Nel 70° anniversario della morte di Dietrich Bonhoeffer, guidati dal teologo Giuseppe Pellegrino, docente di Teologia Morale Fondamentale e Morale della Vita Fisica presso la Facoltà Teologica di Torino e gli Istituti di scienze religiose di Fossano (Cuneo), un gruppo di italiani è stato impegnato, fino allo scorso 15 agosto, in un «pellegrinaggio» Sulla via di Bonhoeffer, il celebre teologo luterano tedesco, protagonista della resistenza al nazismo, ucciso nel campo di concentramento nazista di Flossenbürg.
Il filo conduttore del percorso è stato tratto dalla poesia Stazioni sulla via della libertà, contenuta nella raccolta di Bonhoeffer Resistenza e Resa, che propone un programma di vita basato su disciplina, azione, sofferenza, morte. Questi temi hanno accompagnato i partecipanti al tour che prevede le tappe di Tubinga (dove Bonhoeffer ha iniziato gli studi teologici), Berlino (città dove ha svolto la sua attività accademica, ha vissuto il fidanzamento con Maria von Wedemeyer, c’è stato il fallimento della congiura contro il Terzo Reich e la sua prigionia nel carcere militare), Stettino, in Polonia (dove Bonhoeffer si impegnò con i pastori della Chiesa protestante nella resistenza al regime nazista e fondò il Seminario clandestino della Chiesa Confessante, espressione di una minoranza interna alla Chiesa evangelica tedesca), Flossenbürg (il campo di concentramento nazista dove Bonhoeffer fu ucciso) e Norimberga (luogo di propaganda del partito nazista, delle grandi adunate hitleriane e delle sfilate nazional-socialiste).
In merito a Bonhoeffer c’è da ricordare che la sua teologia – almeno quella concentrata negli scritti dal carcere – non è una teologia astratta, non è una “chiacchierata” su Dio: è un discorso solo abbozzato ma autentico, che scaturisce da una esperienza vissuta e interrogata. Il suo discorso su Dio è situato in un contesto per il quale spazio e tempo non sono indifferenti, ma diventano luogo teologico.
Dopo il 1933, il presente della dittatura totalitaria, il luogo della Germania nazista, non possono essere indifferenti per la produzione del teologo. Sulla scia della riflessione inaugurata da Barth egli svolge una dura critica al cristianesimo, interpretato e vissuto in senso “religioso”; interpretando il cristianesimo in tal modo – secondo Bonhoeffer – si finisce per fraintenderlo, si finisce per rendere Dio null’altro che l’oggetto di una rappresentazione, o il tema di mere porzioni del nostro vivere, oppure, peggio, un “tappabuchi” che interviene a risolvere i nostri problemi e a colmare le nostre falle.
“Essere cristiano – afferma Bonhoeffer in una lettera del 18 luglio 1944 – “non significa essere religioso in un determinato modo, fare qualcosa di se stessi (un peccatore, un penitente o un santo) (…) ma significa essere uomini; Cristo non crea in noi un tipo d’uomo, ma un uomo. Non è l’atto religioso a fare il cristiano, ma il prender parte alla sofferenza di Dio nella vita del mondo”. La religione – ecco l’idea centrale che emerge dalle sue lettere – non può essere una scappatoia che porta sulla scena un deus ex machina quando l’uomo non ce la fa più, quando è debole.
Il 29 maggio 1944 ribadisce “dobbiamo trovare Dio in ciò che conosciamo; Dio vuole essere colto da noi non nelle questioni irrisolte, ma in quelle risolte (…) deve essere riconosciuto al centro della nostra vita, e non solamente nel morire; nella salute e nella forza, la ragione di tutto questo sta nella Rivelazione di Dio in Gesù Cristo. Egli è il centro della vita, e non è affatto venuto apposta per rispondere a questioni irrisolte”.
La Chiesa, così, non sta lì dove vengono meno le capacità umane, ai limiti, ma sta al centro del villaggio. L’invito di Bonhoeffer è vivere nel mondo etsi deus non daretur, da intendere nel giusto modo. Il teologo non intende relegare Dio nell’insignificanza. Contro il Dio irrilevante è utile che può scaturire da una visione in senso religioso (riduzione di Dio ad una stampella, completamento degli sforzi frustrati dell’uomo), Bonhoeffer propone l’immagine di un Dio Rilevante e “inutile”, il Dio di Gesù Cristo che dimora al centro del villaggio. Al cuore della nostra vita c’è un Dio che chiama l’uomo ad essere un cristiano adulto e ad assumersi tutta la propria responsabilità nelle vicende più disparate della sua vita.
Nella lettera del 16 luglio 1944 chiarisce: “Dio stesso ci obbliga a questo riconoscimento. Così il nostro diventare adulti ci conduce a riconoscere in modo più veritiero la nostra condizione davanti a Dio (…) davanti a Dio e con Dio noi viviamo senza Dio. Dio si lascia cacciare fuori dal mondo sulla croce, Dio è impotente e debole nel mondo nel senso e appunto solo così egli ci sta al fianco e ci aiuta. E assolutamente evidente, in Mt 8,17, che Cristo non aiuta in forza della sua onnipotenza, ma in forza della sua debolezza, della sua sofferenza”.
Secondo il teologo è nella croce di Cristo che viene rivelato il vero volto di Dio, un Dio che non ci ha salvati con l’ostentazione di una potenza mondana, ma con l’umiliazione e la morte scandalosa del crocifisso. Per questo bisogna evitare la fuga in avanti della fantasia religiosa… Dovremmo cercare Dio nei dono che egli ci dà, insegna Bonhoeffer, ciò che conta è tenere il passo di Dio senza volerlo precedere, nè d’altra parte stargli indietro di qualche passo.
Quello di Bonhoeffer è un richiamo alla responsabilità dell’uomo ma è anche un messaggio di speranza: “io credo che in ogni situazione critica Dio vuole darci tanta capacità di resistenza quanta ci è necessaria. Ma non ce la dà in anticipo, affinchè non facciamo affidamento su noi stessi, ma su di lui soltanto. In questa fede dovrebbe esser vinta ogni paura del futuro. Io credo che neppure I nostri errori e I nostri sbagli sono inutili, e che a Dio non è più difficile venirne a capo, di quanto non lo sia con le nostre supposte buone azioni. Sono certo che Dio non è un fato atemporale,anzi credo che egli attende preghiere sincere e azioni responsabili, e che ad esse risponde” (lettera in occasione del Natale 1942).
Questo è il senso dell’invito a vivere una vita permeata di resistenza donata e di resa nella consapevolezza di essere sempre nelle mani di un Padre che ama.
Maria Rocca