquità della terra. Gesù mio chi poteva reggere a questa marea di fango e di putridume? Chi poteva trasformare questa infinita e tragica ribellione dell’uomo in una docile obbedienza all’amore del Padre?
Ed ecco che tu sei sceso nel più profondo degli abissi e ti sei fatto maledizione per ottenerci misericordia.E così con la tua morte, hai sconfitto il maligno. L’umiltà e l’obbedienza sono incompatibili con la superbia e la ribellione. Tu infatti pur essendo Dio ti sei annientato prendendo la natura di servo e divenendo simile a noi peccatori. (…)
La Passione.
La crocifissione dei due ladroni fu più semplice e fu eseguita per prima. Vennero poi a Gesù. Lo spogliarono della tunica che misero da parte assieme alla veste e al mantello. Era la tunica inconsutile che Maria aveva terminato di tessere poco prima che Gesù lasciasse la sua casa. Quando quel Corpo si presentò ai nostri occhi nudo, fummo presi dal terrore. Solo un odio satanico può ridurre un essere umano in quelle condizioni! Non c’era un lembo di carne che fosse integro: le spalle e la schiena maciullate, le braccia e le cosce sembravano mangiate dalla lebbra, il suo bel viso sfigurato da sangue, lividi, tumefazioni, sputi era irriconoscibile se non per quegli occhi grandi, mansueti e luminosi che davano ancora un aspetto maestoso, da “Rabbi” a tutta la sua persona.
Il quadro era terrificante e costringeva a una pietà infinita. Maddalena e Salome si voltarono verso le mura e furono prese da una forma di deliquio; Myriam fece ricorso a un vasetto di sali per rincuorarle. Maria, inondata di lacrime, era comunque la più coraggiosa. Teneva le mani incrociate e tremanti sotto il mento e senza mai staccare il suo sguardo da Gesù, continuava a sussurrare con un filo di voce: “Gesù, Figlio mio, Figlio mio, Gesù…”
Prima che Gesù venisse disteso sul patibolo, Giuseppe di Arimatea si tolse l’ampio copricapo di lino bianco e facendo un cenno ai soldati, si avvicinò a Gesù e glielo cinse ai fianchi. I soldati lo guardarono e lo lasciarono fare. Allora gli sgherri presero la corona di spine e tornarono a conficcargliela sul capo con spasimi indescrivibili. Poi lo presero per i polsi e lo distesero sul patibolo. Cominciarono stridenti colpi di martello ai polsi e ai piedi che sembrava spaccassero i nostri timpani, sopraffatti solo in parte dagli schiamazzi e dai sarcasmi della plebaglia che si era distribuita intorno a debita distanza.
Maria in lacrime, sotto la croce di Gesù, circondata dalle donne affrante e da Giovanni, nel tentativo di rincuorare tutti, si fece coraggio, si asciugo le lacrime e disse emettendo un lungo respiro: “Non abbiate paura, non dobbiamo aver paura. Gesù ci è stato tolto per un poco, poi lo riavremo perché Gesù è nostro e non può togliercelo nessuno. Lo riavremo presto il nostro Gesù. Vorrei essere io al suo posto, vorrei che li dessero a me quei colpi. Non è la paura che mi fa soffrire, ma l’amore. Il dolore fa paura, l’amore fa morire. Muoio perché lui muore… ma non dobbiamo temere, è per poco, solo per un poco”.(…)
A un certo punto Gesù alzò la testa, aprì gli occhi e con uno sforzo doloroso si sollevò facendo leva sulle braccia. Guardò lungamente sua Madre, poi con voce colma di affetto disse “Donna, ecco tuo figlio” e fissò Giovanni che era lì accanto a lei. Poi, senza staccare lo sguardo da Giovanni, continuò “Ecco tua Madre”.(…)
E così, Madre mia, Gesù ti ha proclamata Madre nostra. In quel discepolo amato ci siamo tutti noi. Da oggi ogni creatura umana può invocarti come Madre. Il figlio di Dio appeso in croce ci ha ottenuto di diventare anche noi figli di Dio, e figli tuoi. Gesù crocifisso inaugura la tua maternità universale che abbraccia tutti gli uomini fino alla fine dei tempi.