Dopo l’omelia della Messa, di solito, si osserva un attimo di silenzio. Ricordiamo che l’OGMR infatti dice: “È opportuno, dopo l’omelia, osservare un breve momento di silenzio”. Questo ci da l’opportunità di riflettere sulla differenza che c’è fra il silenzio pieno e il silenzio vuoto. Il silenzio vuoto è il più comune, è il silenzio dello stare zitti ma che non si riempie di nulla, solo di pensieri che vagano. In fondo non possiamo dire che è colpa nostra, in quanto in realtà non siamo abituati al silenzio, a quel senso di pienezza che viene dal sapersi abbandonare alle suggestioni dell’eterno.
Poi, oggi come oggi, siamo anche sfavoriti dal fatto che si fa un cattivo uso dell’amplificazione, pur necessaria entro certi limiti. Molte delle nostre chiese non sono fatte per essere amplificate, quindi la stessa amplificazione è solo un fatto posticcio, qualcosa che è lì dove non dovrebbe essere. Questa amplificazione riempie ancora di più di rumore le celebrazioni, se non usata bene.
Io credo sarebbe saggio che il sacerdote, prima di terminare l’omelia, sappia suscitare suggestioni che poi lascia alla meditazione dei presenti, ma cose che possono riguardare tutti nella loro vita di fede. Senza strafare, ma pure senza troppi sociologismi. Perlomeno sarebbe un silenzio denso di riflessione, per poi sperare nel silenzio integrale, quell’immersione nei significati che è così profonda che ci lascia come in uno iubilus nell’alleluia, senza possibilità di trovare parole che sappiano dire l’indicibile.
Aurelio Porfiri
Dici bene Aurelio. La realtà della mia osservazione purtroppo però mi dice che si contano sulla punta delle dita i sacerdoti che lasciano il tempo di silenzio. I più addirittura concludono l’omelia invitando a professare la nostra fede! Forse per non far pensare troppo a quello che hanno detto… Scherzo, ma non troppo però.