Nel giorno di San Valentino il quotidiano veneto “Il Gazzettino” ha dato la notizia del Progetto di Legge Statale presentato dal consigliere regionale del Veneto Antonio Guadagnini (Lista Siamo Veneto) per rendere le donne e gli uomini che si prostituiscono (o che sono costretti?) dei liberi professionisti a tutti gli effetti, con il diritto di ricevere un giusto compenso e il dovere di emettere una regolare fattura, ma anche con l’obbligo di iscriversi all’albo di categoria: quella della prostituzione
La proposta di legge statale di iniziativa regionale, inserita all’ordine del giorno nella seduta di oggi della commissione Sanità a Palazzo Ferro Fini, punta a disciplinare l’attività svolta dai lavoratori e dalle lavoratrici del meretricio.
“Credo sia giunto il momento di trattare questa pratica senza falsi moralismi, senza il perbenismo che produce solo guerre di principio e nessun risultato pratico”, ha spiega il promotore Antonio Guadagnini (Siamo Veneto) nella relazione di accompagnamento al testo, destinato a Camera e Senato affinché si superi la legge Merlin ad oltre sessant’anni dal suo varo.
Naturalmente il giornale veneto si è lanciato sulla notizia proponendo un sondaggio on line (irrilevante, naturalmente, ma tutto fa brodo…) in cui si chiede “Albo delle prostitute che dovranno anche rilasciare regolare fattura ai clienti, siete d’accordo?”.
Si tratta di una domanda subdola che induce a votare sì. E infatti i consensi superano già il 90%. Chiara la finalità di far passare l’idea che tutti siano d’accordo con la legalizzazione.
In troppi, purtroppo, dimenticano che in Germania, dove la prostituzione è da anni legalizzata, il traffico di donne (tutte straniere, non tedesche!) è aumentato. Intere fabbriche dismesse sono trasformate in bordelli diffusi capillarmente sul territorio (specie vicino alle zone di fiera o uscite di autostrade, ma anche in piccoli Paesi).
I proprietari fanno fortuna perché le ragazze per lavorare noleggiano la stanza e gli uomini pagano un entrata oltre alle consumazioni da bere e mangiare.
Non è vero che la contrattazione donna-uomo è libera perché aumentando la domanda di ragazze i prezzi delle prestazioni sessuali (le più disparate e non protette) sono scesi vertiginosamente. Le donne, quindi, per pagarsi la camera (dove “lavorano”e vivono) devono stare con almeno dieci uomini al giorno. Loro sono di fatto schiave nonostante la legalizzazione.
Quelle che riescono ad uscire dal giro parlano di una vita folle, soprattutto perché gli uomini usano le donne per scaricare su loro ogni genere di violenza.
Non si tratta di soddisfare solo un desiderio sessuale ma di comprare una donna per farne ciò che si vuole.
Questa scellerata proposta che avanza anche in Italia, idea che circola non solo all’interno di “Siamo Veneto” ma nella ben più importante Lega di Matteo Salvini e anche tra i Cinque Stelle di Luigi di Maio, è un’idea anti-cristiana.
La Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, che ogni anno libera dalla schiavitù molte prostitute, ha ben spiegato i motivi cristiani e umani del forte no alla legalizzazione della schiavitù di chi si prostituisce e la necessità del multare i clienti delle prostitute.
Per la comunità riminese fondata da don Benzi l’unico modo per aiutare davvero queste donne è quello di debellare il fenomeno inaccettabile della prostituzione: i clienti sono di fatto primi sfruttatori della donna, e in secondo luogo finanziatori del racket. Debellare la prostituzione è possibile, attraverso il modello nordico che sanziona i clienti.
Il mondo cattolico non può accettare la legalizzazione della prostituzione per vari motivi, almeno sette:
1) Regolamentare la prostituzione aumenta la domanda di vittime di tratta. Infatti il 75-80% delle donne presenti nei bordelli olandesi e tedeschi, paesi in cui la prostituzione è legalizzata, è stata trafficata contro la loro volontà;
2) Rende molto più difficile identificare le vittime di tratta. Già oggi osserviamo come l’atteggiamento degli sfruttatori sia cambiato: se prima il tipo di sfruttamento e di violenza era maggiore, ora è diventato più subdolo. I magnaccia aumentano la quota parte destinata alle prostitute per estinguere il loro debito. Ciononostante il reato di tratta rimane;
3) La legalizzazione non permette la repressione della tratta, punendo gli sfruttatori, in quanto è un ottimo scudo dietro cui i trafficanti si possono mascherare;
4) Non aumenta le entrate statali provenienti dalla tassazione della prostituzione, perché aumenta il mercato nero. In Germania la maggior parte dei bordelli, gestiti dalla criminalità organizzata, si è rifiutata di pagare le tasse. Inoltre le persone che si prostituiscono non vogliono essere associate alla prostituzione, per cui non dichiarano le tasse;
5) Non riduce gli abusi nei confronti delle donne. Infatti, il 60 % delle prostitute che operano nei Paesi Bassi hanno subito violenza fisica, mentre il 40% delle stesse ha dichiarato di aver subito violenza sessuale. Negli Stati Uniti, l’86% delle prostitute ha dichiarato di aver subito violenza fisica dai clienti. Il 59% delle prostitute tedesche ha dichiarato che la regolamentazione non le fa sentire più sicure dalla violenza fisica o sessuale;
6) Non aumenta la sicurezza sanitaria delle donne che si prostituiscono. Nello Stato di Victoria, in Australia, un cliente su cinque dichiara di voler avere rapporti sessuali non protetti. In Canada, il tasso di mortalità delle prostitute è 40 volte superiore alla media nazionale. La prostituzione comporta effetti dannosi per la salute delle persone che la praticano, le quali sono più soggette a traumi sessuali, fisici e psichici, alla dipendenza da stupefacenti e alcool, alla perdita di autostima, così come a un tasso di mortalità superiore rispetto al resto della popolazione.
7) Aumentano i costi sociali dati dall’aumento della diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili nella popolazione. Molte donne, inconsapevoli mogli dei clienti, contraggono il papilloma virus (non solo l’HIV).