Licia Gualandris (1907-2004) e Settimio Manelli (1886-1978) sono due sposi cristiani, terziari francescani, che hanno incarnato un modello entusiasmante di virtù coniugale con i 21 figli che hanno dato alla vita e una lunga vita vissuta insieme durante il travagliato XX secolo. Ne possiamo riscoprire la meravigliosa vicenda d’amore e di Fede leggendo il nuovo libro di Giuseppe Brienza, Filosofia della vita dei Servi di Dio Licia e Settimio Manelli [con una “Presentazione” di P. Serafino Tognetti, Superiore Generale della Comunità dei Figli di Dio, Giuliano Ladolfi editore, Borgomanero (Novara) 2017, pp. 70, € 10], che tratteggia ad esempio senza toni agiografici una personalità davvero singolare come quella di Settimio Manelli che, da studioso, poeta e scrittore non credente, grazie alla sua onestà e anima così sensibile al “Bello”, finisce per convertirsi e offrire così tanto frutto nella sua vita familiare, professionale e, persino letteraria. Lo testimonia il passaggio dalle sue prime produzioni letterarie, dal tono estetizzante e superomistico come “La canzone del Kaiser”, “Ex Kaiser” e “Spartaco”, a quelle scritte dopo la conversione come Alla ricerca delle sorgenti, considerata da molti un vero capolavoro di spiritualità.
Settimio nacque a Teramo (Abruzzo) il 25 aprile 1886 e morì nel 1978, proprio nel giorno della festa della Beata Vergine del Buon Consiglio, della quale fu molto devoto durante la sua lunga vita. Appassionato dell’arte e della cultura in ogni campo del sapere umanistico, si laureò in Lettere e Filosofia presso l’Università di Catania e divenne Professore e Preside nelle Scuole medie. Scorrendo le pagine di questa agile ma suggestiva biografia, se ne scorge il ricco mondo interiore e insieme le ansie e le speranze dell’uomo di ogni tempo. Settimio Manelli trascorse infatti i primi quarant’anni della sua vita immerso nelle attrattive del mondo, ma senza essere esente da quelle inquietudini, malesseri e difficoltà, che la Provvidenza paterna di Dio instilla in ogni anima da Lui distante. Nel 1924 incontrò san Pio da Pietrelcina, il Santo cappuccino stigmatizzato, per opera del quale si convertì e divenne suo fedelissimo figlio spirituale. Da quel momento, come ha riconosciuto Mons. Slawomir Order, già postulatore della causa di San Giovanni Paolo II, il prof. Manelli «iniziò una nuova vita tutta protesa verso la santità liberandosi con sollecitudine da tutto ciò che impediva o rallentava la sua ascesa a Dio e rinunciando alle attrattive mondane» [Slawomir Order, Discorso nella conclusione dell’Inchiesta diocesana per la Beatificazione e Canonizzazione dei Servi di Dio Settimio Manelli e Licia Gualandris, in www.cuoreimmacolato.com, 27 giugno 2014].
Dopo la conversione, Settimio indirizzò i suoi interessi culturali allo studio dei grandi mistici: san Tommaso d’Aquini, san Bonaventura, sant’Agostino, santa Teresa d’Avila e san Giovanni della Croce. Tuttavia il primo posto nella sua vita l’hanno avuto sempre Gesù e il suo Vangelo, che conosceva a memoria e citava spesso. «Egli non solo credeva in Cristo – aggiunge Mons. Oder -, ma ne era strenuo difensore: combatteva a viso aperto i nemici di Gesù e della Chiesa senza mai scendere a compromessi, neppure quando ciò avrebbe potuto garantire a lui e alla sua famiglia un livello di vita più elevato».
Il 15 luglio 1926 Settimio sposò Licia Gualandris, con la quale condivise la fede generosa e l’esempio luminoso di vita cristiana. Padre Pio lo definì, a questo proposito, «un cristiano tutto d’un pezzo che attua il Vangelo alla perfezione», come ricorda Brienza e, per questa sua lealtà e fedeltà a Cristo, lo stigmatizzato del Gargano gli mostrò sempre paterna benevolenza.
Licia, molto più giovane del marito (e anche questo gli creò non pochi problemi al momento del matrimonio), nacque il 13 luglio 1907 a Nembro (Bergamo), si formò spiritualmente sotto la guida del pio sacerdote lombardo don Giulio Bilabini, manifestando fin da ragazzina un particolare amore per la Passione e Morte di Gesù e per i Sacramenti dell’Eucaristia e della Confessione. Aveva una predilezione per il Santuario mariano posto sulla collina di Nembro, dedicato alla “Madonna dello Zuccarello”, per la quale ebbe sempre un forte attaccamento. Chi l’assistette, ancora ne ricorda la flebile ma bella voce intonarne l’inno poco prima di morire. Dopo aver frequentato le scuole tecniche facendosi notare per la sua serietà e il profitto nello studio, Licia si sposò come detto, giovanissima (19 anni appena compiuti) con Settimio Manelli, con il quale intraprese un cammino spirituale sotto la benedizione, la guida e l’assistenza continua di San Pio da Pietrelcina. Allora iniziò la sua grande missione di madre di una famiglia numerosa, con maternità che iniziarono e si susseguirono senza interruzione.
Pur fedele alle esigenze di una famiglia così impegnativa, Licia Gualandris non trascurò mai la sua preghiera personale e, soprattutto, quella familiare, amando meditare, pregare e leggere libri spirituali (specie le vite dei Santi) con il marito ed i figli più grandicelli, recitando negli ultimi anni della sua vita quotidianamente la preghiera liturgica delle Lodi e dei Vespri. In particolare però, alla scuola di Padre Pio, Licia ha sempre recitato con diligenza il Santo Rosario e, difatti, come testimoniano i figli (dieci dei quali ancora viventi) si poteva vederla sempre, di giorno e di notte, con la Corona in mano.
Ha scritto di lei Mons. Oder: «la sua fedeltà, la sua devozione, la sua passione per la Santa Messa e la Comunione erano evidentissime. Tra coloro che l’hanno conosciuta molti hanno testimoniato di aver ricevuto edificazione dal suo atteggiamento di riverenza e raccoglimento nel partecipare alla Santa Messa, durante la quale appariva totalmente compresa dal Mistero che si celebrava. Dava molta importanza anche alla vita di preghiera della sua famiglia: ai suoi figli, fin da quando erano bambini, insegnava a pregare, a fare piccoli “fioretti”, soprattutto durante la Quaresima, le novene e i mesi mariani. In particolare, ci teneva a far loro ascoltare, durante le domeniche e le feste, la Santa Messa, preparandoli con cura alla Confessione settimanale» [S. Order, Discorso cit.].
In Filosofia della vita dei Servi di Dio Licia e Settimio Manelli, dopo aver dedicato una buona parte del libro alle principali vicende dei coniugi Manelli, se ne sottolinea una fecondità spirituale unica, considerando anche la nuova fondazione religiosa promossa da uno dei loro figli, il Francescano dell’Immacolata P. Stefano Maria Manelli, scaturita dal filiale amore alla Madonna. Teologo e fondatore dei frati e delle suore Francescane dell’Immacolata, p. Stefano è da quasi quattro anni al centro di una vicenda complessa e, per molti aspetti dolorosa, di “commissariamento” della congregazione da lui fondata, alla quale è dedicata l’Appendice (pp. 49-62) dell’opera di Giuseppe Brienza.
Sara Deodati