di Antonio Brandi*
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L’approvazione di una qualsiasi legge sul suicidio assistito aprirebbe la strada alla morte per migliaia di cittadini sofferenti, oggi privi delle cure palliative di cui avrebbero diritto, e che sarebbero portati a pensare che sono un peso inutile per la società e quindi incentivati a suicidarsi grazie alla legalizzazione della pratica, perchè ogni legge ha un forte valore pedagogico. È allucinante che il dibattito politico torni ostaggio della propaganda eutanasica proprio a pochi giorni dalla Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio (10 settembre), che ci ha consegnato dati allarmanti per l’Italia: 3.870 suicidi nel 2021, ultimo anno di rilevamento, e nel 2023 più di 7.000 richieste di aiuto al Telefono Amico per intenzioni suicidarie. Soprattutto inquietante è l’aumento del suicidio fra i giovani fra i 14 ed i 24 anni che rappresenta per loro la seconda causa di morte. In uno scenario del genere, l’approvazione di una legge sul suicidio assistito come il Ddl Bazoli avrebbe un impatto culturale e psicologico terrificante, misurabile entro pochi anni in migliaia di vittime in più. Lo Stato dovrebbe spendere ogni euro a disposizione per finanziare un sistema sanitario pubblico che aiuti i sofferenti a vivere con dignità anche la malattia, che accompagni i familiari nelle gravi difficoltà quotidiane, salvaguardando la dignità della persona umana fino all’ultimo istante. L’unica strada da percorrere è quindi investire su un sistema integrato, efficiente e capillare di cure palliative, promuovendo la corretta applicazione della Legge 38/2010 sulla palliazione per stare accanto ai malati, migliorare i servizi di Hospice, sostenere l’assistenza ospedaliera e domestica e aiutare le famiglie.
*Presidente di Pro Vita & Famiglia onlus