Riflettiamo sul canto del Gloria e sugli abusi che spesso lo circondano. Allora, il Gloria viene definito “Hymus Angelicus”, perché le prime parole menzionano le parole degli angeli alla nascita di Gesù. Non è un canto responsoriale. Tutti quelle versioni che usano le parole iniziali come fossero un ritornello, fanno un errore, compreso il Gloria di Lourdes che, visto le mie premesse, solo un miracolo può salvare. Disclaimer: nel passato ho composto anche io Gloria responsoriali; come mi giustifico? Non mi giustifico, è stato un errore. Quando l’ho capito, non l’ho più fatto. L’OGMR dice: “Il Gloria è un inno antichissimo e venerabile con il quale la Chiesa, radunata nello Spirito Santo, glorifica e supplica Dio Padre e l’Agnello. Il testo di questo inno non può essere sostituito con un altro. Viene iniziato dal sacerdote o, secondo l’opportunità, dal cantore o dalla schola, ma viene cantato o da tutti simultaneamente o dal popolo alternativamente con la schola, oppure dalla stessa schola. Se non lo si canta, viene recitato da tutti, o insieme o da due cori che si alternano. Lo si canta o si recita nelle domeniche fuori del tempo di Avvento e Quaresima; e inoltre nelle solennità e feste, e in celebrazioni di particolare solennità”.
Vengono offerte varie modalità di esecuzione, compresa quella alternata. Un alternarsi che non deve essere per forza a versetti pari e dispari, ma anche con una attenzione più forte alla divisione tenendo conto del significato del testo.
Spesso si sente dire che è difficile far cantare il Gloria all’assemblea. Non lo sarebbe se nelle parrocchie ci fosse un maestro competente ed un programma liturgico musicale sostenuto e supportato dal parroco e dagli altri componenti dello staff parrocchiale. Purtroppo, come mi dicono molti anche attraverso i social, non è questo quello che accade.
Il Gloria recitato fa tristezza…ma come sappiamo, vista la situazione, questo sembra il male minore delle nostre liturgie….
Aurelio Porfiri