Durante il secondo giorno dell’Assemblea Generale dell’USCCB a Baltimora, le divisioni tra i vescovi americane sono emerse chiaramente, specialmente nelle discussioni sulla “preminenza” dell’aborto come preoccupazione sociale.
Gli scambi hanno messo in luce le tensioni covanti tra i vescovi: da una parte c’è chi vuol conservare la centralità dell’aborto tra gli impegni della Chiesa nordamericana, dall’altra ci sono vescovi che, pur di apparire ancora più “vicini” a Papa Francesco, rispetto ai loro colleghi, sembrano declassare l’aborto, mentre in realtà lo stesso Pontefice ha più volte condannato l’aborto e con toni anche gravi.
Durante la conferenza sono comparse delle crepe mentre i vescovi discutevano degli emendamenti a una lettera intesa ad accompagnare una serie di video volti ad aiutare i cattolici a impegnarsi nel processo politico americano.
Quando il cardinale Blase Cupich di Chicago ha chiesto l’inserimento di un lungo paragrafo nel testo che voleva contestualizzare la posizione della Chiesa sulle questioni della vita, l’arcivescovo Jose Gomez di Los Angeles, presidente eletto dell’USCCB, ha accettato di includere una versione abbreviata del paragrafo del cardinale Cupich, incluso il linguaggio, insistendo sul fatto che la difesa “ferma e appassionata” del nascituro dovrebbe essere abbinata al sostegno alle vite, “ugualmente sacre”, dei poveri, degli anziani e degli emarginati.
Il cardinale Cupich ha sostenuto che la sua formulazione proposta era necessaria, anche se lunga, per rappresentare adeguatamente tutte le preoccupazioni del papa. Parlando a sostegno del cardinale Cupich, il vescovo Robert McElroy ha detto all’assemblea di essere specificamente contrario alla conservazione del linguaggio che chiama l’aborto la “priorità preminente perché attacca direttamente la vita stessa”. Il vescovo McElroy ha detto alla conferenza che questo linguaggio sarebbe “discordante con l’insegnamento del Papa, se non incoerente” e questo implicava che la mancata accettazione del testo proposto dal cardinale Cupich equivaleva a una violazione del magistero del Santo Padre. “Non è insegnamento cattolico che l’aborto è la questione principale da affrontare nel mondo dell’insegnamento sociale cattolico”, ha sostenuto McElroy.
Ma l’intervento del vescovo McElroy ha provocato mormorii in sala conferenze, con diversi vescovi visibilmente turbati. L’arcivescovo Charles Chaput di Filadelfia ha risposto al vescovo McElroy, affermando che chiamare l’aborto la “priorità preminente” non era solo corretto ma necessario, sottolineando che nell’attuale contesto politico americano era la preoccupazione più urgente. L’arcivescovo Chaput ha continuato con fermezza a respingere le implicazioni del vescovo McElroy secondo cui riconoscere questa realtà era in qualche modo una violazione dell’insegnamento del Papa o un fallimento nel presentare o valutare il suo magistero.
“Non sono certo contrario a citare la piena dichiarazione del Santo Padre [come proposto dal cardinale Cupich]”, ha detto l’arcivescovo Chaput. “Penso che sia una bellissima affermazione, e ci credo”. “Ma sono contrario a chiunque sostenga che affermare la preminenza dell’aborto sia contrario all’insegnamento del Papa, perché non è vero. Così crea una battaglia artificiale tra la conferenza episcopale degli Stati Uniti e il Santo Padre, il che non è vero. Non mi piace l’argomento usato dal vescovo McElroy, perché non è vero”.
Rompendo l’etichetta episcopale, i vescovi nella sala hanno applaudito fragorosamente l’intervento dell’arcivescovo Chaput. Lo stesso Papa Francesco, infatti, ha ripetutamente parlato dell’aborto nei termini più forti possibili, paragonando gli abortisti ai “sicari” e confrontando la pratica ad un genocidio “con guanti bianchi”.
Il suggerimento del vescovo McElroy, secondo cui i vescovi statunitensi sarebbero “fuori passo”, persino “resistenti all’insegnamento del papa” arriva una settimana dopo la pubblicazione di un libro che accusava i vescovi americani di resistere alla leadership del papa. Il libro di Wounded Shepherd ha suscitato una forte risposta da parte dell’USCCB, che la scorsa settimana ha affermato che “perpetua un mito sfortunato e impreciso secondo cui il Santo Padre trova resistenza tra le guide e il personale della conferenza episcopale degli Stati Uniti”.
In molti, negli ultimi tempi stanno notando come stia emergendo una falsa narrazione secondo la quale i vescovi degli Stati Uniti sarebbero in opposizione a Papa Francesco, mentre in realtà hanno più volte sottolineato la loro vicinanza al Pontefice regnante. Per questo molti hanno anche visto l’intervento del vescovo McElroy come dannoso per la conferenza e persino disonesto. “Vuole che pensiamo che non essere d’accordo con lui – o con il Cardinale Cupich – sia automaticamente essere in disaccordo con il Papa. Non è vero, ma funziona per minare la conferenza dei vescovi statunitensi”, ha detto un altro vescovo sentito dalla CNA immediatamente dopo il voto.
Il voto finale sull’emendamento ha rifiutato di includere il testo più lungo del cardinale Cupich, con applausi di nuovo scoppiati quando è stato annunciato il risultato. “Non ho avuto problemi né con la versione più lunga del cardinale Cupich né con la formulazione preferita dall’arcivescovo Gomez”, ha detto un vescovo a CNA. “Ma dire, come ha fatto il vescovo McElroy, che chiamare l’aborto per quello che è sia contro il Papa è falso. L’intervento del vescovo McElroy ha inutilmente armato il dibattito”.
Durante una conferenza stampa, diversi vescovi hanno cercato di appianare lo scambio tra il vescovo McElroy e l’arcivescovo Chaput. Il cardinale Joseph Tobin di Newark, nel New Jersey, che è stato creato cardinale da Papa Francesco nel 2016, ha dichiarato: “La risposta breve è che, sì, l’aborto è il preminente”.
La sfida sempre più grave che la grande maggioranza dei vescovi statunitensi si trova ad affrontare è come affrontare una piccola minoranza che tenta di posizionarsi tra la loro Conferenza episcopale e il Papa.
La questione dell’aborto dovrebbe essere preminente pure qui da noi, invece si tace per la permanente collusione con la cultura progressista. Inoltre non si porterà giovamento al problema finché non si avrà il coraggio di affrontare anche la piaga del divorzio che per quanto possa apparire svincolato dall’aborto è in realtà per le conseguenze che determina antropologicamente correlato.